Preservazione della fertilità: consulenza poco diffusa nei giovani con tumore

Secondo uno studio americano solo un individuo su due con un cancro a esordio precoce ha discusso il tema della salute riproduttiva con un professionista sanitario prima delle terapie oncologiche

L’esperienza del cancro a esordio precoce, ossia in individui di età compresa tra 18 e 49 anni (evenzienza comune negli individui con sindromi ereditarie di predisposizione al cancro), è unica perché richide di tenere in considerazione più domini della vita, inclusa la salute riproduttiva. Spesso questo argomento non veine tenuto nella giusta considerazione, come segnala uno studio statunitense, pubblicato di recente sulla rivista JAMA Network Open. La ricerca evidenzia infatti una preoccupante lacuna nelle discussioni sulla preservazione della fertilità, rivelando che circa la metà dei pazienti non ha ricevuto informazioni sulle opzioni di preservazione della fertilità prima di iniziare il trattamento.

L’indagine sui pazienti

La ricerca, parte dello studio REACT (Reproductive Health After Cancer Diagnosis & Treatment), ha esaminato 473 pazienti, con un’età compresa tra i 18 e 49 anni, a cui è stato diagnosticato un tumore tra il 2013 e il 2021. A tutti i pazienti è stato chiesto di rispondere “sì” o “no” alla seguente domanda: “Un professionista sanitario coinvolto nella tua cura del cancro ha parlato con te delle opzioni per preservare la tua fertilità (ad esempio, conservazione dello sperma o congelamento di ovuli, embrioni o tessuto ovarico) prima che tu iniziassi il trattamento del cancro?”.  Ebbene, nonostante il riconoscimento diffuso della necessità per i professionisti sanitari di discutere le opzioni di fertilità, lo studio ha rilevato che solo il 50,7% dei partecipanti ha riferito di aver avuto tali discussioni prima di iniziare il trattamento oncologico. In particolare, i pazienti con tumori della tiroide, del polmone, delle ovaie e del colon-retto hanno avuto i tassi più bassi di discussioni sulla preservazione della fertilità, con solo il 3,6% dei pazienti con tumore alla tiroide e il 21% di quelli con tumore al polmone o al colon-retto che hanno segnalato queste conversazioni. Inoltre si è visto che le discussioni sulla preservazione della fertilità erano più probabili nei pazienti con una storia di gravidanza o in quelli sposati.

I limiti

La strategia di analisi usata dai ricercatori americani non si concentra su ciò che è documentato nella cartella clinica elettronica o sulle pratiche auto-riportate dai professionisti sanitari in merito alle discussioni sulla preservazione della fertilità, ma su ciò che i pazienti hanno sperimentato, sentito e discusso durante gli incontri con il team di cura. Ma lo studio delle percezioni o delle esperienze dei pazienti comporta dei limiti intrinseci, come fanno notare gli stessi autori dello studio. «È possibile che i pazienti non abbiano ricordato questa discussione, il che potrebbe essere attribuibile alla mancanza di interesse nell’avere figli, allo stress dovuto alla diagnosi precoce del cancro o all’incapacità di perseguire la preservazione della fertilità – scrivono gli autori -. Pertanto, se la preservazione della fertilità è stata discussa dal professionista sanitario, ma il paziente non ha compreso o ricordato queste informazioni, i nostri risultati potrebbero sottostimare la vera prevalenza delle discussioni ricordate dai pazienti nell’ambiente clinico».

L’importanza del confronto nel momento giusto

La preservazione della fertilità è una preoccupazione critica per i giovani pazienti oncologici, poiché trattamenti come chemioterapia e radioterapia possono avere un impatto sulla salute riproduttiva. I nuovi dati sottolineano la necessità di incentivare le discussioni sulla fertilità tra pazienti e professionisti sanitari, ma anche la necessità di farlo nel momento giusto. La grande pressione a cui è sottoposto il paziente durante la prima visita oncologica e le altre visite cliniche dopo una nuova diagnosi di cancro in fase precoce può portare a mettere in secondo piano il tema della fertilità, motivo per cui, secondo gli studiosi americani, bisogna sì parlare di preservazione della fertilità, ma stabilire anche il momento giusto per questa conversazione. La comunicazione su tali temi deve comunque essere tempestiva e chiara, spiegando con attenzione ai pazienti le diverse opzioni, considerando le sfide emotive e fisiche che devono affrontare vista la diagnosi di cancro in giovane età.

© 2022 Fondazione Mutagens ETS. Tutti i diritti riservati.

Leggi altre notizie