Via libera alla prima immunoterapia antitumorale sottocute

La Commissione europea ha approvato l’immunoterapico atezolizumab anti-PD-L-1 per iniezione sottocutanea che trova impiego nei tumori di fegato, mammella, polmone e vescica

Via libera da parte dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) a un’importante novità nel campo dell’immunoterapia. È stata infatti approvata l’immissione in commercio della formulazione sottocutanea del farmaco immunoterapico di Roche atezolizumab, utilizzato nel trattamento di diversi tumori. Questa formulazione ha il vantaggio di ridurre i tempi di trattamento da 30-60 minuti a pochi minuti, riducendo così il carico di cura per i pazienti con conseguente miglioramento della qualità di vita.

I dati sulla nuova formulazione

L’approvazione di atezolizumab, un anticorpo monoclonale che mira a risvegliare l’azione dei linfociti T inibendo la proteina PD-L-1, si basa sui dati dello studio di fase IB/III IMscin001, che ha messo a confronto la formulazione sottocute con quella endovenosa su un campione di 371 pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule localmente avanzato o metastatico che non avevano risposto a chemioterapia. I dati raccolti hanno evidenziato sicurezza ed efficacia delle iniezioni sotto pelle. Inoltre il 90% degli operatori sanitari intervistati durante lo studio ha segnalato che la formulazione sottocute è più facile da somministrare e il 75% ha dichiarato che questa opzione potrebbe consentire un risparmio di tempo nell’organizzazione sanitaria rispetto alla formulazione endovenosa.

Le iniezioni sottopelle dell’immunoterapico sono state approvate per tutte le indicazioni del farmaco che viene utilizzato contro i tumori di fegato, vescica, polmone e mammella.

I vantaggi per il singolo e la sanità

«Questo tipo di somministrazione sicuramente sarà maggiormente gradita ai pazienti: passare da una somministrazione endovenosa ad un’iniezione sottocutanea ha certamente un impatto psicologico positivo oltre che un guadagno di momenti preziosi (da circa 1 ora per l’infusione a pochi minuti per l’iniezione) per il paziente e il suo caregiver – fa notare Silvia Novello, professoressa ordinaria di Oncologia Medica all’Università degli Studi di Torino e presidente WALCE Onlus (Women against lung cancer in Europe, Donne contro il tumore al polmone in Europa) -. Per il personale sanitario questo significherà poter riorganizzare l’attività di Day Hospital, migliorare i flussi e, a tendere, ridurre potenzialmente le liste di attesa per l’erogazione della terapia».   

Non si esclude, infine, anche la possibilità di consentire il trattamento al di fuori dell’ospedale.

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