Melanoma: terapia neoadiuvante riduce i tempi di cura

Il trattamento immunoterapico prima dell’intervento chirurgico potrebbe portare a un cambiamento importante negli attuali standard di cura. Lo hanno segnalato gli esperti intervenuti al primo congresso INNOVATE – International Neoadjuvant Immunotherapy Across Cancers

L’immunoterapia neoadiuvante, ovvero prima dell’asportazione chirurgica di un tumore, oggi è approvata nel tumore al seno triplo negativo e nel carcinoma polmonare non a piccole cellule resecabile. Ma in un prossimo futuro potrebbe diventare lo standard anche per altre neoplasie, a partire dal melanoma fini ad arrivare ai tumori di vescica, colon-retto ed esofago-stomaco. A fare il punto sulle applicazioni presenti e future di questo approccio terapeutico sono stati gli esperti intervenuti al primo congresso INNOVATE – International Neoadjuvant Immunotherapy Across Cancers, tenutosi di recente a Napoli.

Immunoterapia pre-chirurgica

«La crescente consapevolezza dell’efficacia dell’immunoterapia in molti casi di tumore avanzato e metastatico ha rapidamente portato allo studio di questo trattamento anche nella malattia in fase iniziale –  riferisce Paolo Ascierto, presidente del congresso oltre che presidente della Fondazione Melanoma e direttore dell’Unità di Oncologia melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative dell’Istituto Pascale di Napoli -. Negli ultimi anni, in particolare, sono stati compiuti numerosi studi sull’utilizzo dell’immunoterapia neoadiuvante, il trattamento che precede l’intervento chirurgico, e i risultati raggiunti in alcuni hanno cambiato, o lo faranno molto presto, la pratica clinica».

Anche se oggi è approvata solo per il tumore mammario triplo negativo e il carcinoma polmonare non a piccole cellule resecabile, ad aprire la strada all’uso dell’immunoterapia neoadiuvante sono stati gli studi sul melanoma metastatico.

Lo studio sul melanoma metastatico

Di recente sono stati pubblicati, sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine, i risultati dello studio internazionale di fase III NADINA, nel quale sono stati coinvolti 423 pazienti con melanoma di stadio III operabile. I partecipanti sono stati divisi in due gruppi: il gruppo di intervento ha ricevuto due cicli con gli immunoterapici ipilimumab-nivolumab seguiti poi dall’intervento chirurgico, mentre i pazienti del gruppo di controllo sono stati sottoposti prima all’intervento chirurgico e poi hanno ricevuto 12 cicli di immunoterapia adiuvante, cioè post-intervento.
«Dopo un follow-up mediano di 9,9 mesi la sopravvivenza libera dalla progressione della malattia è stata significativamente più duratura nel gruppo di pazienti che hanno ricevuto l’immunoterapia prima dell’intervento chirurgico con un tasso, a 12 mesi, pari all’84% contro il 57% dei pazienti passati prima sotto al bisturi – specifica Ascierto -. Vantaggi sostanziali con l’immunoterapia neo-adiuvante sono stati riscontrati anche sul rischio recidiva tanto che in 6 pazienti su 10 sottoposti a terapia neoadiuvante, il trattamento post-intervento è diventato superfluo».

Le prospettive

Sembrano quindi non esserci più dubbi sull’efficacia dell’immunoterapia neoadiuvante che permette di ridurre i tempi di cura con vantaggi sia sulla qualità della vita dei pazienti sia sulla spesa sanitaria pubblica.

L’auspicio ora è che i nuovi dati portino presto a un cambiamento importante negli attuali standard di cura. «L’immunoterapia neoadiuvante presenta un vantaggio significativo che ora non si può più ignorare» conclude Ascierto. 

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