Tumori del colon-retto ereditari: profilazione genetica per chirurgia su misura

Una recente rassegna analizza le sindromi ereditarie del cancro colorettale e l’impatto delle mutazioni nei diversi geni di suscettibilità sulle scelte terapeutiche e chirurgiche

Lo sviluppo di tumori del colon-retto può essere influenzato da fattori genetici, ambientali e legati allo stile di vita. In alcuni pazienti però predomina il rischio genetico, in particolare in coloro che presentano alcune sindromi ereditarie di predisposizione, tra cui spiccano la sindrome di Lynch e la poliposi adenomatosa familiare, legate a varianti patogenetiche germinali specifiche che aumentano in modo considerevole il rischio di sviluppare il cancro colorettale e anche altre neoplasie. In questo ambito, la profilazione genetica gioca un ruolo cruciale per mettere in atto strategie di sorveglianza, diagnosi precoce e prevenzione. Non solo, identificare il tipo di sindrome e di mutazione ha un impatto importante anche nella gestione chirurgica dei pazienti, aiutando a personalizzare le decisioni terapeutiche, come sottolinea una recente rassegna pubblicata sulla rivista Heliyon.

Le sindromi che predispongono ai tumori del colon-retto

Sono diverse le sindromi ereditarie che aumentano il rischio di cancro del colon-retto. Accanto alla sindrome di Lynch, che rappresenta circa l’1,7-4,2% di tutti i casi di cancro colorettale, e alla poliposi adenomatosa familiare (FAP), ci sono altre sindromi più rare, quali la poliposi giovanile e la sindrome di Peuts-Jeghers.

La sindrome di Lynch è definita dalla presenza di una variante patogenetica germinale in uno dei geni di riparazione del DNA definiti geni del mismatch repair (MMR), MLH1, MSH2, MSH6, PMS2, o del gene EpCAM. La FAP è causata da mutazioni nel gene APC, la poliposi giovanili da mutazioni nei geni BMPR1A o SMAD4, mentre la sindrome di Peutz-Jeghers (PJS) è causata da mutazioni nel gene STK11.

L’importanza della consulenza e dei test genetici

La consulenza genetica è il primo passo per individuare una possibile sindrome di predisposizione ai tumori del colon-retto, soprattutto quando si è in presenza di una storia familiare suggestiva. L’analisi della storia medica familiare apre poi la strada all’esecuzione di test genetici mirati o con pannelli multigenici che analizzano diversi geni contemporaneamente.

Le diverse sindromi di predisposizione ai tumori del colon-retto richiedono una sorveglianza continuativa presso centri di riferimento e possono trarre vantaggio da interventi chirurgici per prevenire l’insorgenza di neoplasie maligne e gestire le complicanze associate alla formazione di polipi. Non solo, l’identificazione di mutazioni genetiche specifiche associate alle diverse sindromi di predisposizione ai tumori del colon-retto, influenza anche le strategie chirurgiche da utilizzare in presenza della neoplasia.

Le scelte chirurgiche nella sindrome di Lynch

Nel caso della sindrome di Lynch, segnalano gli autori della rassegna, le mutazioni nei geni MLH1 e MSH2 in pazienti che hanno sviluppato il tumore del colon-retto giustificano interventi chirurgici più estesi (colectomia subtotale) per ridurre il rischio di neoplasie metacrone, ovvero che insorgono successivamente al primo tumore intestinale. Il rischio di sviluppare un cancro colorettale metacrono dopo colectomia parziale è infatti importante e si aggira tra l’11 e il 45% entro 8-13 anni, con un rischio cumulativo del 62% a 30 anni.

Diversamente in presenza di mutazioni nei geni MSH6 e PMS2 appare più indicato un approccio meno aggressivo con colectomia segmentale. Per quanto riguarda la chirurgia intestinale profilattica primaria, questa può essere presa in considerazione soprattutto per le pazienti che hanno avuto un tumore dell’endometrio come prima manifestazione della sindrome di Lynch, a causa dell’elevato rischio successivo di cancro colorettale.

Discussioni chirurgiche per le altre sindromi di predisposizione

La rassegna segnala che la chirurgia colorettale profilattica è fondamentale nella gestione della FAP, dato l’alto rischio di cancro colorettale entro i 40 anni se non trattata. La caratterizzazione della mutazione del gene ATP e dei suoi effetti aiuta a stratificare il rischio e a personalizzare il tipo e la tempistica della chirurgia. I pazienti con varianti attenuate, ossia meno gravi, possono ritardare la colectomia fino a quando i pazienti raggiungono i 30-40 anni.

Nel caso della poliposi giovanile, le mutazioni in SMAD4 e BMPR1A richiedono sorveglianza rigorosa per gestire il rischio di displasia avanzata. La decisione di optare per un intervento chirurgico è subordinata a diversi fattori, tra cui un accumulo eccessivo di polipi, una sostanziale perdita di sangue che porta ad anemia persistente e l’identificazione di polipi giovanili che mostrano caratteristiche indicative di grave displasia o malignità. Inoltre, una pronunciata predisposizione familiare al cancro colorettale amplifica la necessità di contemplare misure chirurgiche.

Nei pazienti con la sindrome di Peutz-Jeghers si consiglia la sorveglianza endoscopica con asportazione precoce dei polipi amartomatosi (polipectomia). L’obiettivo primario della polipectomia è prevenire complicazioni come anemia, sanguinamento e rischio di trasformazione tumorale.

Le sfide future

Sebbene l’integrazione della profilazione genetica nel processo decisionale chirurgico abbia permesso di personalizzare il trattamento, restano ancora diversi aspetti da capire, come sottolineano gli autori della rassegna. Innanzitutto ci sono ancora delle difficoltà nell’interpretazione delle varianti genetiche: la correlazione tra le mutazioni genetiche rilevate e come si presenta la sindrome è complessa e non sempre chiara. Inoltre i dati relativi alla sopravvivenza e alla qualità di vita dopo interventi chirurgici estesi sono limitati.

Gli studiosi sottolineano la necessità di bilanciare con attenzione rischi e benefici delle scelte chirurgiche nelle sindromi di predisposizione ai tumori del colon-retto, tenendo conto delle caratteristiche genetiche e cliniche del singolo paziente per ottimizzare gli esiti a lungo termine.

«Tali strategie personalizzate sono essenziali per migliorare la sopravvivenza a lungo termine e la qualità della vita dei pazienti. Nonostante questi progressi, sono necessarie ulteriori ricerche per perfezionare queste linee guida chirurgiche e garantire che rimangano allineate con le ultime scoperte genetiche e pratiche cliniche» concludono gli autori della rassegna.

Antonella Sparvoli

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