L’Hub per i tumori eredo-familiari del San Matteo di Pavia

Il centro di riferimento per le sindromi tumorali ereditarie ha un’esperienza di oltre 15 anni con un Percorso diagnostico terapeutico riabilitativo assistenziale specifico, periodicamente aggiornato per offrire la migliore assistenza alla popolazione a rischio genetico di neoplasie

All’IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia è presente uno dei maggior Hub lombardi per la gestione del rischio eredo-familiare di tumori. L’attività dedicata a chi ha una predisposizione eredo-familiare nasce da un progretto di ricerca avviato nel 2013, mirato all’identificazione e alla successiva gestione delle donne con mutazioni BRCA. Nel tempo il progetto, denominato “Ricerca di un modello di gestione per le donne ad alto rischio di tumore al seno e all’ovaio”, inizialmente focalizzato appunto solo sulle donne con mutazioni nei geni BRCA, è stato esteso ad altri geni di suscettibilità al cancro e ad altre sindromi ereditarie tumorali. Ne parliamo con Alberta Ferrari, responsabile della Struttura Semplice Dipartimentale “Chirurgia dei Tumori Eredo-Familiari”, afferente al Dipartimento Chirurgico. 

Alberta Ferrari

L’evoluzione delle conoscenze e l’importanza della presa in carico

Negli ultimi vent’anni le conoscenze sulle sindromi tumorali ereditarie sono aumentate in modo esponenziale e oggi c’è una maggiore attenzione rispetto al passato, complice anche lo sviluppo di farmaci a bersaglio, come i PARP inibitori.

«I vantaggi nella cura e derivanti dall’identificazione di varianti patogenetiche in geni di predisposizione hanno fatto esplodere questo ambito – fa notare Ferrari -. La prevenzione ne ha beneficiato perché studiando le famiglie si identificano le portatrici sane, che possono usufruire della chirurgia profilattica e della sorveglianza mirata, e i portatori sani che, al pari delle donne, possono seguire percorsi di sorveglianza sugli organi bersaglio (prostata, pancreas, mammella maschile). Ma le ricadute positive si hanno anche sulle donne che si ammalano perché hanno la possibilità di essere curate in modo più mirato, con farmaci specifici e questo ha comportato in alcuni tumori, rispetto alle pazienti non mutate, maggiori opportunità terapeutiche e un impatto positivo sulla prognosi».

La gestione della popolazione a rischio genetico

Nel 2013 al San Matteo, grazie anche alla lungimiranza della dottoressa Adele Sgarella, direttrice della Struttura Complessa Chirurgia Generale 3 – Senologica e del dipartimento Chirurgico,è stato creato dalla dottoressa Ferrari un ambulatorio, dedicato inizialmente alla donna ad alto rischio con familiarità importante e/o mutazioni note, in particolare BRCA, poi esteso ad altri geni di presisposizione e ad altre sindromi. «In questi 15 anni c’è stato un crescendo importante di attività tanto che nel 2023 è stata creata la Struttura Semplice Dipartimentale “Chirurgia dei Tumori Eredo-Familiari” (TEF) che si occupa della gestione dell’alto rischio genetico ed è trasversale a tutte le altre strutture ospedaliere coinvolte su modello interdisciplinare, in quanto vengono messe in campo le competenze di diversi specialisti – spiega Ferrari -. Abbiamo sempre avuto un PDTA (Percorso diagnostico terapeutico assistenziale), aggiornato nel tempo e poi trasformato in PDTRA (Percorso diagnostico terapeutico riabilitativo assistenziale), aggiungendo la componente riabilitativa. L’ultimo aggiornamento risale al 2022, ma nel 2025 aggiungeremo degli emendamenti perché la velocità di conoscenza su questi temi è impressionante. Tra i nuovi emendamenti ve ne saranno, per esempio, uno dedicato a CDH1 e uno alla sindrome di Lynch».

Gli ambulatori dedicati


«Da sempre collaboriamo con la Struttura complessa di Genetica medica per il counseling genetico e i test genetici germinali con finalità preventive e predittive, nonché con l’anatomia patologica per il test somatico per finalità terapeutiche – continua l’esperta -. Accanto all’asse storico ginecologia-senologia per la prevenzione e la cura delle patologie femminili correlate ai geni BRCA e ad altri geni di suscettibilità, è stato costituito un ambulatorio urologico per gli uomini che hanno una mutazione che predispone al tumore della prostata nonché un ambulatorio pancreas, in contemporanea alla creazione della Pancreas Unit, riconosciuta da Regione Lombardia. L’ambulatorio pancreas si occupa delle persone nelle quali è indicata la sorveglianza pancreatica, attualmente in fase di studio. Infine gestiamo anche i pazienti con sindrome di Lynch o con altre sindromi di predisposizione ai tumori dell’apparato digerente». Anche in Oncologia Medica i tumori associati a mutazioni predisponenti sono seguiti da specialisti del team multidisciplinare del rischio genetico.

Il team multidisciplinare

La peculiarità del percorso al San Matteo è la completezza nell’attenzione con cui viene identificato il soggetto a rischio dal team di diversi specialisti, ma anche nella presa in carico globale e qualificata offerta successivamente alla positività di un test genetico.

«La gestione centrale della nostra struttura, che fa un po’ da “Hub” di riferimento, si sviluppa nelle varie prestazioni condivise da tutto il team multidisciplinare che, per ora, si incontra una volta al mese per discutere tutti i casi, in particolare quelli più complessi. Non meno importante è la possibilità di disporre anche della psiconcologia dedicata. Quando i pazienti arrivano nei nostri ambulatori viene sempre offerta la consulenza psiconcologica. Lo psiconcologo può intervenire in diversi setting della problematica, per esempio per affiancare una persona sana che deve gestire il rischio genetico o un paziente che sta affrontando una patologia oncologica. Ci è capitato anche qualche caso di persona in prima visita o in lista d’attesa per chirurgia profilattica in cui il tumore è arrivato prima della prevenzione. Proprio per evitare questo tipo di “inconvenienti”, le nostre liste d’attesa per la chirurgia prfilattica non vanno oltre i sei mesi, mentre l’accesso all’ambultario eredo-familiare per la prima visita è attualmente di circa tre mesi, complice la sempre maggiore richiesta anche da fuori provincia e fuori regione. Purtroppo non tutte le regioni hanno Hub specifici e a livello nazionale ci sono ancora diversi “buchi neri”».

Proprio su questo fronte sono impegnate da tempo le associaizoni pazienti, come la stessa Fondazione Mutagens, e Associazione aBRCAdabra (di cui Alberta Ferrari è fondatrice e direttrice scinetifica e che è convenzionata con l’attività del San Matteo a supporto dell’assistenza delle persone con mutazione), così come le diverse società scientifiche (AIOM, SIGU, AIFET, ecc.).

Antonella Sparvoli

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