Un modello genetico per ridurre l’uso eccessivo della mammografia nelle donne a basso rischio

Secondo uno studio recente le informazioni genetiche aiutano a stimare le probabilità di ammalarsi ed essere utilizzate per guidare l’inizio e la cadenza dello screening mammografico, che può essere meno stringente in chi ha un minor rischio genetico

Così come occorre identificare le donne ad alto rischio ereditario di cancro al seno, potrebbe rivelarsi utile anche intercettare quelle a basso rischio genetico. Stratificare il rischio, sia che questo risulti aumentato sia che si riveli ridotto, può infatti contribuire a personalizzare le strategie di screening mammario, intensificando e anticipando i controlli in chi ha maggiori probabilità di ammalarsi o, al contrario, dilazionandoli in chi ha meno possibilità di sviluppare la neoplasia. Lo suggerisce uno studio americano retrospettivo pubblicato di recente sulla rivista JAMA Oncology.

Il modello genetico e la valutazione del rischio

Nel nuovo studio, i ricercatori statunitensi hanno valutato l’impiego di un modello genetico (Punteggio di rischio poligenico o PRS) per stimare il rischio di cancro al seno in più di 25 mila donne e identificare quelle a basso, medio ed alto rischio. Dopodiché gli studiosi hanno determinato l’incidenza e l’età di insorgenza del tumore mammario in questi gruppi.

Nel complesso la coorte di studio è risultata composta da 22.843 donne a rischio genetico medio, 2.338 donne a basso rischio e 410 donne ritenute ad alto rischio.

I ricercatori hanno scoperto che allo 0,69% delle donne era stato diagnosticato un cancro al seno entro i 45 anni nel gruppo a rischio genetico medio ed entro i 51 anni nel gruppo a basso rischio. Inoltre l’1,41% del gruppo a rischio medio aveva avuto un cancro al seno entro i 50 anni, mentre la stessa percentuale di diagnosi non si è verificata fino all’età di 58 anni nel gruppo a basso rischio

L’importanza della stratificazione del rischio genetico

«Le attuali linee guida per lo screening non tengono adeguatamente conto della variabilità interindividuale nel rischio di cancro al seno e quando mirano a tenerne conto si concentrano specificamente sull’identificazione dei soggetti a rischio più elevato. I risultati di questi studio suggeriscono che varianti rare e comuni possono anche essere combinate per identificare le donne a minor rischio di cancro al seno» fanno notare Joseph J. Grzymski della Reno School of Medicine dell’Università del Nevada e gli altri autori dello studio.

L’uso dei punteggi di rischio poligenico può quindi aiutare a identificare le donne a basso rischio genetico di cancro al seno, le quali hanno mostrato di avere un’incidenza significativamente più bassa di questa neoplasia in età più giovane rispetto a quelle a rischio genetico medio. Gli studiosi fanno comunque notare che le donne classificate come a basso rischio nello studio potrebbero essere a rischio elevato qualora avessero una storia familiare di cancro al seno. Per colmare questo limite i ricercatori stanno valutando modelli emergenti che potrebbero rafforzare la previsione del rischio poligenico.

Le implicazioni

Estrapolando i risultati dello studio ai dati attuali dell’Ufficio del censimento degli Stati Uniti (United States Census Bureau), gli autori stimano che il punteggio del rischio poligenico potrebbe identificare circa 1,3 milioni di donne di età compresa tra 40 e 47 anni come a basso rischio genetico per il cancro al seno. Ciò, a sua volta, potrebbe ridurre il numero di mammografie non necessarie, circa 650 mila ogni anno negli USA seguendo le nuove linee guida USPSTF (United States Preventive Services Taskforce).

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