Agenda salute: proposte per un servizio sanitario più equo e sostenibile

Presentati a Roma alcuni suggerimenti riguardanti le politiche sanitarie contenuti in un documento promosso da Fondazione The Bridge, Università di Milano e di Pavia, con la collaborazione di diversi stakeholder

Eguaglianza e universalità sono i cardini su cui si basa il nostro Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e tali devono rimanere, nonostante la crisi che sta attraversando ormai da diversi anni. Per continuare a garantire un’adeguata copertura sanitaria universale occorrono misure e politiche chiave ed è in quest’ottica che ha preso vita l’evento Agenda Salute, tenutosi di recente a Roma, in cui è stato presentato un documento con alcune proposte di politiche sanitarie per avviare una vera riforma della sanità in Italia e dotarsi di un servizio sanitario più equo, partecipato e sostenibile. L’iniziativa è stata promossa da Fondazione The Bridge ETS, Università degli Studi di Milano e Università di Pavia, con la collaborazione di oltre 150 stakeholder tra società scientifiche, partiti, istituzioni, aziende farmaceutiche, associazioni di pazienti (tra cui la stessa Fondazione Mutagens) e altre figure chiave del settore.

I punti chiave per rinnovare il servizio sanitario

Sono cinque i temi principali presi in esame nel documento “Agenda Salute, per una riforma partecipata, sostenibile ed equa” presentato nel corso dell’evento romano. I temi affrontati dagli esperti intervenuti hanno riguardato in particolare la sanità integrativa, la ricerca e la sperimentazione clinica, la gestione di dati sanitari e privacy, le professioni sanitare del futuro nonché le strategie sanitarie in ottica di transizione energetica.

«La priorità è garantire una sanità di qualità e colmare le disparità territoriali presenti nel nostro Paese. Ciò significa intervenire sull’accessibilità dei servizi sanitari, valorizzando la medicina territoriale e di comunità e l’assistenza a domicilio» ha affermato Rosaria Iardino, presidente di Fondazione The Bridge, sottolineando l’urgenza di riformare il SSN, con servizi adeguati ad affrontare criticità come la frammentazione dell’accesso alle prestazioni, la debolezza dell’integrazione sociosanitaria, le liste d’attesa. «In questa prospettiva – ha detto Iardino -, abbiamo elaborato un documento centrato su cinque temi specifici con diverse proposte di politiche sanitarie da attuare, un’Agenda Salute che chiediamo di sottoscrivere per poter coinvolgere le istituzioni in modo ampio, condiviso e partecipato».

Governare la sanità integrativa

Come si legge nel documento, negli ultimi anni il tema della sanità integrativa è diventato sempre più centrale, ma allo stesso tempo appare ancora come una questione irrisolta dal punto di vista sia regolatorio sia gestionale. Un modello di finanziamento sanitario multi-pilastro potrebbe rappresentare un supporto per il nostro sistema sanitario, a patto però, che diversamente da quanto accaduto finora, sia governato. Occorre trovare un equilibrio tra la possibilità di accesso a prestazioni sanitarie tramite la sanità integrativa e il mantenimento di un sistema sanitario pubblico equo e universale per tutti i cittadini. Il processo in corso da diversi anni verso un sistema integrativo va quindi pianificato e gestito sul piano regolatorio e organizzativo, garantendo adeguati monitoraggio e vigilanza. Innanzitutto serve una maggiore trasparenza e il gruppo di lavoro di Agenda Salute richiede all’Osservatorio nazionale permanente dei fondi sanitari integrativi, istituito nel 2022, di pubblicare i dati della sperimentazione in atto, prima che il modello diventi effettivo nel 2025. Tra le altre proposte, si richiede di ampliare la funzione di finanziamento e rimborsabilità delle prestazioni nei confronti dei soggetti del sistema integrativo collettivo, tutelando gli interessi degli assistiti in una logica di continuità delle cure. Occorre, infine, implementare un modello che perfezioni la raccolta delle informazioni sulle prestazioni sanitarie, pubbliche e private, attraverso il fascicolo sanitario elettronico.

Ricerca e sperimentazione clinica: creare un’Agenzia e sinergie

La sperimentazione clinica costituisce un considerevole valore economico e socioeconomico e rappresenta una grande occasione di sviluppo per un territorio, oltre che un’importante opportunità terapeutica per i pazienti. Nonostante ciò quello della ricerca clinica risulta un tema ancora poco presente nell’agenda politica nel nostro Paese. Nel prossimo futuro è prevista una forte crescita a livello globale di nuove sperimentazioni e l’Italia ha ampi spazi di miglioramento che dipendono però dalle scelte politiche, organizzative ed economiche che intraprenderà nel breve periodo. Occorre creare le condizioni per lo sviluppo di un vero e proprio distretto della sperimentazione clinica nel nostro Paese per evitare, come già in parte sta avvenendo, che le aziende spostino risorse ed opportunità in altri Paesi europei. Da qui la proposta di creare un’Agenzia nazionale della ricerca sanitaria per sostenere lo sviluppo di una strategia nazionale e di una governance unitaria della ricerca e della sperimentazione clinica. Andrebbero coinvolti gli attori istituzionali, dal Ministero della Salute a quello dell’Università e della ricerca, dal CNR all’Istituto superiore di Sanita, ma anche altri partner strategici come società scientifiche, associazioni di pazienti e industrie farmaceutiche.

