Rapporto FAVO: Piano oncologico “dalle parole ai fatti”

In occasione della presentazione del documento sull’assistenza ai malati oncologici, il monito della Federazione delle associazioni di volontariato a costituire subito una cabina di regia per rendere operativo il PON

A distanza di un anno dalla sua approvazione, il Piano Oncologico Nazionale (PON) non è operativo e le sue indicazioni sono totalmente disattese. A rimarcare la triste realtà dei fatti è la Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia (FAVO), in occasione della presentazione del XVI Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, identificando le priorità su cui intervenire con urgenza. Reti Regionali Oncologiche, realizzazione e diffusione dei Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali (PDTA), programmazione e valorizzazione del personale del servizio sanitario nonché attivazione della Rete Nazionale Tumori Rari sono i punti fondamentali identificati per migliorare l’assistenza ai pazienti e per i quali FAVO richiede che venga istituita una cabina di regia nazionale che ne monitori l’attuazione.

La crisi del servizio sanitario

«È sotto gli occhi di tutti che, per la sanità pubblica, è venuto meno l’universalismo delle prestazioni, penalizzando particolarmente le persone socialmente più fragili e vulnerabili – osserva Francesco De Lorenzo, presidente FAVO –. È sempre più netta la distinzione tra cittadini che possono curarsi, ma con risorse proprie, e coloro che invece sono costretti a rinunciarvi. Il ricorso alla spesa privata è in forte crescita. Il Servizio Sanitario ha perso così, senza che il cambiamento fosse governato, la sua funzione di strumento di coesione sociale, ma soprattutto la sua natura di servizio universale».

Per rimediare e invertire la tendenza è necessaria una forte e condivisa volontà politica per finanziare la sanità. Secondo De Lorenzo occorrono almeno investimenti selettivi in oncologia che può rappresentare un laboratorio di soluzioni valide per tutto il sistema e magari trainarne la ripresa.

La cabina di regia

Sebbene la sopravvivenza per i tumori sia aumentata, raggiungendo il 60% a 5 anni, e quasi 4 milioni di cittadini vivono dopo la diagnosi, le difficoltà che sta attraversando la sanità italiana sono evidenti e in ambito oncologico riguardano molteplici aspetti, dagli screening, con differenze di copertura notevoli tra Nord e Sud Italia, alle difficoltà di accesso ai test di biologia molecolare, ai percorsi terapeutici, ai programmi di riabilitazione fisica e psico-sociale, alla ricerca. «Da qui la richiesta di istituire quanto prima la Cabina di regia nazionale (prevista dall’art 1, comma 2, dell’Intesa Stato Regioni del 26 gennaio 2023 concernente il PON) – chiosa  Elisabetta Iannelli, segretario FAVO – che monitori il Piano, ne valuti i risultati e individui i necessari incentivi per le Regioni, anche mediante un’interazione strutturata dei diversi livelli istituzionali sia a livello nazionale (Ministero della Salute, AGENAS, AIFA e ISS), che regionale, con il coinvolgimento attivo del mondo professionale, delle società scientifiche e delle Associazioni dei pazienti».

E pare che qualcosa si stia in effetti muovendo, almeno stando alle parole di Francesco Vaia, direttore della prevenzione del ministero della Salute «a breve d’intesa con il ministro della Salute, Orazio Schillaci, avvieremo la cabina di regia per monitorare l’attuazione del Piano oncologico nazionale. Si tratta di uno strumento concreto che consentirà di superare le diseguaglianze d’accesso alle cure e all’assistenza nel Paese, perché purtroppo la differenziazione regionale è troppo evidente oggi. Al di là di quello che la politica deve fare e farà, noi abbiamo il dovere, come ministero, di uniformare, incentivare e anche fare in modo che chi fa più fatica sia aiutato».

Reti oncologiche e PDTA

La realizzazione delle Reti oncologiche è sicuramente un punto di partenza fondamentale del PON, come sottolinea Francesco Perrone, presidente AIOM (Associazione italiana di oncologia medica). «Il Piano punta alla piena realizzazione in tutte le Regioni delle Reti oncologiche per favorire un’assistenza sempre più integrata tra l’ospedale e il territorio, implementare la digitalizzazione e valorizzare il ruolo di medici di medicina generale. Si tratta di un imprescindibile modello organizzativo che, unito ad un approccio multidisciplinare, garantisce la migliore presa in carico dei pazienti. Tutto questo richiede un’importante e trasparente attività di coordinamento, grazie alla collaborazione tra le Istituzioni, le società scientifiche e le associazioni dei pazienti».

Di pari passo con le Reti oncologiche devono andare i PDTA, fondamentali per il loro funzionamento. «I PDTA consentono di migliorare la qualità delle cure, ma nel Piano Oncologico Nazionale non è prevista nessuna indicazione sulle risorse indispensabili per coprire figure necessarie quali i clinical study coordinator, gli psiconcologi, i nutrizionisti o i fisiatri. Allo stesso modo, non vengono individuati e definiti i percorsi per la continuità e integrazione assistenziale tra ospedale e territorio – constata Carmine Pinto, past-president FICOG (Federation of Italian Cooperative Oncology Groups) -. Si dovranno ridisegnare i PDTA per una presa in carico anche territoriale con team multidisciplinari allargati e con il coinvolgimento dei medici di medicina generale. Questo permetterà di riaffermare il concetto di “regia unica” per l’intero percorso oncologico e di garantire il monitoraggio del paziente anche con controlli di prossimità»

© 2022 Fondazione Mutagens ETS. Tutti i diritti riservati.

Leggi altre notizie