Biopsia liquida per cure su misura per il tumore del colon

Con il test sul sangue si mira a valutare l’efficacia di terapie standard rispetto a nuovi approcci sperimentali dopo l’asportazione chirurgica del cancro

Ha preso il via di recente, con il reclutamento dei primi sei pazienti, lo studio internazionale Sagittarius che potrebbe contribuire a dimostrare i benefici di un nuovo approccio per testare e trattare i pazienti con tumore del colon in stadio II ad alto rischio e III operabile dopo la chirurgia. Il progetto, che vede coinvolti anche 26 centri clinici in Italia, Spagna e Germania, valuterà in particolare l’uso della biopsia liquida (un semplice tipo di esame del sangue) per rilevare i segni del cancro al colon nei pazienti dopo l’intervento chirurgico. I risultati della biopsia liquida saranno quindi utilizzati per guidare il trattamento post-chirurgico. Questo approccio personalizzato sarà confrontato con il percorso terapeutico standard, uguale per tutti, che i pazienti in questi stadi della malattia generalmente seguono. In tal modo, i risultati ottenuti potrebbero contribuire a migliorare l’efficacia dei trattamenti contro questo tipo di tumore, insieme alla qualità della vita dei pazienti e ai costi sanitari rispetto a quanto avviene oggi.

La biopsia liquida per orientare le cure

La biopsia liquida consiste nell’analizzare il DNA tumorale circolante attraverso un prelievo di sangue. Andando a caccia delle cellule tumorali che circolano nel flusso sanguigno o del loro DNA, la biopsia liquida può fornire preziose informazioni, utili non solo per caratterizzare meglio la malattia, ma anche per orientare le cure. Nel caso del tumore al colon, la biopsia liquida aiuterebbe a capire quando somministrate la chemioterapia adiuvante dopo l’intervento chirurgico e quando invece evitarla perché le probabilità che la malattia si ripresenti sono piuttosto basse. Non solo, oltre a permettere di capire se è possibile evitare la chemioterapia in assenza di tracce tumorali residue dopo l’operazione, nello studio in corso, la biopsia liquida verra utilizzata con lo scopo di personalizzare la terapia.

Lo studio Sagittarius e le prospettive

Lo studio Sagittarius, coordinato dall’Istituto di Oncologia Molecolare di Airc – Ifom, dove sono stati arruolati i primi sei pazienti, prevende che, in presenza di biopsia liquida positiva, i pazienti vengano divisi in due gruppi: alcuni riceveranno la chemioterapia standard, altri, terapie diverse, come trattamenti biologici e immunoterapici in base alle caratteristiche molecolari del tumore evidenziate dalle analisi condotte sui singoli campioni tumorali. Per i pazienti con biopsia liquida negativa verrà valutato un approccio di solo monitoraggio, senza la somministrazione di alcuna terapia. «La partecipazione dei primi sei pazienti segna l’inizio di un percorso che potrebbe portare a nuove e migliori opzioni di trattamento per milioni di persone» osserva Silvia Marsoni, la coordinatrice scientifica per Ifom.

I risultati dello studio Sagittarius potrebbero quindi cambiare completamente la pratica clinica, facendo in modo che i pazienti ricevano il trattamento giusto al momento giusto ed evitando trattamenti potenzialmente superflui ed effetti collaterali in modo tale da migliorare le cure e gli esiti post-chirurgici con ricadute positive non solo sulla prognosi ma anche sulla qualità di vita.

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