Conveniente il test BRCA a tappeto nelle donne sopra i 30 anni

Secondo un’analisi economica condotta in Canada, lo screening genetico per l’identificazione di varianti germinali nei geni di predisposizione ai tumori di seno e ovaio avrebbe un rapporto costo-efficacia maggiore rispetto all’indicazione a eseguirlo solo sulla base della storia familiare

Offrire a tutte le donne di età pari o superiore a 30 anni la possibilità di effettuare il test genetico per la ricerca di mutazioni germinali nei geni BRCA1 e BRCA2 sarebbe conveniente e consentirebbe di

prevenire più tumori al seno e alle ovaie rispetto all’attuale strategia di screening basata solo sulla storia familiare e sui criteri clinici. A suggerirlo è uno studio, condotto da ricercatori britannici e canadesi, pubblicato di recente sulla rivista JAMA Network Open.

Il modello statistico e le sue previsioni

Gli autori dello studio hanno utilizzato un particolare modello statistico, noto come modello di Markov, per prevedere i risultati di uno screening di massa con il test BRCA su un campione di un milione di donne canadesi sopra i 30 anni. Questi tipo di modello statistico permette di fare previsioni sul futuro sulla base di ciò che si sa nel presente.

Nella simulazione fatta dal modello sono state considerate anche le strategie di riduzione del rischio nelle portatrici di mutazioni nei geni BRCA, con interventi preventivi come la salpingo-ovariectomia (assia la rimozione di tube e ovaue) per il cancro ovarico e lo screening tramite risonanza magnetica e mammografia nonché la mastectomia profilattica per ridurre il rischio di cancro al seno.

Sulla base di questi presupposti, gli autori hanno concluso che il test BRCA sulla popolazione potrebbe prevenire 2555 tumori al seno e 485 tumori alle ovaie per milione di donne canadesi, il che equivale a scongiurare 196 decessi per tumore al seno e 163 decessi per tumore alle ovaie sempre per milione di donne.

I motivi per lo screening di popolazione

«Oltre il 95% delle persone che hanno mutazioni nei geni BRCA non ne sono a conoscenza e il 50-80% delle persone che muoiono a causa di neoplasie associate alla presenza di varianti in questi geni di suscettibilità al cancro non possono fornire una solida storia familiare – osserva Ranjit Manchanda del Centre for Cancer Screening, Prevention and Early Diagnosis del Wolfson Institute of Population Health di Londra, che ha coordinato lo studio -. Il sistema sanitario non è impostato per identificare e massimizzare la nostra capacità di prevenire il cancro. Dobbiamo cambiare il paradigma di screening e cercare opzioni alternative. Se si volesse testare qualcuno per il diabete e l’esame del sangue per la glicemia per la diagnosi non rilevasse il 50%-80% dei diabetici, avrebbe senso usarlo? Passare da una strategia basata sulla storia familiare a una strategia basata sulla popolazione ci consentirà di individuare più persone a rischio e quindi prevenire più tumori nella popolazione generale. Si tratta di un cambiamento di paradigma, applicare la genomica all’assistenza sanitaria per massimizzare la diagnosi precoce e la prevenzione del cancro».

I limiti e le prospettive

I nuovi dati appaiono interessanti ma hanno comunque dei limiti. Per esempio gli autori dello studio hanno dato per scontato che tutte le donne idonee (cioè con età pari o superiore a 30 anni) avrebbero scelto di sottoporsi al test genetico. Non solo, non hanno considertao i costi aggiuntivi necessari per testare più pazienti, creare nuove infrastrutture e per le consulenze genetiche.

I test genetici e lo screening basati sulla popolazione possono migliorare in modo significativo i risultati sanitari ed essere convenienti, ma solo se i sistemi sanitari cambiano. Servirebbero infatti più consulenti genetici e le donne andrebbero meglio informate sui pro e i contro dei test.

«È necessario sviluppare strategie e percorsi di implementazione specifici per i test genetici basati sulla popolazione. Sono in corso studi che forniranno dati sul loro impatto in contesti reali, tra cui anche sondaggi sulla popolazione canadese sulle preferenze e sui modelli di implementazione ideali. Ciò è essenziale affinché la genomica di popolazione raggiunga il suo potenziale per massimizzare la prevenzione del cancro» concludono gli autori dello studio.

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