La necessità e l’urgenza di integrare pubblico e privato in Sanità

La sostenibilità economica del nostro sistema sanitario nazionale è una delle principali sfide dei prossimi decenni per continuare a garantire il diritto alla Salute dei cittadini italiani. L’aumento dell’età media della popolazione e delle malattie croniche e l’allungamento delle cure costituiscono ormai fattori critici imprescindibili che mettono in discussione il modello universalistico basato sulla nostra Costituzione. Nei prossimi anni si prevede che la percentuale del PIL destinata all’assistenza sanitaria finanziata con fondi pubblici sarà inferiore al livello pre-pandemia e senza un cambio di paradigma quello italiano, come altri SSN, diventerà insostenibile. La scarsità di risorse pubbliche attuali e prospettiche costringe a riconsiderare i confini e il rapporto tra spesa pubblica e privata in Sanità, preso atto che ormai il nostro modello gestionale e organizzativo è di natura mista. 

Negli ultimi anni, in Italia come in Europa, assicurazioni private e fondi sanitari integrativi complementari, hanno conosciuto una rapida ascesa. Al punto che oggi la spesa sanitaria si compone di due macrocategorie: spesa pubblica (sanità pubblica) e spesa privata; quest’ultima include:

  • il sistema integrativo collettivo (fondi sanitari e casse aziendali, professionali o nazionali, società di mutuo soccorso);
  • le assicurazioni sanitarie;
  • la spesa out-of-pocket direttamente sostenuta dai cittadini, incluso il pagamento del ticket.

Non è sufficiente prendere atto che una buona parte dei servizi sanitari siano pagati dai cittadini, ma occorre indirizzare questa spesa in modo tale che non sia solo un “costo aggiuntivo per la collettività”, ma possa divenire una risorsa per il sistema nel suo complesso. Ciò non può mettere in discussione il valore del sistema sanitario universalistico nel nostro Paese, ma sarà realizzabile solo attraverso una governance unitaria e trasparente sia della modalità di finanziamento del SSN sia della erogazione dei servizi sanitari da parte dei diversi attori pubblici e privati.

Da tempo una quota crescente di servizi sanitari non passa più dalle strutture pubbliche regionali, ma si sviluppa all’interno del sistema privato. Basti pensare al ruolo rilevante che ha assunto il privato nella diagnostica e nella stessa chirurgia (es. ortopedia, senologia, urologia, estetica), oltre che nella procreazione assistita (PMA). Totalmente privati sono i fornitori di farmaci e di tecnologie diagnostiche (inclusi i test genetici e genomici), che costituiscono una quota sempre più rilevante della spesa sanitaria in tutti i Paesi, Italia inclusa. La ricerca di una soluzione alla questione della governance unitaria impone alle due parti pubblica e privata di superare l’attuale modello “concorrenziale” per aprire una fase di collaborazione, che si basi sui seguenti elementi:

  • La condivisione dei principi dell’universalismo, dell’equità, dell’appropriatezza e dell’efficacia delle cure su tutto il territorio nazionale e in ogni unità organizzativa;
  • La attuazione di linee guida e percorsi clinici che garantiscano la continuità assistenziale;
  • Il riconoscimento degli interessi diversi e complementari di cui sono portatrici.

Infatti, in una situazione di scarsità di risorse strutturale, solo la collaborazione tra realtà sanitarie private e sistema pubblico potrà portare ad un utilizzo più efficiente delle risorse e ad un miglioramento complessivo dell’assistenza sanitaria. Un esempio: il tema annoso dei tempi di attesa per le prestazioni sanitarie potrà essere risolto solo attraverso la unificazione dei CUP, che finora al contrario hanno evidenziato due diversi percorsi tra pazienti in regime pubblico e regime privato (solventi e con assicurazioni/mutue sanitarie). Certamente coloro che, nel regime privato, hanno finora potuto assicurarsi tempi di risposta più rapidi se non immediati, dovranno accettare qualche sacrificio per consentire un utilizzo più equo e generalizzato delle risorse a chi è costretto ad affidarsi al solo regime pubblico.

