Strategie per informare i soggetti a rischio di cancro ereditario

Ricercatori svedesi hanno analizzato l’esperienza di ricevere una lettera sul rischio di cancro ereditario da un ambulatorio di genetica oncologica

La scoperta di essere a rischio di cancro ereditario può influenzare profondamente la vita delle persone e dei loro familiari. Un nuovo studio pubblicato sul European Journal of Human Genetics esplora l’esperienza dei parenti sani informati attraverso una lettera dall’unità di genetica oncologica anziché da un familiare. Secondo gli studiosi, questo approccio potrebbe rappresentare un complemento efficace alle pratiche tradizionali di divulgazione del rischio genetico.

Lo studio

In nuovo studio fa parte di un trial clinico multicentrico randomizzato in corso in Svezia che mira a valutare l’efficacia dell’invio di lettere dalle cliniche di genetica oncologica sul rischio genetico di cancro ai parenti di pazienti oncologici a cui è stata diagnostica una sindrome tumorale ereditaria. In questa analisi preliminare sono stati coinvolti 14 parenti che hanno ricevuto la lettera dal genetista medico con l’obiettivo di capire come queste persone vivessero l’esperienza di essere informate direttamente dal sistema sanitario piuttosto che dai loro familiari. Alcuni parenti erano stati informati preventivamente dalla famiglia che sarebbe arrivata una comunicazione dall’ospedale, mentre altri no.

Le reazioni dei familiari

I partecipanti allo studio hanno mostrato reazioni variegate alla ricezione della lettera. Tutti hanno trovato il linguaggio chiaro e le informazioni di contatto complete. Tuttavia, l’impatto emotivo è stato influenzato dal grado di preavviso ricevuto dai familiari. Chi era stato informato dell’arrivo della lettera ha affrontato la notizia con più serenità, mentre coloro che l’hanno ricevuta senza preavviso hanno sperimentato confusione e preoccupazione.

Dopo la ricezione della lettera, molti dei partecipanti hanno contatto l’unità di genetica medica nel giro di pochi giorni spinti dal bisogno di avere ulteriori chiarimenti e di accedere rapidamente ai test genetici. Alcuni, però, hanno posticipato il contatto a causa di altre priorità.

«I partecipanti al nostro studio che erano a conoscenza della valutazione genetica del familiare malato e della lettera in arrivo hanno affermato che questi fattori li hanno aiutati ad affrontare la situazione – riferiscono i ricercatori svedesi -. Senza una conoscenza preliminare, l’esperienza è stata più complicata poiché la lettera evocava sentimenti negativi e la necessità di ulteriore consulenza. Dopo aver ricevuto una lettera, i partecipanti si aspettavano che il loro caso fosse gestito in modo professionale quando contattavano l’unità di genetica oncologica. Cosa che riteniamo ragionevole aspettarsi nel momento in cui l’ospedale prende l’iniziativa di contattare direttamente i parenti. Questo approccio diretto presuppone una maggiore responsabilità riguardo all’accesso alla consulenza genetica per coloro che hanno ricevuto la comunicazione».

Le implicazioni

Lo studio suggerisce che l’invio diretto di lettere dalle unità di genetica medica ai parenti a rischio di cancro ereditario possa rappresentare un valido complemento alla comunicazione da parte del familiare malato, anche se alcuni partecipanti hanno espresso preoccupazione riguardo l’aspetto potenzialmente negativo, dal loro punto di vista, di ricevere una lettera non richiesta dall’assistenza sanitaria.

«Riteniamo che gli operatori sanitari esperti in consulenza genetica possano prendere in considerazione la divulgazione del rischio tramite lettera diretta ai parenti a rischio, a patto di tenere conto dei vantaggi di un primo contatto mediato dalla famiglia e che la consulenza genetica sia facilmente accessibile nel momento in cui i parenti desiderano stabilire un contatto. Il contatto diretto deve essere implementato in un quadro di considerazioni etiche e di buone pratiche e adattato sia al singolo paziente che ai parenti» concludono gli studiosi svedesi.

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