Più vicino vaccino contro il tumore dell’endometrio

Uno studio italiano apre la strada a un approccio vaccinale terapeutico per i carcinomi endometriali con un difetto dei sistemi di riparazione del DNA

Un team di ricercatori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore/Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma ha condotto una ricerca, durata due anni, che ha permesso di individuare una serie di neo-antogeni specifici per il tumore dell’endometrio che potrebbero diventare bersaglio di un vaccino terapeutico, chiamato NOUS-209, attualmente in sperimentazione per tumori del colon-retto e dello stomaco. I neo-antigeni sono molecole riconosciute come estranee dal sistema immunitario del singolo individuo e tipiche del tumore. Nel caso del nuovo studio, pubblicato sulla rivista Precision Oncology, si tratta un tipo particolare di tumori dell’endometrio, caratterizzati dalla presenza di un deficit del mismatch repair/instabilità dei microsatelliti, i quali rendono conto di circa il 30% di tutte le neoplasie endometriali.

Da sinistra Angelo Minucci, Elisa De Paolis e Francesco Fanfani

Lo studio apripista

Lo studio appena pubblicato è nato con l’obiettivo di fornire un razionale pre-clinico per l’impiego del vaccino NOUS-209, già oggetto di studi di fase I e II nel tumore dello stomaco e del colon-retto. A questo scopo sono state selezionate 35 pazienti con tumore dell’endometrio in fase avanzata con un deficit del mismatch repair, valutato con un semplice esame di immunoistochimica. Il passo successivo ha previsto il sequenziamento del genoma tumorale delle pazienti per valutare le ricadute di questo difetto genetico, in particolare la comparsa dei neo-antigeni, le proteine anomale che le cellule tumorali espongono sulla loro superficie a causa dei difetti genetici accumulati. «Queste proteine anomale non sono presenti nelle cellule normali, ma solo in quelle tumorali e possono fare da bersaglio per il vaccino costruito appunto contro questi neo-antigeni tumorali – spiega Elisa De Paolis, primo autore dello studio, biologa molecolare della Facility di Genomica di G-SteP del Policlinico Gemelli, diretta dal dottor Angelo Minucci -. Sfruttare a nostro vantaggio un difetto molecolare che accomuna diversi tumori e aver dimostrato che i difetti presenti nel tumore del colon o dello stomaco sono identificabili anche nelle pazienti con tumore dell’endometrio, consente di poter ampliare l’utilizzo del vaccino NOUS-209 anche alle donne con tumore dell’endometrio, che andrà testato in un prossimo trial di fase I».

Il vaccino sperimentale

Il vaccino NOUS-209, così chiamato per il numero di neo-antigeni che contiene e per il nome dell’azienda Nouscom che lo ha sviluppato (con sedi in Svizzera e a Roma), impiega quello che gli investigatori chiamano un approccio “di forza bruta”. In pratica il vaccino contiene 209 frammenti di neoantigeni specifici presenti in una serie di tumori, sia sporadici che ereditari, caratterizzati da deficit di mismatch repair/instabilità dei microsatelliti, in grado di stimolare un importante attacco del sistema immunitario contro il cancro. Dallo studio appena pubblicato è emerso che l’80% delle pazienti (28 su 35) presentava almeno un neo-antigene presente nel vaccino (16 in media, con un massimo di 45 neo-antigeni condivisi). Complessivamente, i ricercatori hanno identificato nei tumori delle pazienti ben 163 diversi neo-antigeni presenti anche in NOUS-209.

«Il lavoro appena pubblicato su Precision Oncology – afferma il professor Giovanni Scambia, direttore scientifico della Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS e uno dei promotori della ricerca insieme al professor Andrea Urbani, direttore della UOC  di chimica, biochimica e biologia molecolare clinica del Gemelli – è frutto di un grande impegno corale e testimonia appieno il grande impegno della Fondazione Policlinico Gemelli nella ricerca: da quella di base, alla ricerca traslazionale, agli studi clinici dalla fase I in poi».

Tumore dell’endometrio: le cure attuali e le prospettive future

Ogni anno si registrano in Italia circa 8.600 casi di tumore dell’endometrio, l’unica neoplasia ginecologica per la quale è evidente una tendenza all’aumento dell’incidenza, complici l’obesità e l’invecchiamento della popolazione. Il tipico campanello d’allarme di questo tumore è un sanguinamento ginecologico atipico in pre- o in post-menopausa, che porta la donna dal ginecologo.

Circa il 3% di tutti i tumori dell’endometrio si sviluppa nell’ambito della sindrome di Lynch. Questa condizione ereditaria, definita dalla presenza di una variante patogenetica germinale in uno dei geni di riparazione del DNA (geni del mismatch repair MLH1, MSH2, MSH6, PMS2), espone a un aumento del rischio di sviluppare neoplasie in vari distretti del corpo, anche ad insorgenza giovanile, le più frequenti a carico del colon-retto e dell’utero (endometrio). Spesso, nelle donne portatrici, il tumore dell’endometrio rappresenta l’evento sentinella, cioè la prima patologia neoplastica a insorgere.

«Il trattamento di questo tumore attualmente si avvale della chirurgia, della chemioterapia con immunoterapia (anti-PD-L1 e anti PD-1) e della radioterapia adiuvante (dopo l’intervento). A tutto questo potrebbe in futuro aggiungersi anche un vaccino terapeutico» conclude il professor Francesco Fanfani, Principal Investigator dello studio, associato di Ginecologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore della UOC Tumori dell’utero del Policlinico Gemelli.

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