Un coordinamento delle attività di ricerca sanitaria consentirebbe di attivare nuovi canali di finanziamento (pubblici e privati), di sviluppare sinergie tra i progetti in corso, evitando duplicazioni e sovrapposizioni, nonché di promuovere sperimentazioni cliniche sull’effettivo beneficio clinico delle nuove opportunità terapeutiche per il paziente e per il sistema sanitario nazionale dal punto di vista dell’Health Technology Assesment.

Gestire in modo semplificato dati sanitari e privacy

Le informazioni raccolte nelle attività di assistenza clinica e quelle in possesso del servizio sanitario nazionale e regionale sono un patrimonio prezioso e potrebbero essere utilizzate per promuovere una medicina preventiva. Peccato però che oggi esistano dei gravi ritardi dovuti alla rigidità di applicazione del regolamento europeo 2016/679 (GDPR), nel quale i dati relativi alla salute sono stati inseriti tra le “categorie particolari di dati personali” per cui, in linea di massima, ne è vietato il trattamento, sebbene vi siano delle deroghe a tale divieto. Siamo quindi arrivati a un punto in cui la rigidità di applicazione del GDPR da parte delle autorità di vigilanza e l’eccessiva burocratizzazione della sanità in Italia rischiano di dare priorità al rispetto delle regole piuttosto che al beneficio che può derivare al cittadino e alla collettività dall’introduzione di una nuova procedura clinica. Da qui la proposta di iniziare a muovere passi nella direzione della semplificazione, sostenendo per esempio il Disegno di legge presentato al Senato il 5 marzo 2024 che regola la gestione dei dati sanitari con una modalità innovativa (sandbox), mutuata dall’ambito finanziario, che permette di affrontare in un ambiente protetto e sicuro i limiti posti all’utilizzo dei dati sanitari da parte delle autorità amministrative e di vigilanza e delle strutture di controllo interno alle entità impegnate nella ricerca scientifica (i DPO). La procedura sandbox garantisce infatti il trattamento e lo scambio dei dati sanitari nell’ambito di un percorso sperimentale, sotto la vigilanza rafforzata del Garante della privacy e dell’Agenzia per l’Italia digitale, al fine di assicurare il bilanciamento del diritto alla riservatezza con il diritto alla salute.

Le professioni sanitarie del futuro

Attualmente in Italia sono riconosciute 30 professioni sanitarie per oltre un milione e mezzo di professionisti che operano sia in strutture pubbliche che private. Ormi da diversi anni si stanno però modificando gli equilibri tra le diverse professioni esistenti, complici per esempio l’invecchiamento della popolazione e le nuove tecnologie, e per il futuro alcune saranno più richieste di altre e ne serviranno anche di nuove.

Si prevende che, tra le professioni riconosciute, le più richieste saranno l’infermiere professionista, l’assistente per la cura della persona, l’assistente infermiere, il medico tecnologo, il direttore sanitario e l’assistente sanitario a domicilio. Mentre tra le professioni, attualmente non riconosciute, più richieste ci saranno l’esperto di deep learning (addestratore di algoritmi), lo stratega del lifestyle, il telechirurgo, l’esperto di bioprinting (per progettare organi sintetici), il terapista realtà virtuale (per trattare i pazienti con nuove realtà, soprattutto in ambito di mental health) e l’analista di dati sanitari (per interpretare e sistematizzare i big data).

Secondo l’Agenda Salute, affinché si possano adottare logiche predittive affidabili e supportare uno sviluppo coerente delle figure professionali che saranno più richieste, occorre prevedere una riforma della formazione specialistica e delle lauree triennali abilitanti e l’istituzione di un tavolo interministeriale che si occupi di monitoraggio e individui i trend formativi utili a breve, medio e lungo termine e li espliciti in offerta formativa universitaria e corsi ECM.

Strategie sanitarie e transizione energetica

L’ambiente e la sua tutela hanno una valenza fondamentale per la tutela della salute collettiva. L’impatto del cambiamento climatico sulla salute umana è ormai comprovato e il settore sanitario è responsabile in media del 4,4% delle emissioni di anidride carbonica globali. L’Ue è la terza produttrice dopo Stati Uniti e Cina, e l’Italia si colloca tra quei Paesi il cui settore sanitario produce emissioni poco superiori alla media, con il 4% sul totale delle emissioni nazionali. 

È necessario, quindi, ripensare l’aspetto organizzativo e culturale delle strutture ospedaliere, ad esempio, inserendo gli ospedali negli elenchi delle aziende energivore e gasivore e istituendo un tavolo permanente con i Ministeri di competenza (Ambiente, Salute, Semplificazione), le rappresentanze regionali e le associazioni ospedaliere, per semplificare la normativa esistente, prevedendo l’Istituzione di un green team aziendale e l’adozione di un piano annuale delle politiche ambientali che promuova l’utilizzo di energie rinnovabili.

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