Test NGS somatici e genetici: senza i LEA la medicina di precisione non può decollare

I test somatici promettono di rivoluzionare l’oncologia, con il superamento del modello istologico e della chemioterapia standard e il passaggio al modello mutazionale e alle terapie personalizzate della medicina di precisione. Le nuove tecnologie diagnostiche NGS (Next Generation Sequencing) consentono oggi una profilazione molecolare del tumore in diversi momenti della malattia e la identificazione di alterazioni che possono diventare bersagli terapeutici per cure più mirate, più efficaci e con minori effetti collaterali rispetto a quelle convenzionali. Le applicazioni della diagnostica avanzata in oncologia possono essere distinte in due grandi categorie, anche tenendo conto dei diversi profili professionali coinvolti:

  • Test per la identificazione delle mutazioni somatiche (su cellule tumorali e su biopsia liquida), finalizzati all’utilizzo di farmaci a bersaglio molecolare e/o immunoterapici (a cura di anatomo-patologi e biologi molecolari);
  • Test per la identificazione su sangue periferico o saliva di varianti germinali/costituzionali associate ad un maggiore rischio di sviluppo di tumori, finalizzati in prevalenza alla prevenzione e, in alcuni casi, all’utilizzo di specifici farmaci (a cura di genetisti medici e di laboratorio).

La complessità di tale nuovo approccio diagnostico ha indotto le società scientifiche internazionali (ESMO) e nazionali (AIOM, SIGU, SIAPEC, FICOG, FMP) e le istituzioni sanitarie (ISS, CSS, Ministero Salute) ad elaborare specifiche linee guida e raccomandazioni per la sua diffusione nella pratica clinica, a partire dai pazienti affetti in organi per i quali sono stati già approvati farmaci innovativi. La precedenza è stata offerta alle neoplasie con maggiori opportunità di beneficiare di tale approccio e ai pazienti con tumori in fase più avanzata e per i quali le terapie standard non si siano rivelate efficaci. In particolare, l’adenocarcinoma del polmone, il colangiocarcinoma, i carcinomi avanzati di prostata e ovaio sono ad oggi tra quelli prioritari per l’utilizzo dei farmaci innovativi. In verità il numero di organi coinvolti è in graduale estensione – mammella, colon, endometrio, tiroide, urotelio – grazie al continuo progresso nelle conoscenze e ai risultati dei numerosi studi clinici che precedono l’approvazione dei nuovi farmaci da parte delle agenzie regolatorie (FDA, EMA e AIFA).

Al di là degli aspetti strettamente tecnici, l’attuazione nella pratica clinica della medicina di precisione necessita di un modello operativo e organizzativo articolato a livello di strutture ospedaliere e di reti regionali e nazionali, per dotare il sistema sanitario delle adeguate conoscenze tecniche, per gestire con maggiore efficienza i costi e per garantire appropriatezza e tempi di risposta immediati, in presenza di richieste di diagnostica avanzata in costante crescita. A partire dalla identificazione degli strumenti da utilizzare (pannelli multigene), dalla definizione dei requisiti qualitativi dei laboratori di biologia molecolare, dalla dotazione all’interno degli ospedali e delle reti ospedaliere delle nuove tecnologie e competenze necessarie, tra cui in particolare quelle dei patologi, dei biologi molecolari e dei bioinformatici. I nuovi modelli operativi e organizzativi richiedono la presenza, all’interno delle Reti Oncologiche Regionali, di specifici PDTA di patologia (regionali e ospedalieri), dei GOM (Gruppi Oncologici Multidisciplinari) per la presa in carico dei singoli pazienti e dei MTB (Molecular Tumor Board) per la diagnostica più complessa, in modo da colmare il divario di conoscenze delle singole figure e dei singoli centri che fino ad oggi hanno gestito tali attività. Tale adeguamento nei processi è indispensabile a maggior ragione nei casi in cui le mutazioni riscontrate nel tumore possano essere determinate da alterazioni germinali/costituzionali e quindi da sindromi ereditarie presenti nel DNA del paziente e dei suoi familiari. In tali situazioni – stimate ad oggi nel 10-15% di tutti i casi di tumore annui – è fondamentale che il percorso diagnostico sul paziente sia completato con la consulenza genetica e i test genetici su sangue periferico, da estendere in caso di esito positivo anche ai familiari, per la identificazione di tutti i soggetti ad alto rischio di malattia. In tal modo sia i pazienti affetti sia i familiari sani potranno essere indirizzati a specifici percorsi di prevenzione primaria (chirurgia profilattica e farmaco-prevenzione) e secondaria (sorveglianza intensificata finalizzata alla diagnosi precoce), a seconda della sindrome, del sesso e dell’età dei portatori di varianti patogenetiche di predisposizione ai tumori.

