La necessità di un intervento di sanità pubblica per la prevenzione di precisione del cancro

Nelle malattie croniche non trasmissibili (MCNT), che assorbono il 70-80% della spesa sanitaria nei paesi occidentali, la prevenzione sarebbe molto più efficace e sostenibile di qualsiasi cura. Nell’ambito di tali patologie il cancro coinvolge oltre il 5% della popolazione nel corso della vita, è responsabile di oltre il 25% di tutti i decessi e rappresenta la seconda causa di mortalità nell’Unione Europea, solo dopo le malattie cardiocircolatorie. Tra i vari paesi europei esistono notevoli differenze nella prevenzione del cancro, che si riflette nelle diverse incidenze dei tumori sulla popolazione e nei dati di mortalità. Per tale motivo nell’ultimo Piano Europeo di Lotta contro il Cancro 2021-2027 è stata posta una grande enfasi sulla prevenzione, la cui spesa è in aumento negli ultimi anni ma è ancora eccessivamente limitata, non superando il 3-4% dei costi sanitari complessivi. Tali valori sono da considerare ancora più esigui se si valuta che la prevenzione, a differenza delle cure, costituisce un investimento in grado di portare benefici nel medio e lungo termine e di contribuire a limitare nel tempo i costi dei follow-up e delle cure, grazie alla riduzione del numero dei malati. Quindi un euro speso in prevenzione produce non solo un maggior valore di salute per i cittadini, ma contribuisce alla sostenibilità economica dei sistemi sanitari, all’interno dei quali le spese oncologiche sono in continua crescita per diversi motivi (aumento dell’età media e degli altri fattori di rischio).

L’Organizzazione Mondiale della Sanità e la Commissione Europea stimano che almeno il 40 % dei tumori sia prevenibile. Per tale motivo nel Piano Europeo – recepito anche nel nostro Paese con il Piano Oncologico Nazionale 2023-2027 – è contenuto un approccio organico alla prevenzione, volto a sensibilizzare sui principali fattori di rischio (si pensi ai tumori causati dal fumo, dal consumo nocivo di alcol, dall’obesità, dall’esposizione all’inquinamento, ad agenti infettivi, alle sostanze cancerogene e alle radiazioni) e ad attuare programmi specifici per contrastarli. 

In primo luogo, si vuole rafforzare la prevenzione primaria, quella volta ad evitare o almeno ridurre l’incidenza delle malattie nei soggetti sani. Infatti, il rischio di cancro aumenta per gli effetti combinati di stili di vita, cattive abitudini alimentari e inattività fisica, per cui nel piano ci si concentra su misure tese a migliorare la qualità dell’alimentazione (es. dieta mediterranea) e a favorire l’attività fisica in tutte le fasce di età, a partire dai bambini. Le campagne di sensibilizzazione e i programmi educativi rivestono un ruolo chiave nella prevenzione primaria, poiché informano e istruiscono le persone sulle pratiche salutari, sui segni precoci di malattia e sulle strategie di prevenzione. Queste iniziative possono includere programmi nelle scuole, incontri nelle aziende, materiale informativo e campagne pubblicitarie per promuovere comportamenti virtuosi e diffondere consapevolezza sui fattori di rischio associati al cancro e ad altre patologie. La prevenzione primaria, quindi, non punta solo a ridurre le probabilità di sviluppare tumori, ma promuove anche una migliore salute e qualità della vita in tutti i cittadini. 

In secondo luogo, occorre potenziare la prevenzione secondaria, cioè i programmi di screening e di sorveglianza per la diagnosi precoce dei tumori nei soggetti sani asintomatici. Oltre a rafforzare l’adesione e l’accesso agli screening generali di popolazione esistenti (mammella, cervice uterina, colon-retto), è previsto un piano per estendere gradualmente tali programmi ad altri organi a maggiore rischio, a partire da polmone, prostata e stomaco.

