Tumore del colon-retto: un Position Paper e un corto raccontano i bisogni dei pazienti

Avviata da Takeda Italia con il patrocinio di associazioni pazienti e società scientifiche una campagna di sensibilizzazione sull’esperienza delle persone con malattia metastatica

“Più – Più cura. Più tempo. Più vita”: è questo lo slogan della nuova campagna di sensibilizzazione sull’esperienza delle persone con tumore del colon-retto metastatico, promossa da Takeda Italia con il patrocinio di numerose associazioni pazienti, AMICI Italia, FAVO, ROPI, Fondazione ANT, Associazione italiana stomatizzati e altre ancora, e società scientifiche, tra cui la Società italiana di psiconcologia e l’Associazione Italiana Infermieri di Area Oncologica.

Un Position Paper, che riunisce le istanze specifiche per migliorare concretamente l’esperienza di cura, e un cortometraggio in tre episodi sul vissuto di tre pazienti, sono le colonne portanti dell’iniziativa che mira a promuovere un approccio integrato al tumore del colon-retto.

L’importanza della continuità delle cure

Il carcinoma del colon-retto metastatico è una malattia complessa che richiede un approccio integrato e il modello assistenziale del coninuum of care, ovvero “continuità delle cure”, può consentire una gestione ottimale che permetta di rallentare la crescita del tumore e prevenire o ritardare la formazione di nuove metastasi, mantenendo al contempo la qualità di vita, come sottolinea Gianluca Masi, direttore dell’Unità operativa di oncologia medica 2 dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana. «Si tratta di un approccio che contribuisce in maniera significativa al calo costante della mortalità registrato anno dopo anno. Quando la malattia è avanzata e ha già diffuso metastasi è più difficilmente guaribile e più complesso gestirla; questi pazienti beneficiano del continuum of care, che consiste in strategie che prevedono l’uso sequenziale di tutti i farmaci attivi, cercando di personalizzare al massimo le sequenze terapeutiche sulla base di elementi clinici e/o biologici. In questo percorso possono associarsi anche trattamenti non farmacologici ed è necessario sostenere i pazienti anche attraverso un supporto psicologico. L’obiettivo è cronicizzare la malattia mantenendo una buona qualità di vita e avendo sempre come riferimento la cura della persona/paziente».

Il Position Paper e il cortometraggio

Il nuovo Position Paper, protagonista della campagna, è un documento che focalizza l’attenzione su tre assi tematici: la maggiore continuità assistenziale, caratterizzata da multidisciplinarietà e personalizzazione degli interventi con attenzione alla prevenzione, diagnosi precoce, supporto psico-oncologico e attenzione alla vita quotidiana e alla sfera sessuale; la sensibilizzazione e l’attenzione al benessere e alla qualità di vita preservando la dignità della persona; nonché la partecipazione continuata e strutturata delle associazioni pazienti che, in collaborazione con medici e Istituzioni, possono sviluppare strategie e soluzioni che rispondano pienamente alle reali necessità dei pazienti e dei caregiver.

Il cortometraggio, invece, è nato con l’intezione di puntare i riflettori sull’esperienza di tre pazienti. Il documentario si chiama “Un’esperienza in più”, per la regia di Alessandro Guida, e i protagonisti dei suoi tre episodi sono Guido (Una maratona per due), Gianna (Ninna nanna della nonna) e Ivo (L’ora di pausa), i quali trovano una sintesi comune nella riscoperta del valore del tempo e nell’importanza di un approccio che consideri tutti gli aspetti determinanti per la qualità di vita dei pazienti. I video dei tre episodi sono visibili sulla landing page della campagna (www.unesperienzainpiu.it), dove sono approfonditi anche i diversi aspetti legati ai temi chiave della campagna

Attenzione a prevenzione e screening

La campagna di sensibilizzazione si sofferma anche sull’importanza della diagnosi precoce, che può fare davvero la differenza per il paziente, sottolineando l’importanza della prevenzione e l’adesione allo screening, oggi offerto gratuitamente dal Sistema sanitario nazionale nella fascia di età tra i 50 e i 69 anni attraverso un semplice esame, il sangue occulto nelle feci, da eseguire ogni due anni e da associare alla colonscopia in caso di positività.

«Lo screening è in grado di individuare la presenza della neoplasia in persone asintomatiche, con l’identificazione di lesioni precancerose e adenomi, i cosiddetti polipi, formazioni benigne potenzialmente in grado di trasformarsi in cancro –  spiega Tiziana Pia Latiano, oncologa, Consigliere Nazionale AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) -. È fondamentale aderire allo screening, che come dimostrato in numerosi studi scientifici, è in grado di ridurre la mortalità per tumore del colon-retto del 20-30% grazie all’immediato trattamento delle lesioni precancerose».


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