Negli ultimi anni in Italia il legislatore – con le difficoltà di un sistema sanitario frammentato in 21 regioni/province autonome – sta provando a predisporre il quadro normativo e regolatorio per la attuazione della medicina di precisione nella pratica clinica. Ciò anche in considerazione del notevole ritardo con cui ad oggi vengono realizzati in Italia i test di profilazione molecolare e i test genetici rispetto ad altri paesi europei e agli USA. Un’altra ragione per tale intervento è la presenza di un paradosso finora irrisolto nel nostro sistema regolatorio: esiste come in altri paesi europei e in USA (FDA) un’agenzia nazionale per l’approvazione dei nuovi farmaci (AIFA, in concerto l’agenzia europea EMA); ma nei casi in cui il farmaco possa essere somministrato solo dopo un test diagnostico avanzato (somatico o genetico) non viene garantita contestualmente la rimborsabilità del test, pur se direttamente abbinato al farmaco (companion test). Per ovviare a tale impasse diverse strutture ospedaliere effettuano i test diagnostici avanzati attingendo da altre voci del bilancio, oppure accedendo a fondi temporanei messi a disposizione dalle case farmaceutiche o talvolta chiedendo agli stessi pazienti di coprirne il costo (alcune migliaia di euro ciascuno). Proprio per andare incontro a tali necessità ed anomalie nel corso del 2023 si sono poste le basi per la strutturazione dei MTB regionali e si è costituito un fondo nazionale provvisorio (poco più di 5 mil. di € per il 2022 e 2023) per la rimborsabilità dei test NGS, anche se per soli 5.250 pazienti all’anno con adenocarcinoma polmonare e colangiocarcinoma (rispetto ad una platea complessiva di potenziali beneficiari di oltre 30.000-40.000 pazienti all’anno). Tale fondo, ridistribuito sulle singole regioni e non ancora rifinanziato per il 2024, avrebbe dovuto essere sostituito a regime dall’inserimento dei test NGS nei nuovi LEA (livelli essenziali di assistenza, in attesa di essere aggiornati dal 2017), ma tale impegno è stato rimandato al 2025, per la carenza di risorse aggiuntive da destinare alla spesa sanitaria.

Anche la rimborsabilità dei test genetici, finalizzati in prevalenza alla identificazione dei soggetti ad elevato rischio e alla prevenzione oncologica, non è ancora garantita in tutto il Paese. Infatti, in tal caso, è stata delegata alle singole regioni l’approvazione/attuazione dei PDTA per i soggetti ad Alto Rischio Eredo-familiare e delle prestazioni da garantire ai soggetti affetti e ai familiari a rischio, tra cui i test genetici. Ad oggi, per la sindrome HBOC-BRCA, solo il 50% delle regioni li hanno approvati e anche in queste non sempre i tempi di accesso sono congrui, per il limitato numero di genetisti e di laboratori di genetica. Nella sindrome di Lynch, la seconda più diffusa tra la popolazione, la situazione è ancora più grave poiché solo tre regioni su 19 (escludendo le due province autonome di Trento e Bolzano), hanno approvato il PDTA e di conseguenza la maggior parte delle strutture ospedaliere non può sostenere i relativi test genetici. Ciò benché esista da gennaio 2022 una precisa raccomandazione di AIOM e altre società scientifiche sulla attuazione del test universale (partendo da un esame immunoistochimico, fattibile a basso costo in ogni anatomia-patologica) per la sindrome di Lynch per i tumori al colon-retto e all’endometrio, ad oggi ampiamente disattesa. D’altra parte, le prestazioni erogabili dal nostro sistema sanitario dipendono strettamente dalle risorse pubbliche attribuite su ogni singola voce di spesa a tutte le regioni: linee guida, raccomandazioni, gli stessi piani sanitari nazionali (piano di prevenzione, piano oncologico, piano delle scienze omiche, ecc.) e i PDTA regionali di patologia non sono sufficienti a garantire l’esecuzione puntuale delle politiche sanitarie, se il Governo e il Parlamento non impegnano specifiche risorse nel bilancio pubblico e, a cascata, in quelli delle regioni e delle diverse strutture sanitarie (ATS, ASL, ospedali, medicina territoriale).

