Sindromi ereditarie: i diritti di salute non possono dipendere dal CAP

Il nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN), di tipo universalistico, nasce su un principio imprescindibile: a ogni cittadino devono essere garantite, in modo uniforme, le “prestazioni sanitarie essenziali”, ai sensi dell’art. 32 della Costituzione, che definisce la Salute un “diritto fondamentale dell’individuo e un interesse della collettività”. La questione è di grande rilievo poiché influisce sulle competenze complementari e sulla leale collaborazione tra Stato e Istituzioni Territoriali ed è regolata dalla Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome (Trento e Bolzano). La Corte Costituzionale è intervenuta più volte in passato sui Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), configurandoli come veri e propri “baluardi a garanzia” del “nucleo irriducibile del diritto alla salute” per tutti i cittadini, a prescindere dalle politiche sanitarie e dalle risorse disponibili nelle singole regioni. Infatti, i LEA sono le prestazioni e i servizi che il SSN è tenuto obbligatoriamente a garantire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro il pagamento di un ticket (compartecipazione alla spesa sanitaria). Oggi sono organizzati in tre ambiti specifici e complementari:

  • prevenzione collettiva e sanità pubblica (vaccinazioni, screening oncologici);
  • assistenza distrettuale (ASL/ATS, Case di Comunità, medici di medicina generale);
  • assistenza ospedaliera (ricoveri, pronto soccorso, ambulatori).

Oltre alle prestazioni incluse nei LEA, è previsto che le Regioni/Province Autonome possano stabilire ulteriori prestazioni (extra-LEA) da erogare con stanziamenti propri. Un tema cruciale per l’attuazione dei LEA è quello delle risorse disponibili, correlato alla necessità di un sistematico aggiornamento delle prestazioni, per includere quelle più evolute e tecnologicamente avanzate e sostituire quelle più obsolete. Infatti, il legislatore ricollega direttamente i Livelli Essenziali di Assistenza al principio di appropriatezza, secondo il quale dovrebbero essere erogate solo le prestazioni:

  • la cui efficacia sia dimostrabile in base alle evidenze scientifiche disponibili;
  • che siano indirizzate verso pazienti le cui condizioni cliniche corrispondono alle indicazioni raccomandate (efficacia ed appropriatezza clinica);
  • che soddisfino il principio dell’economicità nell’impiego delle risorse, cioè garantiscano un loro uso efficiente in termini di organizzazione ed erogazione dell’assistenza sanitaria (appropriatezza organizzativa). 

Nonostante tali presupposti, la forte regionalizzazione della sanità e il mancato aggiornamento dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) stanno progressivamente indebolendo questo pilastro del nostro SSN, specialmente in ambiti ad alta complessità e con forte impatto organizzativo ed economico come le malattie croniche e quelle oncologiche. Le criticità rilevate da diversi osservatori e dalle organizzazioni di pazienti nel processo di aggiornamento dei LEA possono essere così sintetizzate:

  • la metodologia utilizzata dalla Commissione LEA per l’aggiornamento delle prestazioni non è mai stata resa esplicita e trasparente;
  • le ultime informazioni disponibili sulle richieste di aggiornamento pervenute al Ministero della Salute sono del 2022, grazie alla relazione della Corte dei Conti;
  • le procedure istituzionali per l’aggiornamento dei LEA sono in contraddizione con un SSN che dovrebbe stare al passo con le innovazioni tecnologiche e scientifiche e con le esigenze di salute dei cittadini: infatti, i tempi richiesti dalle procedure burocratiche si sommano a quelli della valutazione tecnica della Commissione LEA, rallentando enormemente l’introduzione delle innovazioni nel SSN;
  • in assenza di una consistente eliminazione dai LEA di prestazioni obsolete e dal valore modesto o negativo è impossibile liberare risorse da re-investire in prestazioni innovative;
  • il ritardo nell’approvazione e nell’entrata in vigore del “Decreto Tariffe” ha reso per molti anni inattuabili gli aggiornamenti proposti dalla Commissione LEA.

