Varianti genetiche germinali associate ai tumori al seno di intervallo

Secondo uno studio pubblicato su JAMA Oncology i carcinomi rilevati tramite screening e quelli tra un controllo e l’altro (intervallo) possiedono profili genetici distinti con importanti implicazioni per l’identificazione di individui ad alto rischio di sviluppare forme aggressive

Negli ultimi decenni c’è stato un miglioramento della sopravvivenza delle donne che sviluppano il cancro al seno, complice anche l’istituzione di programmi di screening mammario. Tuttavia circa il 30% delle neoplasie mammarie non viene diagnosticata in occasione dello screening, bensì nell’intervallo tra un controllo e il successivo, motivo per cui si parla di tumori di intervallo. Queste forme di cancro sono spesso più aggressive, pertanto identificare i soggetti più a rischio di svilupparle potrebbe avere ricadute importanti in termini di prevenzione, diagnosi e anche terapia. Ed è proprio quello che hanno cercato di fare alcuni ricercatori tedeschi e svedesi, autori di uno studio pubblicato sulla rivista JAMA Oncology. Gli studiosi hanno scoperto che una storia familiare di tumore al seno insieme alla presenza di varianti germinali in cinque geni di predisposizione, soprattutto BRCA1/2 e PALB2, che hanno ricadute gravi sulle proteine (come conseguenza della variante la proteina prodotta risulta troncata) sono entrambi fattori che aumentano in modo significativo la possibilità di ricevere una diagnosi di tumore di intervallo. Dallo studio è inoltre emerso che tali associazioni erano più pronunciate in un sottogruppo di pazienti che avevano una bassa densità mammografica al precedente esame di screening.

Tumori mammari di intervallo

I tumori al seno di intervallo vengono in genere diagnosticati in stadi avanzati e le pazienti hanno più probabilità di presentare metastasi a livello dei linfonodi locali rispetto alle donne nelle quali il cancro viene rilevato in occasione dello screening mammario. Inoltre i tumori di intervallo hanno anche maggiori probabilità di essere negativi per i recettori degli estrogeni (ER) e del progetsreone (PR) e triplo negativi rispetto ai tumori diagnosticati con lo screening.

Inoltre si è visto che avere una storia familiare di tumore al seno in parenti di primo grado aumenta il rischio di sviluppare tumori di intervallo al seno e che i pazienti con tumori di intervallo hanno anche, rispetto a quelle con diagnosi durante lo screening, maggiori probabilità di sviluppare neoplasie in altri organi, a indicare un’origine genetica condivisa.

Geni di suscettibilità al cancro e neoplasie di intervallo

Nel nuovo studio di associazione genetica sono state prese in esame 4121 pazienti con tumore al seno, diagnosticato tra il 2001 e il 2016, e 5631 controlli sani, tutte seguite fino al 2021 per valutare la sopravvivenza.

I dati raccolti mostrano che le varianti patogenetiche che troncano le proteine ​​nei cinque geni principali di suscettibilità al cancro al seno (ATM, BRCA1, BRCA2, CHEK2 e PALB2), in particolare le varianti di BRCA1/2 e PALB2, erano associate in modo significativo all’insorgenza del cancro di intervallo. Inoltre lo studio ha evidenziato che le donne con una diagnosi di tumore di intervallo che portavano varianti germinali in uno qualsiasi dei cinque geni di predisposizione hanno avuto tassi di sopravvivenza inferiori rispetto a quelle con cancro di intervallo senza tali varianti.

Tutte queste associazioni erano ancora più pronunciate in un sottogruppo di pazienti con tumori di intervallo che avevano una bassa densità mammografica al precedente esame di screening.

Le possibili implicazioni

«Il nostro lavoro chiarisce potenzialmente il quadro di quale tipo di tumore mammario potrebbe sfuggire al rilevamento nei programmi di screening mammografico di popolazione. Queste intuizioni saranno probabilmente utili in futuro per l’ottimizzazione dei programmi di screening volti a ridurre la mortalità nonché nel trattamento clinico delle pazienti con tumore al seno» scrivono gli autori dello studio nelle conclusioni.

Gli studiosi fanno anche notare come i nuovi dati possano essere rilevanti per la consulenza genetica delle famiglie ad alto rischio eredo-familiare. Inoltre sottolineano come il test delle varianti nelle donne sane che partecipano allo screening potrebbe aiutare a identificare quelle ad alto rischio di sviluppare i tumori di intervallo e come la diminuzione dei costi dei test potrebbe fornire un elevato valore sanitario qualora venissero testate tutte le pazienti con una nuova diagnosi di tumore di intervallo per identificare quelle con una prognosi sfavorevole.

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