Gli effetti della genetica e dell’ambiente sul rischio di cancro

Un nuovo studio fa il punto su come fattori ambientali e genetici influenzano la salute. Nel caso di alcuni tumori sembrerebbe prevalere il ruolo della genetica, mentre l’esposizione ambientale avrebbe un effetto maggiore su malattie polmonari, incluso il tumore al polmone, cardiache ed epatiche

Si sa da tempo che sia l’ambiente sia la genetica influenzano l’invecchiamento e svolgono un ruolo importante nello sviluppo di molte malattie. Ora lo ribadisce con forza un ampio studio, coordinato da ricercatori dell’Università di Oxford e pubblicato sulla rivista Nature Medicine, in cui è stata affrontata in maniera sistematica l’influenza di ben 164 fattori ambientali e di fattori genetici comuni nella popolazione (i cosiddetti polimorfismi a singolo nucleotide) sull’invecchiamento, su malattie legate all’età e sulla morte prematura. Approfondiamo il tema con Maurizio Genuardi, professore ordinario di Genetica Medica all’Università Cattolica, direttore dell’Unità operativa complessa di Genetica medica della Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS di Roma e presidente AIFET (Associazione italiana familiarità ereditarietà tumori).

Maurizio Genuardi

Il peso dell’ambiente e della genetica

Lo studio è stato effettuato sulla popolazione britannica, analizzando i dati relativi a quasi mezzo milione di persone seguite nel tempo nell’ambito del progetto UK Biobank. In particolare i ricercatori hanno analizzato l’evoluzione della storia medica dei partecipanti, valutando l’esposizione a fattori ambientali, dati clinici e risultati di esami di laboratorio e strumentali, nonché effettuando delle analisi sperimentali su compioni biologici (polimorfismi genetici e assetto proteico) in un sottogruppo di partecipanti al progetto.

I fattori ambientali considerati comprendevano non solo agenti chimici e fisici (tra cui fumo, alcol, alimentazione, ecc.), ma anche abitudini di vita e condizioni socio-economiche (per esempio vivere da soli o in famiglia, vivere in una casa di proprietà o meno, benessere economico, ecc.), le quali hanno mostrato di avere un ruolo di rilievo nel condizionare l’aspettativa di vita.

«Complessivamente gli studiosi hanno visto che nell’ambito delle diverse patologie considerate, tra cui tumori, demenza, diabete, malattie cardiovascolari, epatiche, renali e polmonari, i fattori ambientali sembrano avere un ruolo preponderante. Tuttavia per alcuni tipi di tumori, in particolare per quelli di ovaio, prostata, mammella e colon-retto, sembra il contrario, ovvero che i fattori genetici analizzati abbiano un ruolo più significativo rispetto a quelli ambientali» riferisce Genuardi.

I limiti

Sebbene ben condotto e ampio, il nuovo studio presenta diversi limiti, come fa notare Genuardi. «Da una parte ci sono probabilmente molti altri fattori ambientali che non conosciamo e che quindi non sono stati testati. Non solo, molto dei fattori ambientali analizzati sono stati misurati in particolari momenti della vita dell’individuo, ma questi possono anche cambiare: l’esposizione può essere diversa nell’arco del tempo. Dall’altra parte, lo studio dei fattori genetici è limitato a varianti genetiche comuni, molto frequenti nella popolazione generale, che però, singolarmente, hanno effetti molto deboli e che ancora non conosciamo perfettamente. Non è stato invece considerato il ruolo dei geni implicati nelle sindromi ereditare di predisposizione al cancro. Quando alterati, questi geni hanno un effetto molto rilevante sul rischio di sviluppare tumori e sebbene queste alterazioni non siano così frequenti, probabilmente sono più comuni di quanto si pensi».

Le prospettive

Proprio per questi limiti, sebbene sembri che i fattori genetici comuni nella popolazione abbiano un ruolo più importante rispetto a quelli ambientali nello sviluppo di alcuni tumori, non è possibile trarre delle considerazioni conclusive.

«Lo studio ci dà una visione più ampia di quanto già sapevamo, aprendo la strada alla possibilità di individuare in futuro nuovi fattori di rischio ambientali o genetici. Però è interessante osservare che quelle malattie, inclusi per esempio i tumori al polmone e al fegato, le patologie renali, cardio-cerebrovascolari e polmonari, che finora abbiamo ritenuto essere maggiormente associate a fattori ambientali, si confermano essere associate all’ambiente e quindi avere una base “esterna” predominante non genetica. La conclusione è che, a livello generale di popolazione, ambiente e genetica collaborano per determinare lo sviluppo di diverse patologie. Ma se andiamo ad analizzare quello che accade nel singolo individuo, il ruolo di fattori ambientali e genetici è molto variabile da persona a persona. In particolare, nelle sindromi tumorali ereditarie (non indagate specificatamente nello studio) i fattori genetici hanno un ruolo preponderante. Ciò non toglie che, anche nelle persone ad alto rischio ereditario di tumori, ci possano essere delle combinazioni di geni comuni (polimorfismi) e di esposizione a fattori ambientali che possono modulare il rischio oncologico. Questo è quello che pensiamo oggi e che diversi studi in corso stanno cercando di valutare» conclude Genuardi.

Antonella Sparvoli

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