Tumori ereditari nel bambino e nell’adolescente

Sindrome genetiche rare possono favorire lo sviluppo di diversi tipi di neoplasie nei più piccoli. I campanelli d’allarme e l’importanza dei test genetici e della sorveglianza

Secondo vari studi dal 5 al 15% dei bambini che sviluppano un tumore presentano una sindrome ereditaria di predisposizione al cancro. Grazie alla sempre maggiore diffusione dei test genetici sulla linea germinale anche in età pediatrica, stanno aumentando le conoscenze sul rischio specifico di cancro per età, cosa che offre l’opportunità di migliorare la gestione dei piccoli pazienti con sindromi ereditarie nonché di implementare le strategie di prevenzione e sorveglianza. Lo ribadisce anche un recente studio americano di coorte, che si è concentrato sugli approcci di sorveglianza in 274 bambini e giovani adulti con 35 sindromi ereditarie di predisposizione diverse, pubblicato sulla rivista JAMA Oncology. Approfondiamo l’argomento con Franca Fagioli, professoressa ordinaria di pediatria e direttrice del Dipartimento Patologia e cura del bambino all’Ospedale Regina Margherita della Città della Salute di Torino, oltre che direttore della Rete oncologica di Piemonte e Valle d’Aosta.

Lo studio

I ricercatori statunitensi si sono posti l’obiettivo di verificare quanto la sorveglianza sia efficace nel rilevare nuovi tumori nei bambini e nei giovani adulti con sindromi di predisposizione al cancro. A questo scopo sono stati esaminati i risultati relativi al monitoraggio di quasi 300 bambini e giovani adulti (da 0 a 23 anni) con diagnosi di sindromi di predisposizione al cancro. I dati raccolti hanno evidenziato che la sorveglianza standardizzata consente una rilevazione precoce di tumori asintomatici e trattabili in un ampio spettro di sindromi ereditarie.

«L’integrazione crescente dei test genetici germinali nella cura dei bambini con cancro porta al riconoscimento di più bambini con sindromi di predisposizione al cancro. La sorveglianza proattiva può aiutare a rilevare tumori in stadi trattabili, migliorando così gli esiti per questi pazienti. Nonostante i dati positivi, è però necessario migliorare ulteriormente le strategie di sorveglianza per ottimizzare i protocolli esistenti» concludono gli autori dello studio.

Qui di seguito vediamo più da vicino, con l’aiuto della dottoressa Fagioli, l’iter che viene (o dovrebbe essere) seguito oggi nei centri di riferimento per i tumori pediatrici.

Franca Fagioli

Tumori ereditari nei bambini

I bambini affetti da malattia tumorale non di rado presentano una mutazione genetica germinale che li predispone a quella e magari anche ad altre neoplasie. In particolare, dati pubblicati segnalano che circa il 10% dei bambini con un tumore solido e il 4% di quelli con neoplasie ematologiche (leucemie e linfomi) hanno una variante patogenica sottostante. «Le percentuali possono essere ancora più alte per alcuni sottotipi di tumore, per esempio ci sono degli studi che dimostrano che ben il 25% dei tumori cerebrali pediatrici ha alla base mutazioni germinali – fa notare Franca Fagioli -. Questi dati dirompenti che stanno venendo alla luce hanno modificato le modalità con cui affrontiamo i tumori pediatrici. Fino a una decina di anni fa, quando arrivava alla nostra attenzione un bambino con tumore, la prima domanda che facevano i genitori riguardava le possibilità di guarigione, ma poi il pensiero andava ad altri figli a casa o che la coppia avrebbe voluto in futuro. Noi dicevamo di non preoccuparsi perché la malattia tumorale non era ereditaria. Oggi nei colloqui con i genitori siamo molto più cauti perché sempre più spesso nei nostri reparti arrivano bambini con sindromi di predisposizione e magari i fratelli di bambini che abbiamo già curato. Questo ci ha messo in grande preallarme, è così nata tutta una serie di studi sulle malattie tumorali che ci portano a eseguire test genetici per verificare la presenza di mutazioni germinali nei nostri pazienti per capire se vi siano delle sindromi ereditarie di predisposizione al cancro sottostanti».

