Requisiti essenziali per valutare le reti oncologiche

Il cancro richiede una cura multidisciplinare e multidimensionale che solo un’assistenza integrata tra ospedale e territorio può garantire. È però necessario un rafforzamento delle attività di monitoraggio e di valutazione delle reti, come sottolinea un capitolo dedicato all’interno dell’ultimo Rapporto FAVO

Il Piano Oncologico Nazionale (PON) 2023-2027 sottolinea il ruolo centrale che le Reti oncologiche devono avere per favorire una cura sempre più integrata tra ospedale e territorio, riconoscendo come il modello organizzativo della rete sia il più indicato per una presa in carico multidisciplinare e multidimensionale dei pazienti oncologici.

Ad oggi la situazione in Italia è molto variegata, con reti pienamente funzionanti in alcune regioni e altre ancora in fase di progettazione. Per promuovere uno sviluppo omogeneo, l’accordo Stato-Regioni del 26 luglio del 2023 ha approvato il documento “Requisiti essenziali per la valutazione delle performance delle Reti oncologiche” e, sempre nello stesso anno, è stato approvato un altro documento che mette in risalto il ruolo delle Associazioni di volontariato, di malati e di attivismo civico nelle reti oncologiche. Ora, come sottolinea il primo capitolo del 16° Rapporto FAVO sull’assistenza al malato oncologico, di cui riprendiamo i punti salienti in questo approfondimento, non resta che passare dall’intesa all’applicazione. 

Comunicazione tra ospedale e territorio

Il paziente oncologico non può fare affidamento solo sulla struttura ospedaliera che lo prende in carico nel momento iniziale della diagnosi e della terapia, ma deve trovare punti di riferimento anche a livello territoriale. L’integrazione ospedale territorio è diventata quindi un aspetto fondamentale per un’ottimale gestione dei pazienti, come sottolineano nel primo capito del Rapporto FAVO, Gianni Amunni, direttore operativo dell’Istituto Toscano Tumori e Massimo Aglietta dell’Istituto per la Ricerca sul Cancro, Fondazione del Piemonte per l’Oncologia Candiolo. «È evidente a tutti che alcune attività (riabilitazione, supporto nutrizionale, psiconcologia, floow up non intensivo, azioni mirate di prevenzione primaria e secondaria) trovano più razionale collocazione a livello territoriale, ma sembra opportuno provare a spingersi oltre nella “delocalizzazione” anche della gestione di alcune tossicità o della somministrazione di terapie a basso impatto assistenziale. La scommessa è di mettere a disposizione dell’oncologia nuovi setting assistenziali in ambito territoriale in cui declinare in maniera più appropriata ed “ergonomica” il percorso del paziente oncologico».

Perché ciò avvenga, sostengono i due esperti, serve una regia unica dell’oncologia ospedaliera che consideri il territorio un nodo importante della rete oncologica regionale. Va inoltre valorizzato il percorso anziché la singola prestazione, senza dimenticare l’importanza delle tematiche inerenti la privacy che potrebbero essere da ostacolo a questa nuova organizzazione.

Il ruolo delle associazioni di volontariato

Ormai da tempo le associazioni di volontariato giocano un ruolo importante per il raggiungimento delle finalità del Servizio sanitario nazionale (SSN) e questo vale anche nell’ambito delle reti oncologiche.

Presso Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), l’Osservatorio per il monitoraggio delle Reti Oncologiche ha definito i requisiti essenziali per la loro valutazione e tra questi rientra il coinvolgimento delle associazioni di pazienti. FAVO ha partecipato attivamente alla stesura delle indicazioni operative insieme agli esperti di Agenas, rappresentando il volontariato oncologico in tutte le sue articolazioni.

Il monitoraggio esterno delle Reti oncologiche

Il monitoraggio dello stato di attuazione delle Reti oncologiche rappresenta un momento chiave per la valutazione dell’efficienza delle azioni organizzative messe in atto nelle regioni. Accanto al monitoraggio interno, sviluppato in ambito regionale, è previsto il monitoraggio esterno a carico dell’Osservatorio delle Reti oncologiche di Agenas. «L’Osservatorio conduce attivamente le sue attività elaborando sia periodiche indagini e monitoraggio sullo stato di attuazione e del funzionamento delle Reti Oncologiche Regionali (ROR), sia documenti su tematiche specifiche che vengono portati all’attenzione in sede di Conferenza Stato-Regioni» spiega Manuela Tamburo De Bella, dirigente medico Responsabile della UOS Reti Cliniche Ospedaliere e Monitoraggio di Agenas.

Agenas si pone quindi come guida nell’accompagnamento ai processi di governance in ottemperanza ai mandati istituzionali dell’Agenzia e al Piano Oncologico Nazionale 2023-2027.

