Sotto la lente la relazione tra stile di vita e tumori nelle donne con rischio genetico

In fase di avvio lo studio e-BRAVE che mira a creare una community online per comprendere il ruolo di fattori ambientali nello sviluppo del cancro in presenza di varianti germinali dei geni di predisposizione BRCA

Le portatrici di varianti patogeniche germinali dei geni BRCA1 e BRCA2 hanno un maggior rischio di ammalarsi di carcinoma mammario e di cancro ovarico nel corso della vita, soprattutto in giovane età, ma un considerevole numero di mutate non sviluppa tumori o si ammala in tarda età. Questo significa che altri fattori genetici, ma anche ambientali, possono modificare questo rischio, come suggerito da diversi studi, tuttavia non conclusivi. Presso la Fondazione IRCCS Istituto nazionale dei tumori (INT) di Milano è ora in partenza lo studio e-BRAVE. Questo studio prospettico mira a creare una grande web-community di donne portatrici di mutazioni BRCA da seguire nel tempo, per comprendere ancora meglio quali fattori dello stile di vita (e non solo) siano associati allo sviluppo dei tumori BRCA-relati. Se n’è parlato di recente in occasione di un evento organizzato all’istituto milanese, intitolato “Studio e-BRAVE: oltre la mutazione”, durante il quale sono interventi diversi specialisti, tra cui Franco Berrino, pioniere degli studi su stile di vita e cancro (epidemiologo, già direttore del Dipartimento di medicina preventiva e predittiva dell’INT), Siranoush Manoukian, medico genetista responsabile della Struttura semplice dipartimentale di genetica medica dell’INT e Patrizia Pasanisi, dirigente medico direttore della Struttura semplice dipartimentale di ricerca nutrizionale e metabolomica dell’INT e responsabile dello studio e-BRAVE.

Geni BRCA e fattori ambientali

«I geni BRCA codificano per proteine coinvolte in tanti meccanismi, alcuni dei quali sono più correlati allo stile di vita – premette Pasanisi -. In particolare, le mutazioni dei geni BRCA sono associate a una mancata funzionalità dei meccanismi di riparazione del DNA, per cui, ipoteticamente, tutto ciò che danneggia maggiormente il DNA (per esempio ciò che produce radicali liberi nell’organismo come l’eccesso calorico o il consumo di troppa carne rossa) può aumentare ancora di più il rischio di ammalarsi quando si è portatori di una mutazione».

Da qui la volontà dei ricercatori dell’INT di capire meglio in che modo i fattori “ambientali”, come dieta, stile di vita, peso, fattori ormonali e metabolici possano modificare il rischio di ammalarsi nelle donne che ereditano una mutazione nei geni BRCA.

Il ruolo di fattori ormonali e metabolici

Studi scientifici hanno suggerito che fattori legati all’alimentazione e allo stile di vita come il peso corporeo, l’eccesso di calorie e di proteine, di solito associati ad una maggiore bio-disponibilità di fattori di crescita quali l’IGF-I (fattore di crescita insulino-simile I), siano particolarmente importanti nelle portatrici di varianti BRCA.

Per quanto riguarda l’IGF-I si è visto, per esempio, che questo fattore di crescita è associato a un maggior rischio di ammalarsi di cancro al seno in persone che non hanno i geni mutati, ma dati più recenti mostrano che lo è anche nelle forme ereditarie di tumore mammario. «Le donne BRCA mutate hanno nel tessuto (epitelio) mammario più recettori per l’IGF-I e, in studi di confronto tra mutate malate e mutate sane, è emerso che le donne con malattia hanno livelli di IGF-I più elevati. In chi ha la mutazione l’IGF-I sembrerebbe quindi essere associato alla comparsa della malattia» riferisce Pasanisi.

Uno studio, pubblicato un paio di anni fa sulla rivista Lancet, ha invece evidenziato un ruolo dei fattori ormonali. «Nelle donne con mutazioni dei geni BRCA c’è uno squilibrio ormonale forte, che si verifica maggiormente nella fase luteale del ciclo, con estrogeni e soprattutto progesterone molto più elevati rispetti alle donne senza varianti BRCA – spiega Pasanisi -. Sappiamo che livelli di progesterone elevati sono un fattore di rischio per il tumore della mammella sporadico, questi stessi studi suggeriscono un suo potenziale ruolo anche nei tumori al seno legati alla presenza di mutazioni BRCA».

Dieta e IGF-I

«Noi pensiamo che ci siano tanti fattori legati allo stile di vita che in qualche modo possono modificare la penetranza. Quest’ultima ci indica quante donne con mutazioni BRCA sviluppano effettivamente la malattia» dice Pasanisi.

Fattori come il peso corporeo, l’eccesso di calorie e di proteine sono legati ad un pattern di rischio ormonale e metabolico che tuttavia può essere modificato. Ad esempio, una dieta a basso contenuto proteico e calorico si associa a livelli sierici più bassi di insulina e di IGF-I. Ugualmente, l’attività fisica è associata a bassi livelli di IGF-I. Un cambiamento complessivo della dieta caratterizzato da un ridotto consumo di prodotti industrialmente raffinati e di alimenti di origine animale (in particolare latte e latticini) e da un consumo aumentato di cereali integrali, legumi e verdure è in grado di ridurre il peso corporeo ma anche l’insulina e la biodisponibilità di IGF-I.

Lo studio COS2 dell’INT ha dimostrato nello specifico che un intervento dietetico mediterraneo con moderata restrizione proteica è efficace nel ridurre l’IGF-I e altri potenziali modulatori della penetranza BRCA.

Lo studio e-BRAVE

Lo studio e-BRAVE mira a identificare e comprendere meglio i fattori che possono modulare la penetranza BRCA con l’obiettivo di definire nuovi modelli predittivi per i tumori BRCA-relati e creare nel tempo raccomandazioni volte a migliorare la gestione e lo stato di salute delle famiglie ad alto rischio genetico. A questo scopo i ricercatori dell’INT stanno cercando di creare una grande web-community di donne portatrici di mutazioni BRCA da seguire nel tempo. Possono partecipare allo studio sia le donne che hanno già sviluppato tumori BRCA relati sia quelle sane a rischio.

Lo studio sarà condotto attraverso un’applicazione mobile (BRCApp) da scaricare su telefono o tablet (per informazioni scrivere a e-brave@istitutotumori.mi.it). Attraverso la BRCApp le partecipanti allo studio compileranno dei semplici questionari sulle loro abitudini di vita e avranno accesso illimitato e gratuito a contenuti come webinar informativi, video-ricette, video esercizi e molto altro ancora. Inoltre, le donne che non hanno avuto una diagnosi di tumore saranno invitate a fare una visita iniziale, prenotabile attraverso la stessa App, per valutare la composizione corporea ed eseguire un prelievo di sangue.

«Studiare i fattori che possono modificare il rischio di ammalarsi, individuarne di nuovi e modificarli attraverso lo stile di vita significa aprire nuove strade alla prevenzione dei tumori associati alle mutazioni BRCA. Vista la grande complessità, l’auspicio è di riuscire a reclutare tante donne. Pensiamo che l’utilizzo delle BRCAapp ne possa semplificare il coinvolgimento» conclude Pasanisi.

Antonella Sparvoli

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