In calo la mortalità per tumore al seno nelle donne giovani

Tra il 2006 al 2021 c’è stata una riduzione del 16% dei decessi per cancro mammario sotto i 50 anni. Lo hanno ricordato gli esperti interventi al recente incontro “Back from San Antonio”, dedicato alle principali novità emerse al San Antonio Breast Cancer Symposium

Sebbene i casi di tumore al seno tra le donne giovani siano in aumento in tutto il mondo, la mortalità nelle under 50 è in calo. In Italia nell’arco di 15 anni, tra il 2006 e il 2021, è infatti scesa del 16%. A segnalarlo sono stati gli esperti intervenuti a Genova al convegno “Back from San Antonio”, dedicato alle principali novità emerse al San Antonio Breast Cancer Symposium, il congresso di riferimento mondiale che si tiene ogni anno a dicembre negli Stati Uniti. 

In occasione dell’evento si è parlato anche di altre tematiche associate alle neoplasie mammarie, in particolare a quelle eredo-familiari, nonché di temi di rilievo come la preservazione della fertilità.

Calo dei decessi

Quando colpisce una donna giovane, al di sotto dei 40 anni, il tumore mammario è spesso biologicamente più aggressivo e il rischio che si tratti di una neoplasia ereditaria, legata alla presenza di mutazioni patogenetiche, per esempio negli ormai ben noti geni BRCA, è più elevato rispetto ai casi diagnosticati in età più avanzata. Per questi motivi, hanno fatto notare gli esperti intervenuti al convegno, è fondamentale che questi casi vengano gestiti da gruppi multidisciplinari, con una particolare attenzione agli effetti collaterali delle terapie, alla qualità di vita delle pazienti, alla preservazione della fertilità e alla possibile origine ereditaria del tumore mammario. Oggi, proprio queste pazienti con forme ereditarie, grazie ai progressi della ricerca scientifica, anche italiana, possono contare su valide strategie terapeutiche e preventive personalizzate.

Attenzione alla fertilità

«Il percorso di cura oltre a garantire le ottime probabilità di guarigione attualmente raggiunte deve prevedere che le donne giovani possano avere, una volta superata la malattia, le stesse prospettive ed aspettative delle donne che non si sono ammalate – afferma Lucia Del Mastro, professoressa ordinaria e direttrice della Clinica di oncologia medica dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino, Università di Genova -. Tra queste riveste particolare importanza l’eventuale desiderio di una gravidanza futura».

Il San Martino di Genova è uno dei centri italiani tra i più attivi in questo ambito, da diversi anni si studiano gli effetti collaterali legati alle terapie antitumorali che possono portare a disfunzione ovarica, menopausa precoce e infertilità. «Grazie a trattamenti adeguati e personalizzati, messi a punto anche attraverso gli studi condotti dal nostro gruppo di ricerca del San Martino-Università di Genova, è oggi possibile diventare madri anche dopo il cancro in completa sicurezza per le gestanti e i neonati» puntializza Del Mastro.

Chirurgia profilattica per le donne BRCA mutate

Tra gli studi presentati al convegno di Genova, di particolare rilievo per le pazienti giovani con varianti patogenetiche di predisposizione al cancro, c’è una ricerca sulla chirurgia profilattica per la riduzione del rischio di recidiva, coordinata da Matteo Lambertini, professore associato di oncologia medica presso l’Università di Genova-IRCCS Ospedale Policlinico San Martino. Nello studio sono stati analizzati i dati, raccolti tra il 2000 e il 2020, relativi a quasi 5300 pazienti sotto i 40 anni con mutazioni dei geni BRCA. I risultati dimostrano che la mastectomia bilaterale riduce il rischio di recidiva o di secondo tumore e di decesso, rispettivamente del 42% e del 35%. «Lo studio conferma l’importanza della chirurgia di riduzione del rischio – fa notare Lambertini -. È una scelta difficile, spesso dolorosa per una donna ma che può essere salvavita in determinate occasioni».

Progressi per i tumori triplo negativi

Durante il convegno si è parlato anche di tumore al seno triplo negativo, un tipo di cancro mammario più comune nelle donne giovani che tende a crescere e diffondersi più velocemente, in relazione a uno studio condotto da Valentina Guarneri, professoressa ordinaria di oncologia medica dell’Università di Padova e direttrice dell’Unità di Oncologia 2 dell’IRCCS Istituto oncologico veneto di Padova. Lo studio ha valutato l’efficacia di un nuovo farmaco immunoterapico, avelumab, nelle pazienti ad alto rischio di recidiva.

«Al momento vi sono poche opzioni di trattamento disponibili per i tumori triplo negativi e tra queste vi è l’immunoterapia prima dell’intervento chirurgico – riferisce Guarneri -. Il nostro studio ha ora dimostrato che l’anticorpo anti-PD-L1 avelumab, somministrato dopo il trattamento chemioterapico standard, migliora significativamente la sopravvivenza globale».

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