PDTA per i tumori eredo-familiari: l’esempio virtuoso del modello campano

Da alcuni anni in Campania sono stati definiti percorsi diagnostico terapeutici per le sindromi ereditarie di predisposizione al cancro che potrebbero servire da esempio per le altre regioni. Ne parliamo con Sandro Pignata, responsabile della Rete oncologica regionale

È ormai giunto alla sesta edizione il Percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) della Regione Campania per le sindromi tumorali ereditarie. Il modello campano per la presa in carico dei pazienti ad alto rischio di tumori, sani e già malati, è molto ben strutturato e potrebbe fare da apripista per la costituzione di servizi analoghi nelle altre regioni italiane. Ne analizziamo gli aspetti salienti con Sandro Pignata, responsabile delle Rete oncologica campana, oltre che direttore della Divisione di oncologia medica del Dipartimento di Uro-ginecologia dell’Istituto nazionale dei tumori di Napoli.

Sandro Pignata

Il modello campano

«Il PDTA per le sindromi tumorali ereditarie, come tutti i PDTA della Rete oncologica campana, viene aggiornato annualmente e di anno in anno si aggiungono nuovi punti – premette Pignata -. In particolare sul fronte delle sindromi ereditarie, si è partiti da PDTA specifici per i tumori ereditari di mammella, ovaio e colon-retto per poi aggiungerne altri per le neoplasie ereditarie a carico di prostata, pancreas e, da quest’anno, per melanoma e cancro dell’endometrio».

Il modello organizzativo campano è basato essenzialmente su centri di riferimento (con tutte le prestazioni, anche le più complesse come la genetica e gli interventi chirurgici profilattici) e presidi ospedalieri territoriali con il coinvolgimento anche dei medici di medicina generale.

Per garantire un accesso equo a tutti i cittadini è stato emanato un decreto regionale ad hoc, chiamato Decreto 100.

«Il Decreto 100, che è stato emanato a seguito dei primi PDTA regionali, ha dato gratuità ai test molecolari per lo screening delle varie mutazioni germinali nei soggetti malati e per lo screening a cascata dei familiari – spiega Pignata -. Inoltre il decreto prevede l’esenzione dal ticket per i soggetti sani mutati e copre anche le procedure chirurgiche di riduzione del rischio, a partire dall’annessiectomia profilattica per l’ovaio».

Centri di riferimento e GOM

In Campania sono stati identificati sei centri, uno per milione di abitanti, che si occupano dei tumori ereditari, ognuno dei quali ha un Gruppo oncologico multidisciplinare (GOM) specifico per le sindromi ereditarie. Questi sei centri prendono in carico le richieste che vengono dagli altri GOM “generici” della regione. «Per esempio un centro che ha un GOM per il tumore della mammella che sta a Benevento, dove non c’è un centro per i tumori ereditari, può inviare il paziente con sospetta sindrome ereditaria a uno dei sei centri che si occupano di tumori ereditari» specifica Pignata.

L’invio del paziente a uno dei sei centri di riferimento avviene attraverso una piattaforma informatica.

La piattaforma informatica

La piattaforma informatica (pensata per tutte le neoplasie, non solo quelle ereditarie) serve per seguire il percorso di tutti i pazienti oncologici nella regione dal territorio verso i GOM e di nuovo dai GOM verso il territorio.

«Nella piattaforma c’è la possibilità che un qualsiasi GOM per le patologie che sono oggetto di PDTA ereditari possa inviare una richiesta di presa in carico a uno dei sei centri. Questa funzione è stata abilitata anche per i medici di medicina generale – spiega Pignata -. Il coinvolgimento dei medici di medicina generale, che riguarda in generale tutti i tumori (ereditari e non), è stato fatto per fare in modo che i pazienti con cancro o sospetto di familiarità vengano inviati tempestivamente ai GOM e combattere così il ritardo diagnostico. Avere una piattaforma informatica, ci permette anche di rendicontare. In questo momento, per esempio, si stanno facendo circa 2000 consulenze oncogenetiche all’anno».

