Tumore al seno metastatico: servizi e strategie da affiancare alle terapie

L’evento Patient Forum ha dato voce alle donne con malattia avanzata per migliorare il loro percorso di cura e la qualità di vita

In Italia sono più di 37 mila le donne che convivono con un tumore al seno metastatico, con una prospettiva di sopravvivenza sempre maggiore grazie ai progressi della ricerca. Tuttavia c’è ancora tanto da fare per migliorarne la qualità di vita che può risultare molto compromessa. Il tema dei bisogni delle pazienti è stato al centro della prima edizione del Patient Forum, evento tenutosi di recente a Milano, promosso Gilead insieme ad ANDOS (Associazione Nazionale Donne Operate al Seno), Europa Donna Italia, FAVO (Fondazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia), Fondazione IncontraDonna, Salute Donna e Komen Italia.

Nel corso del convegno sono stati toccati diversi argomenti per cercare di rispondere alle domande delle pazienti sul loro futuro inerenti, per esempio, la capacità di gestire la propria famiglia, la possibilità di tornare a lavorare e più in generale su come adeguare lo stile di vita per affrontare al meglio il proprio percorso. Gli argomenti toccati costituiranno poi la base per un documento congiunto da portare all’attenzione delle istituzioni al fine di porre i presupposti per garantire un percorso migliore alle pazienti.

Tossicità finanziaria

Il primo aspetto affrontato nel corso dell’evento è stato quello della “tossicità finanziaria” nel contesto del tumore al seno metastatico.

«La diagnosi della malattia va a stravolgere anche la situazione lavorativa di una donna, con la perdita o la riduzione del reddito che si combina a un aumento dei costi da sostenere non solo per i farmaci non prescrivibili e i trattamenti per gli effetti collaterali delle terapie, ma anche per il sommarsi di tante spese indirette» ha sottolineato Flori Degrassi, presidente di ANDOS.

Il problema tocca tutte le donne lavoratrici. Quelle contrattualizzate vanno spesso incontro a demansionamenti o a inviti a dare le dimissioni. La situazione è ancora più critica per le lavoratrici con partita Iva iscritte alla gestione separata Inps, a cui vengono dati assegni di malattia e di ricovero spesso irrisori, che non coprono la perdita indotta dal non poter lavorare a causa del tumore. «Occorre mettere a punto un piano con soluzioni innovative che permettano alle donne di concentrarsi solo sulla guarigione: per questo ANDOS, insieme a CREA Sanità, ha elaborato un questionario che è stato inviato ai suoi 52 comitati per ricevere segnalazioni, idee e suggerimenti utili direttamente dalle pazienti» ha segnalato Degrassi.

Dal supporto psicologico all’attenzione ai caregiver

Secondo dati raccolti nell’ambito del progetto di advocacy ForteMente, promosso da Europa Donna Italia in partnership con la Società Italiana di Psiconcologia e Senonetwork, solo il 25% delle pazienti ha avuto la possibilità di accedere a un servizio di psiconcologia tramite la struttura ospedaliera in cui era in cura, ma ben il 98% ritiene che quello del supporto di uno psiconcologo sia un bisogno essenziale.

L’attenzione è stata posta anche ai caregiver. Con il progetto “Prendersi cura anche di chi si prende cura” la Fondazione IncontraDonna ha voluto sottolineare l’importanza di ascoltare e sostenere anche i caregiver. «La figura del caregiver familiare è stata definita per legge come “la persona che assiste e si prende cura del coniuge, del compagno unito civilmente o di un familiare entro il secondo/terzo grado, per periodi limitati o per tutta la vita”, alla quale è assegnata una serie di tutele come i 3 giorni mensili di permesso lavorativo o il cosiddetto “Bonus Caregiver” gestito localmente delle Regioni. Si stima che in Italia ci siano almeno 7 milioni di caregiver non professionali che assistono familiari malati o non autosufficienti, ma ancora non c’è un adeguato riconoscimento giuridico, un soddisfacente accesso a servizi socioassistenziali e supporto psicologico, spesso anche l’informazione è carente» ha evidenziato Adriana Bonifacino, presidente di Fondazione IncontraDonna.

L’importanza di alimentazione e attività fisica

Per migliorare la qualità di vita delle donne con malattia metastatica giocano un ruolo di rilievo sia la dieta sia l’attività fisica. «La malnutrizione non va considerata un’ineluttabile conseguenza della malattia oncologica, ma un fattore da prevenire o risolvere fornendo alla paziente tutte le indicazioni utili – ha affermato Adele Patrini, Coordinatrice di FAVO Lombardia -. Sin dal momento della diagnosi, le Aziende sanitarie devono garantire una tempestiva valutazione dello stato di nutrizione, suggerendo quindi un corretto piano alimentare per favorire la terapia di supporto e aiutare al meglio l’organismo aggredito dal cancro. Va però sottolineato che purtroppo ciò non sempre avviene, a dispetto del fatto che si tratta di un diritto sancito dalla nostra Carta a livello nazionale».

Un’attività fisica commisurata alle proprie condizioni apporta benefici non solo fisici ma psicologici, aumentando anche la fiducia e la determinazione delle pazienti. Un esempio arriva dal progetto Metadinamiche, promosso da Komen Italia in collaborazione con l’Associazione Onconauti. Otto donne che, sfidando i limiti imposti dalla malattia tumorale metastatica, zaino in spalla e in compagnia di operatori specializzati hanno percorso in cinque giorni 40 km lungo il cammino del Salento.

Il rapporto medico-paziente e il bisogno di PDTA specifici

Altro tema affrontato al Patient Forum è stato quello del rapporto tra i medici e le pazienti, sottolineando la necessita di dedicare più tempo alle visite. «Ridurre le liste d’attesa non significa andare a diminuire il tempo delle visite per aumentare così il numero totale di quelle effettuate in un giorno. Significa invece aumentare il numero degli specialisti e dare a ognuno il proprio ruolo nell’assistenza del malato», ha fatto notare la professoressa Anna Maria Mancuso, presidente di Salute Donna ODV. «Perseguire questo obiettivo è la strategia vincente per facilitare una migliore gestione dei sintomi, aumentare l’aderenza ai piani di cura e migliorare la percezione delle pazienti riguardo la qualità delle terapie ricevute, innalzando di molto la fiducia nei confronti dei medici curanti. Tutti fattori che contribuiscono a migliorare la qualità delle terapie e di conseguenza la vita delle donne con tumore al seno metastatico».

Al convegno si è parlato infine della necessità di un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) dedicato per le pazienti con tumore mammario metastatico che si deve innanzitutto basare su un approccio multidisciplinare. Le pazienti necessitano di diagnosi tempestive, trattamenti personalizzati e supporto psicologico continuo. I loro bisogni differiscono in termini di gestione del dolore, effetti collaterali dei trattamenti e supporto emotivo. È fondamentale garantire un accesso rapido alle cure palliative e creare un ambiente di sostegno che coinvolga anche le famiglie, migliorando così la qualità della vita.

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