Vaccini a mRNA personalizzati nuova arma contro il cancro

L’aggiunta di questa terapia innovativa all’immunoterapia standard ha migliorato la sopravvivenza in pazienti con melanoma ad alto rischio di recidiva

Dopo essere stati utilizzati per contrastare la pandemia da Covid-19, i vaccini a mRNA iniziano a dare risultati incoraggianti anche nella lotta ai tumori, in particolare nel melanoma. Lo segnala uno studio di Fase IIb in cui l’inibitore del checkpoint immunitario pembrolizumab, associato a un vaccino a mRNA personalizzato, ha portato a una migliore sopravvivenza libera da recidiva in pazienti con melanoma resecato ad alto rischio rispetto al solo farmaco immunoterapico. Ad annunciare il successo della sperimentazione sono state le aziende pioniere della tecnologia Moderna e MSD.

Riduzione del rischio di recidiva

Lo studio di fase IIb, denominato KEYNOTE-942  ha coinvolto 157 pazienti con melanoma di stadio III o IV (considerati ad alto rischio di recidiva) ai quali è stato somministrato il vaccino (mRNA-4157/V940) in combinazione al farmaco immunoterapico anti-PD-1 pembrolizumab, dopo la rimozione chirurgica completa del tumore. I risultati sono stati molto positivi: il rischio di recidiva o morte per questi pazienti si è ridotto del 44% rispetto a chi aveva ricevuto il solo l’inibitore del checkpoint immunitario.

«I risultati di questo studio randomizzato di fase IIb sono entusiasmanti – ha dichiarato Jeffrey S. Weber, ricercatore principale dello studio e vice direttore del Perlmutter Cancer Center presso la NYU Langone Health -. Questi dati forniscono la prima prova che possiamo migliorare i tassi di sopravvivenza senza recidiva raggiunti dal blocco di PD-1 nel melanoma resecato ad alto rischio».

Il vaccino personalizzato

Quello utilizzato nello studio è un tipo di vaccino diverso da quelli impiegati contro il Covid, che erano uguali per tutti, come spiega il professor Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di oncologia melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative dell’Istituto Pascale di Napoli, oltre che presidente della Fondazione melanoma. «In pratica si prende il tumore, che è stato resecato, lo si processa (se ne sequenzia il genoma) e attraverso un algoritmo vengono evidenziati 34 antigeni (proteine, ndr) più significativi della neoplasia e in base a questi viene sintetizzato l’mRNA che viene inoculato nel paziente. Il sistema immunitario viene quindi istruito a riconoscere come estranee le 34 proteine specifiche del paziente». Si tratta dunque di un vaccino personalizzato terapeutico che però potrebbe avere un ruolo nella prevenzione di eventuali metastasi.

Proseguimento e ampliamento dello studio

Potenzialmente la stessa strategia potrebbe essere utilizzata anche per altri tumori, ma prima è fondamentale che gli incoraggianti risultati ottenuti sul melanoma vengano confermati su un più ampio numero di pazienti. Proprio per questo motivo è in partenza uno studio di fase III, che coinvolgerà il Pascale di Napoli e altri ospedali italiani, nel quale verranno valutati gli effetti di tali vaccini personalizzati su una più ampia platea di pazienti e anche su altri tipi di tumori. Per avere i risultati definitivi servirà qualche anno, come puntualizza Ascierto. «In genere dal momento in cui inizia l’arruolamento al primo dato possono passare dai 3 ai 5 anni. Se i risultati saranno confermati, testimonieranno ancora una volta quanto la ricerca sia fondamentale». 

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