Quando sospettare una predisposizione genetica

Ci sono alcuni elementi che possono far sospettare che il tumore sviluppato da un bambino o un adolescente sia associato a una sindrome genetica di predisposizione. «Sicuramente bisogna approfondire quando il tumore è molto raro e anomalo per quella fascia di età, per esempio un carcinoma del colon in un bambino di 12 o un melanoma in uno di 10. Queste neoplasie, che di norma sono a carico dell’adulto, devono far accendere una prima “lampadina” – osserva Fagioli -. Poi ci sono dei tumori che di per sé fanno nascere il sospetto, per esempio sarcomi o alcune forme di carcinoma adrenocorticale (possibile sindrome di Li Fraumeni). In questi casi cerchiamo subito di capire se vi è una familiarità e, a seconda del tumore, valutiamo se il bambino presenta o meno particolari caratteristiche, come tratti estetici (fenotipici) tipici di particolari malattie genetiche».

Test genetici sulla linea germinale

«In presenza di caratteristiche che fanno sospettare che il tumore del bambino possa essere associato a una sindrome di predisposizione siamo autorizzati a fare il test genetico germinale sul sangue del paziente – continua Fagioli -. Se potessi lo proporrei a tutti i malati oncologici in età pediatrica, però per ora si procede per gradi e quindi cerchiamo di non fare esami di massa. L’unico caso in cui facciamo sempre i test germinali è quello dei bambini con tumori cerebrali perché uno su quattro è legato a varianti germinali».

Scoprire che un tumore pediatrico ha un’origine eredo-familiare può avere importanti ricadute su diversi fronti, da quello terapeutico alla prevenzione e alla diagnosi precoce.

«Molte volte il paziente con tumore ereditario va curato con modalità diverse. Ci sono alcune sindromi, alcuni alterazioni genetiche che, ad esempio, non sopportano un trattamento intensivo chemioterapico oppure non si può fare la radioterapia. Per esempio, è noto che i bambini con la sindrome di Down sono più a rischio di sviluppare la leucemia mieloide acuta e la leucemia linfoblastica acuta. Per questi bambini abbiamo dei protocolli tumore-dedicati che sono meno intensivi rispetto ai loro coetanei senza sindrome di Down».

Sorveglianza e test a cascata

Sapere che un tumore insorto nel bambino è associato a una sindrome ereditaria consente di avviare uno specifico programma di sorveglianza.

«Quando il bambino termina la terapia per il tumore diagnosticato, attiviamo programmi specifici di sorveglianza per controllare che non vi sia una recidiva del primo tumore, ma se la sindrome ereditaria di cui è affetto il soggetto predispone anche allo sviluppo di altri tipi neoplasie, attiviamo ulteriori strategie di sorveglianza sugli organi a rischio» puntualizza Fagioli.

Trattandosi di bambini, la sorveglianza viene personalizzata anche sulla fasica di età. Per esempio se c’è il rischio di sviluppare una neoplasia addominale, si può ricorrere all’ecografia in prima istanza e alla risonanza magnetica se opportuno (considerando che nel bambino richiede comunque una sedazione), mentre la TAC, esponendo a radiazioni, viene messa in campo solo quando il bambino è più grande.

«Un test genetico positivo ci porta a fare test a cascata sui familiari a rischio, nei quali vengono poi

vengono messe in atto pratiche di counseling genetico con il genetista per ridurre rischio futuro di malattia tumorale» aggiunge l’oncologa.

I progetti

Nel centro dell’Ospedale Regina Margherita della Città della Salute di Torino ormai da diversi anni si presta grande attenzione ai tumori ereditari pediatrici. Inizialmente è stato attivato il progetto Sargena (analisi genetica dei sarcomi) che poi è stato esteso a tutti i centri italiani (Sargenita). «Abbiamo deciso di fare sin dalla diagnosi di sarcoma sia l’analisi genetica del tessuto tumorale con fini terapeutici sia l’analisi della predisposizione germinale. Siamo partiti con questo progetto e poi abbiamo esteso le analisi genetiche anche ad altre neoplasie, per esempio i tumori di Wilms, che sono tipicamente associati alla sindrome di Beckwith-Wiedemann (una malattia genetica caratterizzata da iperaccrescimento, predisposizione ai tumori e malformazioni congenite). Con enorme sorpresa, analizzando poi restrospettivamente i campioni di alcuni pazienti, abbiamo trovato 10 casi di Berckwith di cui non ci eravamo accorti e altri 8 con altre sindromi sottostanti. Alla luce di questi nuovi dati, abbiamo richiamato i pazienti e cambiato le strategie di monitoraggio. Infine ora abbiamo avviato uno studio entusiasmante, chiamato NEOGEN, in cui scriniamo i neonati sani per 500 anomalie genetiche (il test comprende tutti i geni predisponenti a malattie tumorali) su cui è possibile fare un intervento precoce» conclude Fagioli.

Antonella Sparvoli

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