Diagnosi genetica preimpianto: al via il network NIDO

Diagnosi genetica preimpianto

La nuova associazione mira a diffondere conoscenza e buone pratiche per le analisi genetiche preimpianto, con obiettivi comuni con la stessa Fondazione Mutagens

Ha appena preso vita l’associazione no profit medico-scientifica NIDO, Network italiano diagnosi preimpianto, fondata da un gruppo di professionisti, medici e biologi, esperti in medicina della riproduzione e diagnosi genetica preimpianto (PGT). Il network mira a diffondere non solo le informazioni sulla PGT in Italia, ma anche a far conoscere i Centri italiani PMA (Procreazione medicalmente assistita) che la eseguono e le loro casistiche in modo tale da rendere più veloce e mirata la ricerca della struttura più adatta alle proprie esigenze. Ne parliamo con Daniela Zuccarello, medico genetista presso l’Azienda ospedaliera universitaria di Padova e presidente di NIDO.

Daniela Zuccarello
Daniela Zuccarello

Il network

Attualmente in Italia i dati relativi alla PGT vengono raccolti nel registro italiano PMA presso l’Istituto superiore di sanità. «Questi dati sono raccolti in maniera cumulativa: in pratica ogni centro segnala quante PGT ha fatto, ma non sappiamo quali sono le percentuali di successo del singolo centro – fa notare Zuccarello -. Questo è uno dei motivi per cui abbiamo deciso di fondare NIDO. Questa associazione del terzo settore mira a diventare un osservatorio permanente della PGT in Italia e quindi a raccogliere i dati dai singoli centri, in collaborazione con il registro PMA dell’Istituto superiore di sanità. I dati dei Centri PMA che vorranno aderire a tale iniziativa verranno quindi certificati (abbiamo creato un disciplinare con Certiquality) e, una volta fatto ciò, pubblicati sul nostro sito web (attualmente in costruzione) gratuitamente, indicando anche gli indici di successo della PMA dopo la diagnosi preimpianto. In questo modo metteremo i pazienti nelle condizioni di poter cercare il “proprio” centro, più vicino a casa, più adatto per la mutazione chiamata in causa, ma anche con le performance migliori».

La diagnosi genetica preimpianto

«La PGT è una forma di diagnosi prenatale invasiva, al pari della villocentesi e dell’amniocentesi, ma, rispetto a queste procedure, è più precoce perché permette di individuare l’alterazione genetica dell’embrione prima di trasferirlo nell’utero, prima di cominciare la gravidanza, evitando così di ricorrere all’aborto volontario nel caso si riscontrasse la mutazione nel feto» spiega Daniela Zuccarello.

Le applicazioni sono pressoché illimitate, l’importante è conoscere la base molecolare della malattia. «Se conosco la mutazione, posso fare la PGT; ci sono pochissime limitazioni a questa regola generale e non riguardano l’ambito oncologico» puntualizza l’esperta.

Sindromi ereditarie associate ad alto rischio di tumori

Per le sindromi che predispongono ai tumori si applica la tecnica PGT-M (Test genetici preimpianto per malattie monogeniche). «L’indicazione a fare un ciclo di PGT-M non è data da modifiche della Legge 40 piuttosto che da un elenco di patologie, ma dal medico genetista che fa la consulenza genetica preimpianto – chiarisce subito Zuccarello -. Il genetista valuta il caso e scrive nella sua relazione se c’è l’indicazione alla PGT-M. In particolare, nel caso di sindromi ereditarie di predisposizione al cancro, il genetista valuta l’albero genealogico e quindi la storia familiare specifica di quel paziente e di quella mutazione germinale. Fatto ciò stabilisce il rischio complessivo di cancro per la prole e in base a questa stima dà o meno l’indicazione alla PGT-M».

Il percorso

Una volta avuta l’indicazione del medico genetista, la paziente si può rivolgere a un centro che effettui la PGT-M, che può essere pubblico o privato, e sottoporsi a questa indagine. «Una volta raccolti gli embrioni, li si analizza e si identificano quelli che non hanno la mutazione e li si trasferisce, uno per volta, in utero. Tutti gli altri, secondo la legge, restano congelati perché è facoltà della coppia, qualora in futuro lo desiderasse, trasferire anche quelli che hanno la mutazione. È sempre la coppia che, dopo essere stata informata sullo stato di salute dell’embrione, decide che cosa fare» riferisce l’esperta.

PGT-M e LEA

«Alcune regioni virtuose si sono già attivate da alcuni anni e hanno inserito nei LEA (Livelli essenziali di assistenza) regionali la diagnosi preimpianto per le sindromi di predisposizione al cancro – segnala Zuccarello -. La situazione è tuttavia molto variegata: la Toscana e l’Emilia Romagna hanno creato un LEA regionale, la Provincia autonoma di Trento ha fatto un LEA provinciale. Il Veneto, accanto al LEA regionale, ha fatto una delibera per cui tutte le pazienti venete possono sottoporsi in qualsiasi regione italiana a questa procedura, sia nel pubblico sia nel privato, e poi ricevere il rimborso dal Sistema sanitario regionale veneto».

Gli obiettivi comuni di NIDO e Fondazione Mutagens

«Vista la situazione a “macchia di leopardo”, come NIDO ci proponiamo anche di promuovere a livello legislativo l’inserimento della PGT nei LEA nazionali e/o regionali per un equo accesso a questa tecnica su tutto il territorio nazionale» conclude Zuccarello. E proprio su questo fronte, il neonato network ha avviato un dialogo con la Fondazione Mutagens che, con il proprio Team di lavoro sulla genitorialità delle coppie con sindromi ereditarie di predisposizione ai tumori, mira a promuovere e realizzare delle Linee guida nazionali sui temi dell’oncofertilità, della PMA e della PGT-M. Anche Mutagens, come NIDO, punta a ottenere quanto prima un “protocollo unico di riferimento” e a rendere accessibili in modo omogeneo tali percorsi in tutte le regioni e nelle principali strutture ospedaliere, specie del servizio pubblico, per ridurre ed eliminare in prospettiva le attuali enormi disparità.

Antonella Sparvoli

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