Il livello di adempimento dei LEA nelle diverse regioni italiane, nei tre ambiti della prevenzione e sanità pubblica, dell’assistenza distrettuale e dell’assistenza ospedaliera, è estremamente differenziato, come evidenzia il sistema di monitoraggio di AGENAS:

  • nel 2022 solo 13 Regioni risultano pienamente adempienti: Basilicata, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Provincia autonoma di Trento, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria e Veneto;
  • le altre 8 sono inadempienti: Abruzzo, Campania, Molise, Provincia autonoma di Bolzano, con un punteggio insufficiente in una sola area; Calabria, Sardegna e Sicilia con un punteggio insufficiente in due aree; Valle D’Aosta con un punteggio insufficiente in tutte le tre aree; 
  • l’area della prevenzione e della sanità pubblica risulta quella con il maggior numero di Regioni inadempienti (7), seguita dall’area distrettuale (5) e da quella ospedaliera (1).

Anche se il Nuovo Sistema di Garanzia (NSG) per il monitoraggio dei LEA – oggetto di alcune recenti polemiche tra istituzioni sanitarie nazionali e regioni – non prevede il calcolo di un punteggio sintetico per valutare gli adempimenti, è stata elaborata una classifica di regioni e province autonome sommando i punteggi ottenuti nelle varie aree; tale punteggio mostra ancora più chiaramente l’entità del divario Nord-Sud: infatti, ai primi 10 posti si trovano 6 Regioni del Nord, 4 del Centro e nessuna del Sud, mentre nelle ultime 7 posizioni si collocano solo Regioni del Sud, eccezion fatta per la Valle D’Aosta. Più in generale, si conferma che la frattura strutturale tra Nord e Sud del Paese non solo non accenna ad attenuarsi, ma addirittura continua ad ampliarsi.

Dal 2017 ad oggi la mancata copertura economica dei LEA ha condizionato, attraverso quattro Governi, la loro uniforme fruibilità a livello nazionale. In particolare, se per i nuovi LEA era già prevista un’entrata in vigore progressiva e subordinata ad una verifica della sostenibilità economica da parte delle Regioni, il ritardo pluriennale nella pubblicazione del Nomenclatore Tariffario ha di fatto trasformato il traguardo dei nuovi LEA in un’illusione collettiva, fino alla recente approvazione del nuovo Decreto Tariffe, entrato in vigore il 30 dicembre 2024. Ciò nonostante, il processo di aggiornamento dei “nuovi LEA” non si è ancora concluso compiutamente: devono ancora essere approvati alcuni decreti ministeriali e del Presidente del Consiglio dei Ministri che dovrebbero ampliare a partire dal 2025 le prestazioni garantite e che dovrebbero soprattutto consentire in futuro un più tempestivo e periodico aggiornamento dei LEA, come auspicato da tutti i portatori di interesse.

Anche nell’ambito delle sindromi ereditarie di predisposizione ai tumori il nostro sistema sanitario si presenta generalmente in forte ritardo, rispetto alle opportunità terapeutiche e preventive a livello internazionale e con un ingiustificabile divario tra le diverse regioni e all’interno delle stesse regioni. Sono pochissime le strutture ospedaliere dotate di PDTA Eredo Familiari in grado di offrire un approccio multidisciplinare in ogni fase dei percorsi (diagnosi, interventi chirurgici, terapie mediche, follow-up e prevenzione), sia per i soggetti affetti sia per i familiari sani ad alto rischio di malattia. La Fondazione Mutagens, in collaborazione con altre associazioni di pazienti affiliate a F.A.V.O. (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) ha elaborato e sottoposto alle istituzioni sanitarie nazionali e ad alcune istituzioni sanitarie regionali (Assessorati Salute/Welfare, Reti Oncologiche, Reti Malattie Rare) un’”Iniziativa Organica di Sanità Pubblica per la Prevenzione e la Cura di Precisione dei Portatori di Sindromi Ereditarie”, frutto di un confronto pluriennale con i principali stakeholder dell’Ecosistema Salute (Istituzioni Sanitarie, Società Scientifiche, Strutture Ospedaliere Primarie, Aziende Farmaceutiche e Biotech, Associazioni di Pazienti) e del coinvolgimento di un’ampia comunità di persone e famiglie portatrici di tali alterazioni genetiche. L’iniziativa si basa su tre pilastri principali:

