Tumore del colon: una proteina per predire la risposta all’immunoterapia

Scoperto un biomarcatore che potrebbe aiutare a identificare in quali pazienti con cancro colorettale può essere efficace il trattamento immunoterapico

L’immunoterpia oggi è impiegata in quel 10-15% dei casi di tumore del colon-retto che presentano un difetto nel meccanismo di riparazione del DNA, noto come deficit del mismatch repair (MMR), dei quali circa un terzo è associato alla sindrome di Lynch (in cui un’alterazione di uno dei geni del MMR è trasmessa in modo ereditario). Un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Cancer Cell, potrebbe però aprire la strada a un uso più esteso dell’immunoterapia grazie a un particolare marcatore, la proteina CD74. Quest’ultima sembrerebbe in grado di identificare in anticipo e con maggiore precisione per quali pazienti è efficace il trattamento con farmaci immunoterapici.

Lo studio

Meno del 50% dei pazienti con carcinoma colorettale metastatico con deficit di mismatch repair (dMMR) risponde all’immunoterapia con gli inibitori del checkpoint immunitario. Con l’obiettivo di identificare i soggetti con maggiori possibilità di rispondere a tale terapia e allo stesso tempo espanderne le indicazioni, gli autori del nuovo studio, guidati da Francesca Ciccarelli del Cancer Systems Biology Laboratory al Francis Crick Institute di Londra, e, dallo scorso dicembre, professoressa ordinaria di Biologia molecolare all’Università Statale di Milano, si sono concentrati sul microambiente tumorale, noto per giocare un ruolo di primo piano nella risposta del sistema immunitario al tumore.

L’importanza del microambiente tumorale

Gli studiosi hanno esaminato campioni di pazienti con defict del mismatch repair e senza questo difetto e hanno scoperto che è necessaria la presenza di tre tipi di cellule immunitarie, i linfociti T, i linfociti NK e i macrofagi, in prossimità delle cellule tumorali. In questa situazione i linfociti T producono particolari molecole (interferoni) che rendono il microambiente tumorale responsivo all’immunoterapia e quindi in grado di attaccare il tumore.

Sebbene questa evenienza fosse più comune nei pazienti con deficit del mismatch repair, anche circa il 15% dei soggenti senza tale defict presentava il microambiente responsivo.

Per facilitare l’identificazione dei soggetti responsivi, gli studiosi, attraverso tecniche di trascrittomica spaziale, hanno individuato un marcatore, la proteina CD74. In pratica si è visto che l’interferone rilasciato dai linfociti T innesca una risposta sia nelle cellule tumorali che nei macrofagi, aumentando i livelli di CD74.

Il passo successivo ha previsto lo studio di campioni provenienti da trial internazionali. Da questa analisi è emerso che i pazienti che rispondevano all’immunoterapia avevano livelli significativamente più alti di CD74 rispetto agli altri, indipendentemente dal sottogruppo a cui appartenevano.

Le ricadute

In nuovi dati aprono la strada a un uso più mirato, ma anche più ampio, dell’immunoterapia nei tumori del colon-retto con e senza deficit del mismatch repair. Alcuni dei dati raccolti fanno pensare che la risposta all’immunoterapia sia una caratteristica intrinseca di alcuni tumori in quanto la proteina CD74 era presente anche nei tumori in stadio precoce e non solo in quelli metastatici. Ed è proprio su questo fronte che attualmente stanno lavorando gli autori dello studio. Se ciò venisse confermato, le implicazioni riguarderebbero un maggior numero di pazienti con malattia sia avanzata sia in stadio precoce.

«I nostri risultati preliminari supportano l’ulteriore sviluppo di CD74 come marcatore di risposta efficace e indipendente dal sottotipo nel cancro del colon-retto. Se ciò fosse confermato, si amplierebbe sostanzialmente la popolazione di pazienti che possono avere benefici dall’immunoterapia» concludono gli autori dello studio.

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