Le statine migliorano la risposta all’immunoterapia

Secondo una recente metanalisi l’uso concomitante dei farmaci anti-colesterolo con inibitori del checkpoint immunitario migliorerebbe la sopravvivenza tra le persone con alcuni tumori

Da pilastro della prevenzione cardiovascolare a trattamento “di supporto” all’immunoterapia. Potrebbe essere questa una nuova indicazione per le statine, farmaci molto diffusi per ridurre i livelli di colesterolo. A suggerirlo è una recente metanalisi, pubblicata sulla rivista JCO Oncology Practice. Dallo studio, condotto da ricercatori cinesi, è emerso che l’integrazione delle statine nei regimi di trattamento di alcuni tumori rappresenta una strategia promettente per migliorare la risposta agli inibitori del checkpoint immunitario e la sopravvivenza dei pazienti. Sebbene i nuovi dati non siano conclusivi, potrebbero aprire la strada a studi clinici prospettici in grado di fornire evidenze chiare.

I benefici sulla sopravvivenza

I ricercatori cinesi hanno analizzato di dati relativi a 25 studi, su oltre 46 mila pazienti, pubblicati prima del 2024. I tumori più comuni tra i partecipanti agli studi erano il carcinoma polmonare non a piccole cellule, il tumore a cellule renali, il carcinoma uroteliale e il melanoma.

Gli studiosi hanno utilizzato i dati di tutti i pazienti per l’analisi della sopravvivenza globale, cioè il tempo che va dall’inizio della terapia al decesso, e i dati di quasi 8000 pazienti per l’analisi della sopravvivenza libera da progressione, ovvero il tempo che trascorre dalla cura all’eventuale ripresa della malattia.

Ebbene da questa analisi è emerso un miglioramento di entrambi i paramenti (sopravvivenza globale e sopravvivenza libera da progressione) in seguito all’uso concomitante di statine con l’immunoterapia con inibitori del checkpoint immunitario.

I limiti e le prospettive

Sebbene incoraggianti, i risultati non sono definitivi e, come sottolineano gli stessi autori della metanalisi, sono necessarie ulteriori ricerche per chiarire i potenziali meccanismi e le interazioni coinvolte. Questo anche per una serie di limiti, a partire dall’eterogeneità degli studi analizzati. Non solo, alcuni studi erano di natura osservazionale, non consideravano le eventuali variazioni nello stato di salute dei pazienti a cui erano stati prescritti i farmaci anti-colesterolo e fattori confondenti come lo stadio della neoplasia e la contemporanea presenza di altre patologie. Ciò, però, non toglie che le statine, complici l’accessibilità economica, la vasta disponibilità e il profilo di sicurezza consolidato, potrebbero in futuro diventare un’opzione da integrare nelle tradizionali terapie oncologiche.

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