L’immunoterapia aiuta a combattere meglio il tumore della cervice

Con la immuno-chemioradioterapia l’82% delle pazienti con cancro del collo d’utero è vivo a tre anni. Lo rivelano nuovi dati presentati all’ESMO

Nuovi dati presentati a Barcellona in occasione del Simposio presidenziale del Congresso dell’European Society for Medical Oncology (ESMO), e pubblicati in contemporanea sulla rivista The Lancet, segnano in modo chiaro un cambio di passo nel trattamento del tumore della cervice uterina localmente avanzato. L’immunoterapia con pembrolizumab, in combinazione con la chemioradioterapia concomitante, ha ridotto il rischio di morte del 33% rispetto alla sola chemioradioterapia e la sopravvivenzaglobale delle pazienti a tre anni ha superato l’82%.

Lo studio KEYNOTE-A18

A presentare i nuovi dati, tratti dallo studio KEYNOTE-A18, è stata la stessa coordinatrice Domenica Lorusso, professoressa ordinaria di Ostetricia e Ginecologia alla Humanitas University e direttrice del Programma di ginecologia oncologica Humanitas San Pio X di Milano.

«Il tumore della cervice uterina è una delle cause principali di morte da cancro nelle donne a livello globale, ma i progressi terapeutici degli ultimi anni non hanno dimostrato un beneficio di sopravvivenza significativo per le pazienti con malattia localmente avanzata ad alto rischio – ha affermato l’esperta -. La combinazione di pembrolizumab con la chemioradioterapia concomitante esclusiva aumenta in modo statisticamente significativo e clinicamente rilevante la sopravvivenza globale in queste pazienti. Per la prima volta in oltre 20 anni in cui non vi sono stati reali progressi, questa combinazione cambia lo standard di cura, finora rappresentato dalla sola chemioradioterapia concomitante».

I dati aggiornati

Nello studio sono state coinvolte più di 1000 pazienti in tutto il mondo, metà delle quali sono state trattate con l’attuale cura standard rappresentata dalla radiochemioterapia, seguita da brachiterapia. Nell’altra metà delle partecipanti alla terapia standard è stato aggiunto il farmaco immunoterapico pembrolizumab, seguito da una terapia di mantenimento con lo stesso medicinale.  I dati aggiornati, che includono anche la sopravvivenza globale, mostrano appunto che l’aggiunta di pembrolizumab è in grado non solo di aumentare la sopravvivenza libera da progressione di malattia (ovvero il tempo prima che il tumore riprende a crescere), ma anche di ridurre il rischio morte, consolidando il valore della nuova combinazione. L’aggiunta dell’immunoterapia con pembrolizumab consentirà di portare a una potenziale guarigione un maggior numero di pazienti.

Il tumore del collo dell’utero e la prevenzione

«Il tumore della cervice uterina colpisce spesso donne giovani, impegnate nella professione e nella famiglia, con figli piccoli. Inoltre, è una neoplasia molto sintomatica e dolorosa, che impedisce una vita sociale – ha osservato Francesco Perrone, presidente AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) -. Da qui l’importanza dell’innovazione che offre terapie che migliorano la sopravvivenza e permettono di ottenere, in alcuni casi, l’importantissimo obiettivo della guarigione».

Perrone ha sottolineato anche l’importanza della prevenzione con la vaccinazione contro l’HPV, il Papillomavirus umano, la più frequente infezione sessualmente trasmessa e causa principale del tumore del collo dell’utero.

«È necessario agire su tre aree di intervento: la prevenzione primaria con il miglioramento della copertura vaccinale contro l’HPV, la prevenzione secondaria con lo screening attraverso il Pap test o il test HPV e l’accesso ai trattamenti per lesioni o cancro della cervice uterina» ha sottolineato il presidente AIOM.

Nuove prospettive anche per l’endometrio

L’immunoterapia è una strategia terapeutica promettente anche per altre neoplasie ginecologiche, a partire dal tumore dell’endometrio, come evidenziato da altri dati presentati all’ESMO.

Nelle pazienti con tumore all’endometrio avanzato o recidivato, l’aggiunta dell’immunoterapia con il farmaco dostarlimab alla chemioterapia permette di ridurre il rischio di progressione di malattia e allunga il tempo prima di una ricaduta. Nuovi dati ora hanno fornito ulteriori conferme dell’efficacia di diversi farmaci immunoterapici, anche in un gruppo specifico di pazienti, quelle che presentano instabilità dei microsatelliti. I microsatelliti sono brevi sequenze ripetute del DNA presenti normalmente nel genoma umano. A seguito di specifiche mutazioni, i microsatelliti possono variare nel numero di ripetizioni rendendo in tal modo il DNA instabile.

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