Uno studio recente segnala che i pazienti con evidenza di cancro residuo nel sangue dopo l’intervento chirurgico possono trarre beneficio dall’aggiunta dell’antinfiammatorio non steroideo celecoxib alla chemioterapia

Una nuova analisi dei dati di uno studio clinico randomizzato condotto da ricercatori del Dana-Farber Cancer Center e del Brigham and Women’s Hospital suggerisce che i pazienti con cancro al colon in stadio III, positivi al test del DNA tumorale circolante (ctDNA, biopsia liquida) dopo l’intervento chirurgico, potrebbero trarre beneficio dall’aggiunta al trattamento standard di celecoxib, un farmaco antinfiammatorio non steroideo (Fans). Lo studio, presentato al Simposio sui tumori gastrointestinali dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), evidenzia dunque il potenziale della biopsia liquida per identificare i pazienti più a rischio di recidiva ai quali proporre l’aggiunta del Fans alla chemioterapia tradizionale, facilitando l’elaborazione di strategie di trattamento personalizzate.

Tumore al colon e recidive

Il trattamento standard dei pazienti con cancro al colon in stadio III prevede la rimozione chirurgica del tumore e dei linfonodi circostanti. Di solito, lo step successivo è la chemioterapia adiuvante per ridurre il rischio di recidiva. Tuttavia in un sottogruppo di questi pazienti il cancro ritorna. Partendo da questa consapevolezza, i ricercatori statunitensi si sono posti l’obiettivo di individuare nuove strategie per migliorare le terapie adiuvanti e prevenire la recidiva. Per studiare l’uso del celecoxib sulla sopravvivenza libera da malattia nei pazienti con cancro al colon in stadio III, gli studiosi hanno arruolato 2.526 pazienti tra il 2010 e il 2015. Dopo il trattamento, i partecipanti sono stati randomizzati a ricevere la chemioterapia adiuvante con fluorouracile, leucovorina e oxaliplatino (FOLFOX) per tre o sei mesi, con o senza celecoxib giornaliero per tre anni. I pazienti che assumevano celecoxib hanno mostrato un beneficio moderato, ma i risultati, pubblicati nel 2021, non erano statisticamente significativi.

La nuova analisi con biopsia liquida

I ricercatori americani hanno rianalizzato i dati relativi a 1.011 dei 2.526 pazienti che avevano partecipato alla sperimentazione originale e avevano accettato di sottoporsi, dopo l’intervento chirurgico, a un prelievo di sangue per scopi di ricerca. In pratica gli studiosi hanno eseguito il test del ctDNA su campioni prelevati in passato. Ebbene così facendo hanno visto che i pazienti con ctDNA positivo avevano generalmente esiti peggiori. Tuttavia, quelli con biopsia liquida positiva, a cui era stato prescritto celecoxib oltre alla chemioterapia standard, avevano una sopravvivenza libera da malattia significativamente migliorata rispetto a quelli che avevano ricevuto solo la chemioterapia standard. Per coloro che avevano test ctDNA negativi, non c’era invece alcuna differenza significativa tra che aveva assunto celecoxib rispetto al placebo.

Medicina sempre più di precisione

«Il nostro è uno dei primi studi a dimostrare che lo stato del ctDNA ha un’utilità predittiva in termini di selezione dei pazienti che rispondono meglio a un farmaco» afferma Jonathan Nowak, patologo presso il Dana-Farber Cancer Institute e il Brigham and Women’s Hospital, che ha presenta lo studio al congresso.

«Questi risultati si aggiungono alle nostre precedenti scoperte secondo cui il celecoxib migliora la sopravvivenza per il cancro al colon con mutazione PIK3CA – aggiunge Jeffrey Meyerhardt, autore senior e co-direttore del Colon and Rectal Cancer Center presso il Dana-Farber Cancer Institute -. I nuovi dati che abbiamo raccolto, insieme ai risultati di altri studi in corso, aiuteranno a determinare quali pazienti potrebbero trarre beneficio da celecoxib in aggiunta ad altri trattamenti standard e a sviluppare un approccio personalizzato alla terapia adiuvante per i pazienti con cancro al colon in fase iniziale».