I punti di forza

«Il sistema funziona bene anche se c’è margine di miglioramento. Per fare passi avanti serve un’informazione capillare sulla popolazione e sui medici sulla necessità di prestare attenzione alla familiarità per i tumori e quindi avviare l’iter per la diagnosi e la successiva presa in carico – osserva Pignata -. Uno dei punti cardine del nostro sistema è l’equità: qualsiasi paziente, indipendentemente da dove è curato, può accedere al percorso. Inoltre la presa in carico è prevista sia per i soggetti che hanno già avuto una diagnosi di tumore sia per i sani a rischio, con la possibilità di accedere a protocolli di sorveglianza e prevenzione personalizzati a seconda della sindrome ereditaria di predisposizione al cancro».

Il riconoscimento dei tumori eredo-familiari consente l’adozione di strategie preventive per ridurre l’incidenza di queste neoplasie e migliorarne la prognosi, con benefici per la sopravvivenza dei pazienti e il contenimento dei costi sanitari.

Le prospettive

Il modello Campano potrebbe essere un riferimento a livello nazionale. Per ora è già stato fatto un accordo tra la Regione Campania e la Regione Sicilia per la condivisione della piattaforma informatica della Rete oncologica campana, che è un sistema che va oltre i tumori ereditari, ma che in Sicilia verrà adottata solo per le sindromi ereditarie.

«L’attività sui tumori ereditari sta crescendo progressivamente, ma per consentire al sistema di funzionale nel migliore dei modi è fondamentale che siano messe a disposizione risorse umane e venga ben compreso, anche a livello regionale, il valore in termini di prevenzione che hanno i sei centri di riferimento. Occorre dotarli di quello che serve in termini di personale e attrezzature per evitare che vadano in affanno. Questo è il tassello che bisognerà colmare nei prossimi anni» conclude Pignata.

Il punto di vista della Fondazione Mutagens

«Il “modello Campania” dei PDTA tumori ereditari è di grande interesse per la concreta programmazione e attuazione della presa in carico dei soggetti portatori di sindromi genetiche di predisposizione ai tumori – sostiene Salvo Testa, presidente di Fondazione Mutagens -. In primo luogo, la Campania è stata la prima regione in Italia a integrare nel PDTA tutte le sindromi ereditarie, evitando una frammentazione tra le stesse che non produce le opportune sinergie nelle competenze e nelle risorse (genetica, chirurgia, terapia oncologiche, diagnostica, ecc.). Inoltre, oltre a definire in modo completo i “percorsi clinici dei pazienti”, si sono deliberate contestualmente le risorse economiche necessarie ad attuarli: la rimborsabilità di tutte le prestazioni previste (inclusi i test genetici e gli interventi chirurgici profilattici) e le esenzioni dal pagamento del ticket per i soggetti sani in sorveglianza intensificata. Infine, si è anche attuato uno specifico modello organizzativo (Centri di riferimento e presidi ospedalieri territoriali, Hub&Spoke) che consente sinergie tra le principali strutture ospedaliere e garantisce l’accesso ai percorsi di tutti i soggetti interessati, siano essi già affetti oppure familiari sani a rischio di malattia».

Punto di riferimento per le altre regioni italiane

La validità del sistema organizzativo della Regione Campania ha trovato conferma anche in un documento appena approvato dal Gruppo di lavoro AGENAS sulle nuove linee di indirizzo per l’attuazione dei PDTA regionali tumori ereditari, in cui proprio il “modello campano” è stato valutato come un utile punto di riferimento cui ispirare l’approvazione, l’aggiornamento e l’attuazione di tali PDTA in tutte le Regioni italiane. Nei prossimi mesi tale documento sarà inviato a tutti i responsabili delle Reti oncologiche per la sua auspicabile implementazione in tutta Italia.

Antonella Sparvoli

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