In terzo luogo, la prevenzione terziaria si concentra sul trattamento e la gestione delle malattie già diagnosticate al fine di ridurne le complicanze e migliorare la qualità della vita dei pazienti. Questo tipo di prevenzione si basa su diversi interventi, che comprendono terapie mirate, protocolli chirurgici e programmi di riabilitazione per aiutare i pazienti a convivere con la malattia nel modo più confortevole possibile. In particolare, nella prevenzione terziaria, esistono due principali modalità per sostenere i pazienti nella gestione del cancro: le terapie adiuvanti e la diagnosi precoce delle recidive. In tali ambiti si sono fatti negli ultimi anni progressi straordinari e ora la sfida e di rendere accessibili al maggior numero di pazienti i farmaci (es. immunoterapia, vaccini terapeutici) e le tecniche diagnostiche innovative (es. biopsia liquida), che ad oggi sono limitati ad un numero ristretto di soggetti.  

In sintesi, la prevenzione dei tumori potrebbe diventare un pilastro fondamentale nella lotta contro questa patologia ma richiede un approccio di sanità pubblica integrato che va oltre la semplice assistenza medica-ospedaliera; le strategie di prevenzione primaria, secondaria e terziaria compongono un quadro completo per affrontare il cancro a vari livelli, dalla riduzione dei fattori causali alla diagnosi precoce, fino alla gestione del rischio. Le stesse campagne di educazione e sensibilizzazione giocano un ruolo cruciale nell’informare la popolazione su come proteggersi efficacemente dal cancro. Pertanto, è importante che tutti gli stakeholder, dalle istituzioni sanitarie nazionali e regionali, alle strutture ospedaliere, alla medicina territoriale, fino alle società scientifiche e alle organizzazioni di pazienti collaborino per promuovere la prevenzione del cancro come parte integrante di un approccio globale alla salute pubblica, mirando a costruire una cittadinanza più informata, sana e resiliente.

Uno degli snodi critici all’interno delle strategie di prevenzione del cancro è quello del rapporto tra costi e benefici. Accrescere i programmi di prevenzione primaria, secondaria e terziaria a tutta la popolazione crea certamente benefici (come dimostrato dai dati storici sugli screening generali di popolazione) ma produce necessariamente costi aggiuntivi, in uno scenario nazionale di strutturale ristrettezza delle risorse pubbliche per la sanità. Inoltre, se è vero che la prevenzione è utile a tutti, esistono segmenti di popolazione a maggiore rischio (es. i fumatori per il cancro al polmone rispetto ai non fumatori, gli obesi a maggiore rischio su vari organi, inclusa la mammella e il colon-retto) sui quali sarebbe opportuno realizzare specifici interventi. Tra i soggetti a rischio più elevato un ruolo particolare assumono i portatori di sindromi ereditarie di predisposizione ai tumori: circa 1.250.000 persone stimate nel nostro Paese, distribuite su una cinquantina di diverse alterazioni genetiche. Per tali soggetti esistono da tempo linee guida internazionali e nazionali che suggeriscono programmi di sorveglianza anticipata e intensificata per i soggetti sani nei diversi organi a rischio, in rapporto alla specifica sindrome, al sesso e all’età. Purtroppo, l’attuazione concreta di tali programmi è altamente discrezionale e deficitaria, sia per la priorità offerta comprensibilmente nelle strutture ospedaliere ai soggetti malati, sia per l’assenza di una strategia nazionale formalizzata volta ad attuarli, similmente a quanto avviene con i programmi di screening della popolazione generale su mammella, cervice uterina e colon-retto, grazie alla responsabilità dei dipartimenti di prevenzione e screening delle regioni e al ruolo di coordinamento nazionale dell’Osservatorio Nazionale di Screening (ONS), per conto del Ministero della Salute.