  • l’estensione graduale e l’integrazione dei test somatici e genetici sia a fini terapeutici (medicina personalizzata) sia a fini preventivi (identificazione dei portatori affetti e sani);
  • l’armonizzazione a livello nazionale dei PDTA Regionali ed Ospedalieri Eredo Familiari per la presa in carico complessiva dei pazienti, a partire da quelli affetti;
  • la sperimentazione e l’avvio di un nuovo “Sistema di Sorveglianza e Prevenzione finalizzato alla diagnosi precoce per i portatori sani asintomatici”, frutto di un’integrazione tra le istituzioni sanitarie nazionali (Ministero Salute, AGENAS, Istituto Superiore Sanità), regionali (Dipartimenti di Prevenzione e Screening, Reti Oncologiche, Reti Malattie Rare), le Strutture Ospedaliere primarie (Centri Hub) e la Medicina Territoriale (Case di Comunità, Medici di Medicina Generale).

In ciascuno dei tre pilastri di tale iniziativa è indispensabile che i percorsi e i processi delineati siano accompagnati da una chiara e totale rimborsabilità delle prestazioni, ottenibile solo con il loro inserimento nei LEA. A maggior ragione in quanto esistono numerosi studi scientifici, a livello internazionale e nazionale, che dimostrano un elevato rapporto costi/benefici di tale approccio, a maggior ragione se venisse derubricato come investimento pluriennale in grado di produrre migliori esiti di salute e minori costi sanitari ricorrenti nel medio-lungo termine. Aggiungiamo che i portatori di sindromi ereditarie (oltre 1.250.000 persone) costituiscono un segmento di popolazione caratterizzato da “disparità genetica” (un maggior rischio di malattia nell’arco della vita): per tale motivo l’inserimento nei LEA di prestazioni a loro rivolte rientra pienamente nel ruolo istituzionale di un sistema sanitario vincolato a rimuovere ogni disuguaglianza di salute tra i cittadini. D’altra parte, l’esperienza passata dimostra che senza l’inserimento nei LEA nazionali delle prestazioni previste nei PDTA Eredo Familiari la disomogeneità dei percorsi e la diseguaglianza nella presa in carico dei pazienti sia inevitabile. Tale disparità è ormai diventata inaccettabile: solo poche regioni e limitati ospedali garantiscono l’accesso strutturato a tali servizi sanitari, senza oneri a carico dei pazienti, spesso costretti a ricorrere al canale solvente per non compromettere la propria salute. Nel Paese esistono aree di eccellenza, in alcuni Centri Riconosciuti, ma sono più il frutto della buona volontà di singoli professionisti sanitari che di un disegno consapevole di politica sanitaria. Questa frattura nel diritto alla salute si sta approfondendo sempre più, anche a causa della strutturale carenza di risorse economiche, umane e organizzative. Non si tratta solo di ingiustizia territoriale, ma di una forma di disuguaglianza sanitaria che si insinua nei momenti più delicati della vita di persone ad alto rischio genetico e delle loro famiglie. Inserire queste prestazioni nei LEA non è solo un atto tecnico e politico ma deve diventare una scelta di civiltà: condurre a sistema e mettere a disposizione di tale popolazione ciò che già la scienza e la clinica considerano già indispensabile. Significa riconoscere che la prevenzione non è un lusso, ma un diritto fondamentale per la salute. Significa investire su cure più tempestive, più efficaci e, alla lunga, anche più sostenibili.

La Fondazione Mutagens rinnova e rilancia il proprio impegno per un cambiamento normativo e amministrativo che colmi questo ritardo. Chiediamo che i diritti sanciti sulla nostra Carta Costituzionale diventino effettivi nella vita di tutti i giorni, ovunque, per tutti e non solo per i soggetti ad alto rischio.

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