Una maggiore collaborazione e integrazione tra sistema pubblico e privato impone delle scelte politiche e gestionali che finora non si sono volute affrontare:

  • Una totale interoperabilità e trasparenza dei sistemi informativi per facilitare un flusso efficiente di informazioni tra le aziende private e il sistema pubblico, nel rispetto delle normative sulla privacy dei pazienti e sulla sicurezza dei dati;
  • La attuazione di standard comuni per la registrazione dei dati dei pazienti e delle prestazioni per semplificare la collaborazione e garantire un livello uniforme di qualità nell’assistenza sanitaria;
  • La creazione di piani di trattamento integrati che coinvolgano entrambe le parti per migliorare la continuità delle cure per i pazienti, specie di quelli cronici che richiedono un monitoraggio a lungo termine;
  • Protocolli e linee guida condivise per la gestione di specifiche condizioni cliniche per garantire un approccio uniforme e coerente nell’assistenza, indipendentemente dal tipo di struttura sanitaria coinvolta;
  • Programmi di formazione congiunta per il personale delle organizzazioni private e pubbliche per migliorare la conoscenza ed il rispetto tra i diversi team e garantire che tutti i professionisti seguano le migliori pratiche e le procedure più appropriate;
  • Contratti e accordi chiari che definiscano i ruoli, le responsabilità, i livelli di servizio e i meccanismi di finanziamento per evitare opportunismi, malintesi e conflitti;
  • Incentivi finanziari appropriati per promuovere la collaborazione e incoraggiare le organizzazioni private a partecipare a iniziative con il sistema pubblico;
  • Implementare sistemi di valutazione continua per monitorare l’efficacia della collaborazione e apportare eventuali miglioramenti necessari nel tempo.

La collaborazione e l’alleanza tra organizzazioni pubbliche e private può portare ad un sistema sanitario più solido e flessibile, ma è importante gestire attentamente le dinamiche di potere, garantire la trasparenza e mantenere l’attenzione sulla missione principale, cioè il miglioramento della Salute della popolazione in base ai bisogni effettivi e non condizionati dai vincoli delle offerte esistenti nei diversi territori (nazionali, regionali, interregionali). La pianificazione e la regolamentazione efficace da parte dello Stato, delle Istituzioni Sanitarie e delle Regioni sono fondamentali per garantire che un sistema misto sia orientato al bene comune e non ad interessi particolari e locali. Lo scenario attuale di confronto ma anche di conflitto tra sanità pubblica e privata comporta una precisa assunzione di responsabilità a livello istituzionale. Logiche di conservazione aprioristica (ritornare ad un sistema solo pubblico) sono sbagliate perché negano una realtà più complessa e articolata. Sull’altro fronte l’approccio neoliberista (affidarsi solo alla “dinamica di mercato”) risulterebbe drammatico anche per la coesione sociale del Paese.  Già ora si segnalano rinunce alle cure, ricorso all’indebitamento delle famiglie per malattie gravi, come quelle oncologiche, aumento delle diseguaglianze e delle fragilità fisiche e sociali. Una politica di totale apertura al mercato in sanità aggraverebbe i costi e non porterebbe benefici, come è del tutto evidente nel modello americano e in quelli simili. Diversamente, con scelte oculate e politiche coerenti, i vantaggi potrebbero esserci e consentire cure migliori, appropriate, eque e più sostenibili.

In conclusione, poiché la questione non è il passaggio di mano tra sistemi sanitari pubblici e privati, sono le istituzioni pubbliche che devono assumersi la responsabilità di tale integrazione tra pubblico e privato:

  • Chi se non il “pubblico” può e deve svolgere questo lavoro di riallineamento degli interessi privati presenti nel sistema sanitario e assistenziale su obiettivi di salute generali?
  • Chi se non il “pubblico” ha i dati e la visione di insieme per svolgere una puntuale stratificazione dei bisogni di salute per fornire le risposte più appropriate?
  • Chi se non il “pubblico” può elaborare e proporre politiche di “medicina di popolazione”, di “medicina di comunità”, di “medicina di prossimità”, di “medicina di prevenzione” e di “continuità assistenziale”?

Le istituzioni sanitarie pubbliche, a livello nazionale e regionale, non possono quindi sottrarsi a tale nuova responsabilità per offrire al nostro sistema sanitario una governance chiara e trasparente, in grado di valorizzare al meglio tutte le sue componenti, pubbliche e private. La Fondazione Mutagens, in rappresentanza dei portatori di sindromi ereditarie di predisposizione ai tumori, è impegnata con tutti gli attori pubblici e privati dell’Ecosistema Salute a perseguire tale obiettivo, nell’interesse della nostra popolazione specifica e dei cittadini in generale.

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