Tumori: via libera alla prima immunoterapia sottocute

L’AIFA ha approvato la rimborsabilità per la nuova formulazione del farmaco immunoterapico antitumorale atezolizumab che riduce dell’80% i tempi di somministrazione rispetto all’infusione in vena

L’anticorpo monoclonale atezolizumab potrà essere somministrato anche per via sottocutanea. La nuova formulazione del farmaco immunoterapico, sviluppato da Roche, ha infatti ottenuto la rimborsabilità di AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, dopo essere stato approvato a gennaio dall’EMA (Agenzia europea per i medicinali).

La nuova formulazione sottocutanea riduce dell’80% i tempi rispetto all’infusione endovenosa: dai 30-60 minuti necessari per l’infusione endovenosa si passa ai 4-8 (media di circa 7) dell’iniezione sottocute.

Gli studi e i benefici

L’approvazione della nuova formulazione si basa sui dati degli studi globali IMscin001 e IMscin002. Il primo ha confermato il profilo di sicurezza ed efficacia di atezolizumab sottocute in linea con la formulazione endovenosa. Il 90% degli operatori sanitari coinvolti nello studio ha ritenuto la formulazione sottocute facile da somministrare e il 75% ha rilevato un potenziale risparmio di tempo nell’organizzazione sanitaria rispetto alla formulazione endovenosa. Lo studio IMscin0022 ha invece evidenziato che la maggior parte dei pazienti oncologici preferisce l’iniezione sottocutanea all’infusione endovenosa.

«Gli studi clinici hanno dimostrato che i pazienti preferiscono la modalità sottocute (71% secondo lo studio IMscin002), trovandola più confortevole e meno invasiva – osserva Federico Cappuzzo, direttore di Oncologia Medica 2, Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma –. D’altro canto, anche le strutture sanitarie possono trarre enormi benefici da questa opzione. Grazie al tempo di somministrazione, che è molto più breve rispetto all’infusione endovenosa, è possibile trattare un numero maggiore di pazienti. Questo non solo migliora l’efficienza organizzativa, ma risulta essere un aspetto molto apprezzato dai pazienti stessi, che traggono vantaggio da un trattamento più rapido e meno impegnativo».    

I tumori trattabili

Il farmaco atezolizumab, concepito per legarsi a una proteina chiamata Programmed Death Ligand-1 (PD-L1), viene utilizzato nell’immunoterapia di prima linea del carcinoma polmonare a piccole cellule in fase avanzata insieme alla chemioterapia, nell’immunoterapia singola di prima linea per il carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) e iper-espressione di PD-L1, nella terapia di seconda linea per pazienti NSCLC dopo precedente chemioterapia a base di platino e nella terapia adiuvante dopo chirurgia nei pazienti NSCLC, sempre con iper-espressione del PDL1. 

Tra i tumori trattabili rientrano anche il carcinoma epatocellulare avanzato o non resecabile in pazienti non sottoposti a precedente terapia sistemica e il cancro mammario triplo negativo non   resecabile localmente avanzato o metastatico, in pazienti che presentano un’espressione di PD-L1 superiore o uguale all’1% e che non sono stati trattati con precedente chemioterapia per malattia metastatica.

Ricedute positive su qualità di vita e relazione di cura

Dal punto di vista dei pazienti, l’impatto positivo dell’immunoterapia sottocute sulla qualità di vita è certamente l’aspetto con maggiore valore, come fa notare Francesco De Lorenzo, presidente FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia). «I malati di cancro si aspettano, al più presto, dalla ricerca farmacologica più farmaci innovativi, una riduzione degli effetti collaterali ed anche una semplificazione delle modalità della somministrazione. La recente approvazione di atezolizumab rappresenta un passo avanti in questa direzione”.

A beneficiare di questa innovazione tecnologica è però anche la relazione di cura. Richiedendo pochi minuti, la somministrazione sottocute permette all’infermiere di concentrarsi interamente sul paziente, favorendo ascolto, dialogo e un rapporto più umano. «L’organizzazione all’interno dei Day Hospital diventa inoltre più snella ed efficiente e questo cambiamento genera ulteriori benefici anche per caregiver e familiari, riducendo il peso degli aspetti tecnici e regalando tempo prezioso da dedicare alla vita e agli affetti» sottolinea Gianluca Falcone, Infermiere SSD Oncologia Medica, AOU Policlinico “L. Vanvitelli” di Napoli.

© 2022 Fondazione Mutagens ETS. Tutti i diritti riservati.

Leggi altre notizie