Sindromi tumorali ereditarie: a Siena un ambulatorio per le malattie rare

Avviato all’Azienda ospedaliero universitaria senese un servizio ambulatoriale in cui potranno essere seguiti per la sorveglianza i soggetti ad alto rischio di tumori ereditari o che hanno già sviluppato neoplasie

Screening e controlli personalizzati sono fondamentali per ridurre il rischio di sviluppare i tumori associati alle diverse sindromi ereditarie di predisposizione al cancro, i quali possono riguardare diversi organi e apparati. Di norma i portatori di mutazioni in geni di suscettibilità al cancro, siano già malati o ad alto rischio, vengono seguiti in ambulatori diversi a seconda dell’organo da sorvegliare. Per cercare di ottimizzare la presa in carico di questi individui e la sorveglianza, presso l’Azienda ospedaliero universitaria Le Scotte di Siena, ha appena preso vita un ambulatorio per le malattie rare dedicato agli individui con sindromi ereditarie. Ne parliamo con Alessandra Renieri, professore ordinario di Genetica medica all’Università di Siena e direttrice della Unità operativa complessa di Genetica medica dell’Azienda ospedaliero universitaria senese, che ne ha promosso la creazione insieme al suo Team.

Il Team di Genetica Medica dell’AOU senese con al centro Alessandra Renieri

Il nuovo punto di riferimento e il superamento della sorveglianza d’organo

Il nuovo ambulatorio è stato attivato all’inizio di aprile ed è rivolto a soggetti con malattie genetiche rare, gran parte dei quali sono pazienti oncologici o individui ad alto rischio ereditario di sviluppare tumori.

«Dopo il momento iniziale della consulenza genetica e della diagnosi di una sindrome tumorale ereditaria, i pazienti sono spesso spaesati. Sono consapevoli dell’opportunità di seguire percorsi mirati di prevenzione e sorveglianza, ma non sempre individuano centri che li possano prendere in carico a 360 gradi con PDTA (Piani diagnostico-terapeutici assistenziali) codificati – premette Renieri -. Questa problematica riguarda chi ha già avuto un tumore ma anche, e soprattutto, i soggetti sani ad alto rischio di ammalarsi. Finora la maggior parte dei percorsi sono stati organo-specifici, il nostro ambulatorio sta cercando di andare oltre questa visione, nell’ottica di una presa in carico del “mutato” come persona e non come organo».

La gestione terapeutica

Accanto al superamento della sorveglianza d’organo, c’è un altro aspetto che ha contribuito alla creazione di un servizio ambulatoriale in cui il paziente potesse essere seguito a tutto tondo, offrendo anche la possibilità, in caso di recidiva, di accedere a terapie target.

«Oggi i test genetici somatici attraverso biopsia liquida NGS su DNA tumorale circolante nel sangue sono in grado di fornirci informazioni più precise sulle alterazioni genetiche che caratterizzano il tumore in quello specifico momento e hanno portato alla recidiva – segnala Renieri -. La nostra idea è quella di sfruttare queste informazioni per la gestione del percorso terapeutico, dando la possibilità al paziente di accedere a farmaci agnostici che colpiscono in maniera selettiva le mutazioni genetiche, indipendentemente dall’organo interessato dalla malattia. Il tutto dopo un’attenta valutazione multidisciplinare e l’approvazione del comitato etico dell’ospedale. Proprio di recente è uscito un articolo molto interessante, sulla rivista Cancer Treatment Reviews, sulle terapie agnostiche tissutali mirate ai geni e al sistema immunitario, un trend in forte espansione per una medicina sempre più di precisione».

Come funziona l’ambulatorio per le malattie rare

«Caratteristica peculiare del nuovo ambulatorio rispetto alla maggior parte dei servizi di questo tipo, è il non avere ambiti di garanzia o, in parole semplici, essere accessibile a tutti i cittadini del territorio nazionale e non solo ai residenti in Toscana» riferisce Renieri.

L’ambulatorio è attivo un’ora al giorno tutti i giorni della settimana. Per accedervi, dopo la prima visita in cui il paziente ha ricevuto la diagnosi di malattia genetica, è sufficiente rivolgersi al centro di Genetica medica dell’Azienda ospedaliero universitaria senese. Una volta preso in carico, il soggetto viene avviato a un percorso personalizzato di sorveglianza con la possibilità di eseguire diverse indagini (colonscopia, gastroscopia, ecc., a seconda del tipo mutazione e degli organi a rischio) o visite con altri specialisti, pianificate a stretto giro e concentrate in pochi giorni se necessario dal personale infermieristico dell’ambulatorio in sinergia con il medico genetista e gli altri specialisti coinvolti.

«Con questo tipo di servizio, miriamo a colmare un vuoto di presa in carico. Ottimizzando l’organizzazione e la gestione della sorveglianza, puntiamo a seguire in modo ancora più personalizzato i pazienti, ma non con rigidità. Lo scopo è informare, ma anche assecondare le esigenze della persona, con scelte condivise e un’attenta pianificazione in modo tale che quanto deciso dal punto di vista teorico, venga poi messo in pratica» conclude l’esperta.

Salvo Testa

La collaborazione con Fondazione Mutagens

L’Azienda ospedaliero universitaria senese è una delle strutture ospedaliere con cui la Fondazione Mutagens ha collaborato per la definizione e formalizzazione dei PDTA aziendali per soggetti ad alto rischio eredo-familiare. «Tale collaborazione si svilupperà nel tempo con l’attuazione di alcune iniziative di informazione per i pazienti e anche per i medici di medicina generale – segnala Salvo Testa, presidente di Fondazione Mutagens -. Il modello del nuovo ambulatorio malattie rare, come in altri casi virtuosi quali i “Centri Alto Rischio”, va certamente incontro alle esigenze dei pazienti, specie di quelli che non risiedono in prossimità della struttura ospedaliera. L’aspetto più qualificante, in ogni caso, è la presa in carico decisamente più orientata al paziente (affetto e sano a rischio) associata a un approccio multidisciplinare, che spesso viene meno quando si mantiene una “suddivisione specialistica per organo”. Per tale motivo la Fondazione Mutagens plaude alla scelta dell’Azienda ospedaliero universitaria senese e auspica che tale modello organizzativo o modelli simili si possano sviluppare nel tempo in altre strutture ospedaliere su tutto il territorio nazionale». 

Antonella Sparvoli

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