Sindrome di Lynch: se la conosci, la puoi affrontare

Avviato il Progetto Pro-Lynch, ideato da Fondazione Mutagens e FAVO con la sponsorship di GSK, per promuovere una maggiore conoscenza di questa sindrome ereditaria di predisposizione al cancro e migliorare la presa in carico dei portatori affetti e dei familiari sani a rischio

Sebbene la Lynch sia la seconda sindrome ereditaria di predisposizione al cancro per frequenza, con una prevalenza di circa una persona su 300, la metà rispetto alla più nota sindrome tumorale legata a varianti patogenetiche BRCA, c’è ancora una scarsa conoscenza nella popolazione e anche nel mondo clinico e scientifico.

Per cercare di colmare questa lacuna, Fondazione Mutagens e FAVO (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia), con il sostegno di GSK, hanno avviato il Progetto Pro-Lynch. L’obiettivo dell’iniziativa è duplice: da una parte si vuole favorire una maggiore consapevolezza su tale sindrome e dall’altra promuovere l’attuazione di una serie di misure per migliorare la presa in carico dei portatori che hanno già sviluppato neoplasie e dei familiari sani a rischio.

Salvo Testa

Identificazione dei portatori

La sindrome di Lynch è associata al difetto in uno dei quattro geni coinvolti nella riparazione di alcuni “errori” generati durante la replicazione del DNA (geni del mismatch repair, quali MLH1, MSH2, MSH6 e PMS2), a cui si aggiunge un quinto gene, EPCAM, che pur non facendo parte di questo sistema, può influenzare l’attività del gene MSH2. La presenza di varianti patogenetiche in questi geni predispone allo sviluppo di diversi tumori, in particolare del colon-retto e dell’endometrio, e, in misura minore, a neoplasie in altre sedi, quali ovaio, stomaco, rene e ureteri, piccolo intestino, cervello, cute, pancreas e vie biliari.

«Identificare le persone con la sindrome di Lynch è di cruciale importanza sia per chi ha già una diagnosi di cancro sia per i familiari, al fine di impostare efficaci protocolli di sorveglianza oncologica sugli organi a rischio – premette Salvo Testa, presidente di Fondazione Mutagens -. Oltretutto oggi l’identificazione dei portatori affetti dalla sindrome di Lynch è molto più semplice ed economica rispetto a quella di altre sindromi tumorali ereditarie, grazie al cosiddetto test universale. Ricordiamo che ogni portatore, maschio o femmina, ha una probabilità del 50% di trasmettere ai propri figli la stessa alterazione genetica e che questa, in ogni caso, richiede la maggiore eta e il consenso diretto dell’interessato per essere accertata».

Il test universale

Le linee guida internazionali, le raccomandazioni AIOM e i decreti di alcune regioni in Italia raccomandano che chiunque venga diagnosticato per un tumore al colon-retto e all’endometrio sia sottoposto al test universale con lo scopo di identificare un deficit del mismatch repair.

«Il test universale è parte di un esame immunoistochimico, poco costoso ed eseguibile da tutte le anatomie-patologiche, che valuta l’espressione delle proteine coinvolte (MSH2, MSH6, MLH1e PMS2) e quando almeno una di queste è assente, significa che ci troviamo di fronte a un campanello di allarme per la sindrome di Lynch che deve indurre a indirizzare il paziente alla consulenza genetica. Durante la consulenza genetica, il genetista valuta la storia familiare del paziente e l’opportunità di eseguire il test genetico sul sangue, per accertare la presenza delle specifiche alterazioni genetiche germinali che diagnosticano la sindrome di Lynch. Purtroppo, però, il test universale, pur essendo oggetto di una Raccomandazione AIOM del 2022, non è ancora nei LEA e non è diffuso ovunque come dovrebbe. Si stima che attualmente solo il 20-25% del totale dei casi eleggibili vengano indirizzati al test universale, con il risultato che molti malati di tumore al colon-retto e all’endometrio, sfuggono alla identificazione».

Le lacune da colmare

I limiti e le carenze nella diagnosi genetica della sindrome di Lynch hanno numerose ripercussioni negative. Innanzitutto impediscono l’accesso dei soggetti malati a terapie innovative, in particolare all’immunoterapia che si sta dimostrando molto efficace in presenza di difetti del mismatch repair e della sindrome di Lynch. «Non solo – aggiunge Testa – la mancata intercettazione dei portatori impedisce l’accesso alla chirurgia (oncologica sul colon e anche profilattica su utero e ovaio, dopo il completamento del ciclo riproduttivo) e ai percorsi di sorveglianza sugli organi a rischio, che comprendono, oltre al colon-retto e all’endometrio, anche prostata, ovaio, vie urinarie, stomaco e pancreas».

Accanto al nodo dell’identificazione dei portatori, ci sono anche altre criticità su cui c’è ancora molto da fare, a partire dai Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA) per la sindrome di Lynch, ancora poco diffusi, fino ad arrivare alla questione ancora “incerta” sul piano “formale” relativa all’impiego dell’aspirina nella prevenzione farmacologica dei tumori del colon-retto. «Nonostante numerose evidenze a favore dell’efficacia dell’aspirina, oggi non si può prescrivere “ufficialmente” tale farmaco, in assenza di una approvazione ministeriale, benché molti gastroenterologi ne suggeriscano l’impiego ai propri pazienti (sulla base delle evidenze di diversi studi scientifici internazionali) e diversi portatori, già malati e sani, la utilizzino».

Laura Del Campo

Il progetto di Fondazione Mutagens e FAVO

Sono diversi i fronti su cui si articola il progetto di comunicazione e sensibilizzazione sulla sindrome di Lynch, promosso da Fondazione Mutagens e FAVO, come spiega Testa. «Innanzitutto stiamo facendo il punto su vari aspetti relativi alla sindrome, dalla contesto epidemiologico a quello normativo, dalle linee guida e linee di indirizzo sui PDTA Regionali e ospedalieri, fino al censimento dei Centri specializzati, con ambulatori e percorsi dedicati a tali soggetti. Inoltre stiamo avviando un’indagine tra i portatori della comunità di Mutagens per raccogliere direttamente da loro criticità, bisogni e aspettative».

«Stiamo dando vita anche a una campagna di informazione e comunicazione attraverso i nostri canali web e social media, con interviste ad esperti clinici ed eventi online aperti ai portatori. Inoltre stiamo realizzando una breve brochure informativa che possa essere d’aiuto ai pazienti e ai portatori sani per accrescere la consapevolezza sulla loro presa in carico – racconta Laura Del Campo, direttore di FAVO -. Infine sono previsti un Position Paper e una “Call to action Pro-Lynch”, volti a portare all’attenzione delle istituzioni sanitarie, degli stakeholder e dei media, le criticità e le proposte di miglioramento per questa specifica popolazione»

«C’è ancora tanto da fare per promuovere la conoscenza della sindrome di Lynch e penso che sia anche eticamente giusto dedicare una maggiore attenzione a questa condizione ancora troppo poco conosciuta e attenzionata, anche nel mondo scientifico e clinico (nazionale e internazionale), come se si trattasse di “una sindrome di un dio minore”, forse per non avere ancora annoverato tra i propri portatori illustri testimonial come Angelina Jolie e Bianca Balti» conclude Testa.

Antonella Sparvoli

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