Vaccino per il tumore del colon-retto: parte sperimentazione in Italia

L’Azienda ospedaliera “San Giuseppe Moscati” di Avellino sarà uno dei quattro centri italiani autorizzati alla valutazione di una terapia vaccinale per pazienti con cancro all’intestino metastatico con instabilità dei microsatelliti

Si chiama Nous-209 il vaccino terapeutico in fase di studio per il tumore del colon-retto, protagonista di una sperimentazione internazionale in cui sono stati coinvolti anche quattro centri italiani, quali l’Azienda ospedaliero universitaria Le Scotte di Siena (centro coordinatore per l’Italia), l’Istituto nazionale dei tumori di Milano, l’Istituto di Candiolo IRCCS e l’Azienda ospedaliera San Giuseppe Moscati di Avellino. E proprio ad Avellino è stata reclutata la prima paziente idonea per aderire allo studio, una 66enne segnalata dal Policlinico Gemelli di Roma all’oncologo Giuseppe Santabarbara, investigatore principale e coordinatore del Gruppo Oncologico Multidisciplinare aziendale dei tumori al colon-retto. La paziente è affetta da cancro del colon-retto metastatico con elevata instabilità dei microsatelliti, già trattata con farmaci immunoterapici e andata in progressione perché diventata resistente a tale terapia.

Giuseppe Santabarbara

Immunoterapia e instabilità dei microsatelliti

L’instabilità dei microsatelliti è presente in circa il 5% dei tumori del colon-retto ed è anche la principale alterazione genetica riscontrata nei tumori del colorettali ereditari associati alla sindrome di Lynch.

I microsatelliti sono brevi sequenze ripetute del DNA presenti normalmente nel genoma umano. A seguito di specifiche mutazioni, i microsatelliti possono variare nel numero di ripetizioni rendendo in tal modo il DNA instabile. La formazione di instabilità dei microsatelliti è considerata un fattore predittivo per la risposta all’immunoterapia. Tuttavia in alcuni casi i pazienti possono sviluppare resistenza a tale trattamento e quelli con carcinoma del colon in fase avanzata ad oggi hanno scarse possibilità terapeutiche quando fallisce l’immunoterapia. «Proprio per questi soggetti, il vaccino Nous-209 rappresenta un’arma per combattere ulteriormente la neoplasia – fa notare Santabarbara -. Il vaccino infatti agisce attivando la risposta immunitaria contro gli antigeni che, codificati dal vaccino, vengono riconosciuti ed eliminati, potenziando l’efficacia dei farmaci immunoterapici e contrastando fenomeni come la resistenza al trattamento e la formazione di metastasi». 

La sperimentazione

Dopo lo studio di fase I che ha dimostrato la sicurezza del vaccino Nous-209 e la sua capacità di generare una risposta immunitaria, è stata avviata la fase II che prevede quattro coorti (A, B, C, D), delle quali due (la C e la D) aperte in Europa.

«La coorte C prevede il ricorso al vaccino in prima linea, cioè in pazienti con neoplasia del colon con elevata instabilità dei microsatelliti metastatica alla diagnosi – spiega Santabarbara -. In pratica i partecipanti (circa 36 in Europa) saranno sottoposti al trattamento con un immunoterapico (pembrolizumab) a cui sarà associato il vaccino, con una dose iniziale e poi tre richiami, con lo scopo di coadiuvare la risposta immunitaria e così rendere il sistema immunitario più in grado di riconoscere le cellule del tumore del colon. La D è invece una coorte più esplorativa perché prevede l’arruolamento di pazienti, 18 in tutto il mondo, con le stesse caratteristiche (tumore al colon metastatico con instabilità dei microsatelliti), ma già trattati con l’immunoterapia e andati in progressione. In questo caso, vogliamo valutare se indirizzando le difese dell’organismo contro gli antigeni portati dal vaccino, il sistema immunitario ritorna ad essere in grado di riconoscere le cellule tumorali del colon e ad attaccarle. Vorremmo quindi capire se l’aggiunta del vaccino possa contrastare la resistenza all’immunoterapia. Tra questi 18 pazienti della coorte D, c’è la paziente 66enne segnalata dal Policlinico Gemelli di Roma».

Il vaccino

Il vaccino Nous-209 è un vaccino che sfrutta un vettore adenovirale (quindi di un virus del raffreddore) geneticamente modificato. Il vaccino è chiamato così per il numero di neoantigeni (molecole riconosciute come estranee dal sistema immunitario del singolo individuo e tipiche del tumore) che contiene e per il nome dell’azienda Nouscom che lo ha sviluppato (che ha sede in Svizzera). In pratica il vaccino contiene 209 frammenti di neoantigeni specifici del cancro espressi solo nei tessuti precancerosi o maligni di individui con instabilità dei microsatelliti.

«Il protocollo delle coorti C e D della sperimentazione prevede la somministrazione di una prima dose del vaccino insieme all’immunoterapia e poi due richiami, il primo dopo due settimane e il secondo alla terza settimana. La paziente 66enne della coorte D sarà rivalutata ogni tre mesi e al sesto mese, nel caso abbia ottenuto una risposta, potrà essere rivaccinata. Siamo fiduciosi e ci auguriamo che questo approccio possa aprire la strada a strategie terapeutiche sempre più personalizzate ed efficaci» conclude Santabarbara.

Antonella Sparvoli

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