Per tale motivo la Fondazione Mutagens – in collaborazione con altre organizzazioni di pazienti riunite nel GdL FAVO Tumori Ereditari – sta portando avanti da tempo una iniziativa, denominata PREVEN-ERE (PREVENZIONE DI PRECISIONE PER PORTATORI DI SINDROMI EREDITARIE) a diversi livelli, volta a sperimentare, progettare, attuare e mettere a regime un intervento su tale popolazione a maggiore rischio di cancro. L’iniziativa PREVEN-ERE si pone diversi obiettivi e si colloca a vari livelli:

  • La creazione di un registro unico nazionale (RUN-ERE) e dei relativi registri regionali per la identificazione dei soggetti portatori cui viene diagnosticata una sindrome ereditaria (sindrome HBOC-BRCA, sindrome di LYNCH, altre sindromi RARE);
  • La sperimentazione, con alcune reti di strutture ospedaliere specializzate, di percorsi di sorveglianza e di prevenzione organo-specifici, su tali soggetti, anche attraverso la validazione di tecniche e metodiche innovative (nuovi bio-marcatori, nuove tecnologie di imaging, nuovi vaccini preventivi anticancro per portatori di sindromi ereditarie);
  • La attuazione e diffusione sul territorio nazionale dei percorsi di sorveglianza validati (mammella, ovaio, prostata, pancreas, colon-retto, endometrio, stomaco, pelle), sulla base di protocolli standardizzati e condivisi dalle strutture ospedaliere specializzate, dalle società scientifiche e dalle organizzazioni di pazienti;
  • La raccolta sistematica di dati sui percorsi di sorveglianza finalizzati alla diagnosi precoce di tale popolazione, volta ad approfondire le conoscenze sulla correlazione tra sindromi ereditarie e neoplasie e a migliorare nel tempo le strategie di prevenzione (e in prospettiva anche di cura) in tali soggetti ad alto rischio;
  • La integrazione tra istituzioni sanitarie nazionali (Ministero Salute, Istituto Superiore Sanità, AGENAS), dipartimenti regionali di prevenzione e screening, ASL territoriali, ospedali e medicina di territorio (case di comunità, ospedali di comunità, medici di medicina generale), in modo da creare un proficuo rapporto di collaborazione tra tutti i soggetti in grado di apportare un valore aggiunto all’iniziativa.

Solo a titolo di esempio, nelle sindromi ereditarie il ruolo dei medici di medicina generale e dei pediatri potrebbe risultare fondamentale: nessuno meglio di loro conosce le storie familiari e personali dei pazienti sul proprio territorio, per cui il loro coinvolgimento sarebbe decisivo non solo nella identificazione dei soggetti ad alto rischio ma anche per facilitare l’accesso ai percorsi di sorveglianza e contribuire ad una maggiore consapevolezza dei cittadini sull’importanza della prevenzione.


Altre esperienze simili a PREVEN-ERE in atto a livello internazionale (USA ed Europa) confermano che una Strategia di Prevenzione di Precisione su soggetti ad alto rischio genetico è anche altamente costo-efficace. Può bastare un dato: in Italia i portatori di sindromi ereditarie sono meno del 2% della popolazione complessiva ma contribuiscono con almeno il 10% -15% ai nuovi casi di tumore all’anno; quindi, un intervento mirato su una popolazione pur piccola (e quindi non estremamente costoso per le risorse pubbliche) potrebbe portare un significativo beneficio in termini di riduzione dei tumori (e di più efficace cura dei tumori grazie alla diagnosi precoce), con vantaggi durevoli nel tempo sul piano della riduzione dei costi di cura. Infine, un intervento di questo genere potrebbe fungere da apripista rispetto ad una più generale strategia di prevenzione dei tumori per altri segmenti di popolazione a maggiore rischio (fumatori, diabetici e obesi, ecc.). La Fondazione Mutagens sta intensificando gli sforzi su questa iniziativa così rilevante per la propria comunità di persone ed è a disposizione di tutti gli attori istituzionali e i soggetti pubblici e privati dell’Ecosistema Salute per accelerarne l’attuazione.

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