Le caratteristiche di una Rete oncologica efficiente

Come stabilire se una rete funziona come dovrebbe vanno considerati alcuni elementi fondamentali, come sottolinea Pierfranco Conte, presidente di Periplo. «Tra i principali criteri vi è l’adozione di PDTA (Piani Diagnostico Terapeutici Assistenziali) per i quali va verificato il numero, la frequenza di aggiornamento, e la presenza nel loro contesto di indicatori di processo ed esisti rilevabili da data base regionali, riguardanti tutte le fasi delle patologie, dalla diagnosi alla terapia».

Inoltre, secondo l’esperto, occorre chiarire i criteri adottati per identificare i centri di riferimento per ciascun PDTA. Altrettanto importante è che ogni rete regionale possa contare su un Molecular Tumor Board, con specifiche definite da delibere regionali. Resta invece ancora da risolvere la questione del rimborso dei test e dei farmaci potenzialmente attivi indentificati in base alla analisi mutazionali.

«È molto importante che per ogni Rete Oncologica sia ben definita la Governance regionale con una chiara identificazione dei coordinamenti e dei tavoli tecnici operanti per specifico settore. Ad oggi esiste ancora disomogeneità nel paese per quanto attiene ai modelli adottati ed agli atti di Governance, spesso poco chiari e limitanti l’efficacia del sistema» conclude Conte.

L’utilizzo dei real-world data

Nell’ultima parte del capitolo del Rapporto FAVO dedicato alle reti oncologiche, All Can Italia, coalizione multistakeholder che raggruppa pazienti, clinici, esperti sanitari e industria, sottolinea il ruolo cruciale che le ROR possono svolgere nel promuovere l’utilizzo dei dati real-world (RWD ovvero i dati relativi allo stato di salute dei pazienti e all’erogazione di servizi sanitari durante la normale pratica clinica) provenienti da diverse fonti e setting assistenziali con finalità di ricerca clinica e monitoraggio.

«Utilizzando i RWD, le reti oncologiche otterrebbero una visione completa delle tempistiche di presa in carico dei pazienti, dell’aderenza alle linee guida e dell’efficacia dei trattamenti. Potrebbero inoltre identificare eventuali disparità nell’accesso alle cure e adottare misure correttive per garantire un’equità di accesso e trattamento» scrivono gli esperti di All Can Italia.

Esistono però alcune criticità che devono essere risolte che riguardano la natura e la sensibilità dei RWD; la tipologia di fonti e l’accessibilità dei dati; nonché l’adeguatezza e la qualità dei dati raccolti per garantire la generazione di solide evidenze. All Can Italia ha individuato alcune strategie di miglioramento, a partire dall’adozione di standard comuni per la raccolta, l’organizzazione, la registrazione e la classificazione dei dati sanitari alla conseguente necessità di un’adeguata formazione del personale sanitario coinvolto nella loro raccolta, garantendo un livello appropriato di competenze digitali perché possano sfruttare il potenziale offerto dalle soluzioni tecnologiche e digitali, e altresì rispondere alle esigenze informative del paziente in merito all’utilizzo dei propri dati personali sanitari.

Dal DRG alla remunerazione di percorso

I sistemi sociosanitari di oggi e del prossimo futuro dovranno misurarsi sempre più con prevalenze legate alla cronicità, che richiedono una presa in carico complessiva e continuativa. Proprio per tale motivo, come fa notare in chiusura del capitolo Attilio Bianchi, direttore dell’IRCCS Giovanni Pascale di Napoli e coordinatore della Rete Oncologica Campana, i parametri logici finora utilizzati per disegnare le nostre organizzazioni assistenziali vanno riveduti e modificati, sostituendo l’enfasi sul percorso alla visione dicotomica Ospedale e Territorio. «Avevamo diviso il mondo in Ospedale e Territorio, sono 40 anni che parliamo di integrarli, inconsapevoli di quanto i previsti meccanismi
di finanziamento e remunerazione incrementino la frammentazione» osserva Bianchi.

«Dobbiamo passare dalla sanità dei consumi alla sanità degli esiti – continua l’esperto -. Bisogna pertanto uscire dalla logica secca di remunerazione a prestazione, ricercando di proporre meccanismi di finanziamento e remunerazione collegati agli outcome, che finanzino il raggiungimento di obiettivi di salute di volta in volta condivisi e la partecipazione ai percorsi individuati come gold standard: quindi indicatori di processo e di outcome, e non più soltanto di volumi di prestazioni. Forse in tal modo riusciremo ad evitare che le complessità crescenti, comunque finanziate, spazzino via i nostri sistemi di welfare».

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