Ultimamente si sta discutendo animatamente nel nostro Paese della sostenibilità del sistema sanitario nazionale e della necessità di garantire risorse certe e crescenti per far fronte alla dinamica demografica (invecchiamento della popolazione), a quella sanitaria (aumento delle malattie croniche, in particolare dei tumori) e a quella tecnologica (diagnostica avanzata, nuovi farmaci, nuovi approcci di prevenzione). In assenza di stanziamenti aggiuntivi – a causa dell’elevato indebitamento dell’intero sistema pubblico – non sarà semplice trovare le risorse necessarie, anche dove i progressi della scienza e della ricerca medica lo imporrebbero. La stessa medicina di precisione, che vede la concreta possibilità in futuro di curare meglio e con costi più contenuti i pazienti oncologici e di perseguire una più efficace prevenzione sui soggetti a maggiore rischio, rischia di diventare un’altra opportunità mancata per il nostro Paese, con risvolti preoccupanti per la salute e la qualità della vita di tanti cittadini, oltre che per il progresso scientifico e tecnologico in un settore altamente strategico come quello della sanità. Peraltro, in questo scenario già precario e con grandi disparità regionali e territoriali (ospedali di serie A e serie B), ben si comprende la preoccupazione per la recente approvazione della legge sull’autonomia differenziata. Questa prevede infatti una ripartizione di risorse ancora più sbilanciata sul territorio nazionale, privilegiando gli interessi locali e particolari rispetto a quelli della salute di tutti i cittadini e della sostenibilità di un sistema sanitario unitario efficace, efficiente, in grado di stare al passo con le necessità e l’evoluzione della scienza, anche attraverso adeguati investimenti pluriennali.

Certamente il tema delle risorse per la sanità richiede che sia affrontato anche quello degli sprechi: non vi è dubbio che l’attuale modello di governance, in cui sul lato dei costi ogni regione dispone di una totale autonomia (ad eccezione appunto dei LEA), produca non appropriatezza, inefficienze e disparità, anche a causa di un controllo centrale che è mancato negli ultimi anni, per ragioni di carattere politico e di potere locale. Ma questo argomento pare essere rimasto fuori dal dibattito politico, anche perché è più popolare per tutti parlare di nuove risorse e meno di risorse da spendere meglio, identificandone i responsabili a vari livelli. Una razionalizzazione della spesa è oggi improrogabile anche se ovviamente è legata ad un ripensamento profondo del modello di governance della sanità tra il livello centrale e quello regionale e territoriale. La legge sull’autonomia differenziata, per la cui attuazione i nuovi LEA non sono ancora stati definiti e soprattutto finanziati, rischia di lasciare ancora irrisolta per molti anni la questione della razionalizzazione complessiva della spesa in sanità, delegandola in modo frammentato e discrezionale alle singole regioni.

Il ruolo delle organizzazioni di pazienti nel processo politico e normativo per il sostegno del sistema sanitario pubblico è fondamentale, in quanto sta alla base dei bisogni di salute e assistenza dei cittadini che noi rappresentiamo. La Fondazione Mutagens è impegnata in un ambito specifico, quello delle sindromi ereditarie, in cui è coinvolta una popolazione limitata (poco più di un milione di individui, in prevalenza sani ad alto rischio) ma di grande interesse scientifico e clinico grazie alle enormi potenzialità della medicina di precisione. Contribuiamo con l’attività di informazione e divulgazione a creare conoscenza e consapevolezza nei cittadini e negli stessi operatori sanitari e siamo sempre più impegnati nelle sedi istituzionali dove il decisore politico predispone atti regolatori e attribuisce le risorse necessarie ad attuare le innovazioni sanitarie e a migliorare la presa in carico di tali soggetti. Peraltro, nel nostro ambito esistono numerosi studi, a livello internazionale e nazionale, che dimostrano che mettere a sistema una strategia di sanità pubblica di prevenzione e medicina di precisione sarebbe altamente costo-efficace, cioè le risorse stanziate sarebbero compensate da minori costi per le cure e per la riduzione del numero di malati ottenibile grazie alla prevenzione. Quindi, ci sarebbe un beneficio enorme non solo per la salute di tale popolazione ma anche per il bilancio del sistema sanitario. Per tali motivi e coerentemente con la nostra missione abbiamo proposto e attivato tavoli di lavoro sia di carattere più generale (i PDTA Regionali e ospedalieri, la rimborsabilità di tutte le prestazioni previste nei PDTA, la esenzione nazionale dal pagamento del ticket per tutti i portatori di sindromi ereditarie) sia su tematiche specifiche (integrazione tra test somatici e test genetici in presenza di tumori ereditari, estensione dei criteri per l’accesso ai test genetici, studi pilota per la sorveglianza e la diagnosi precoce dei soggetti sani asintomatici ad alto rischio genetico, ecc.). Per tale motivo continueremo con sempre maggiore determinazione ad impegnarci sui vari fronti, inclusi quello della governance sanitaria e delle risorse, collaborando con tutti gli attori istituzionali dell’ecosistema salute del Paese.

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