Tumori gastrointestinali in fase avanzata: cambio di rotta con l’immunoncologia

Cambia la pratica clinica negli adenocarcinomi gastroesofagei grazie a nuove strategie terapeutiche. Benefici importanti anche per il cancro del colon-retto con la duplice immunoterapia

Per curare i tumori gastrointestinali in fase avanzata scende in campo l’immunoncologia: la combinazione tra farmaci immunoterapici e chemioterapia apre nuove prospettive per chi presenta questo tipo di neoplasie. Merito della recente approvazione da parte dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) dell’immunoterapico nivolumab con due nuove indicazioni. Il farmaco ha ottenuto infatti la rimborsabilità, in combinazione con la chemioterapia, come trattamento di prima linea nell’adenocarcinoma dello stomaco, della giunzione gastro-esofagea e dell’esofago (nello specifico in pazienti HER2 negativi e PD-L1 con punteggio positivo combinato ≥ 5); e, in combinazione con un altro immunoterapico (ipilimumab), nei tumori metastatici del colon-retto con deficit del mismatch repair o elevata instabilità dei microsatelliti, dopo una precedente chemioterapia a base di fluoropirimidine.

I numeri dei tumori gastrointestinali

I tumori gastrointestinali sono neoplasie frequenti nei Paesi occidentali. In Italia ogni anno si contano circa 44 mila nuovi casi di cancro del colon-retto, più di 14 mila casi di tumore dello stomaco e circa 24 mila casi di quello dell’esofago. La sopravvivenza a cinque anni a queste neoplasie è molto variabile: si va dal 65% per il colon-retto, al 32% per lo stomaco fino a scendere al 22% nelle donne e al 13% negli uomini nel caso di tumori dell’esofago. «Queste differenze sono riconducibili anche alla disponibilità in Italia di efficaci programmi di screening per il cancro del colon-retto, che consentono di individuare e rimuovere i polipi adenomatosi, che costituiscono la più comune lesione preneoplastica prima della loro trasformazione» fa notare Ferdinando De Vita, direttore del Dipartimento medicina di precisione e professore di oncologia medica all’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli di Napoli.

I fattori di rischio

Gli stili di vita scorretti rappresentano i principali fattori di rischio per lo sviluppo delle neoplasie gastrointestinali, come sottolinea il professor De Vita. «Svolgono un ruolo centrale nello sviluppo dei tumori del colon-retto e dello stomaco il consumo eccessivo di carni rosse, insaccati, farine e zuccheri raffinati, l’obesità, la sedentarietà, l’abitudine tabagica e l’abuso di alcol. L’obesità e la malattia da reflusso gastroesofageo sono i fattori di rischio preponderanti per l’adenocarcinoma dell’esofago, divenuta la più frequente forma neoplastica a carico dell’esofago nei Paesi occidentali. Invece l’abuso di alcol e l’abitudine al fumo di sigaretta e al consumo di bevande e cibi molto caldi sono strettamente connessi alla forma squamosa».

Una percentuale minore, ma non trascurabile, di tumori gastrointestinali vede tra i fattori di rischio anche l’ereditarietà. Esistono infatti alcune condizioni ereditarie, a partire dalla sindrome di Lynch fino ad arrivare alla poliposi adenomatosa familiare (FAP), che predispongono allo sviluppo di alcune di queste neoplasie.

Nuove prospettive per gli adenocarcinomi gastroesofagei

L’adenocarcinoma gastrico rappresenta il 95% dei casi di tumore dello stomaco, peccato che la diagnosi avvenga quando il tumore è in fase iniziale solo nel 7% dei casi. Le forme metastatiche sono dunque comuni e per oltre 20 anni gli adenocarcinomi gastroesofagei (che possono riguardare stomaco, giunzione gastro-esofagea ed esofago) sono stati trattati fondamentalmente con la chemioterapia, con benefici limitati e scarsi progressi. «Oggi, grazie all’approvazione di AIFA, possiamo finalmente offrire ai pazienti un’opzione efficace, costituita dall’immunoterapia con nivolumab in combinazione con la chemioterapia che, come evidenziato nello studio CheckMate -649, è in grado di migliorare in modo significativo sia la sopravvivenza globale che quella libera da progressione» osserva Stefano Cascinu, direttore del Dipartimento oncologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e professore di oncologia medica all’Università Vita-Salute San Raffaele. Il miglioramento nella sopravvivenza, tuttavia, vale solo nella popolazione di pazienti che esprime PD-L1 con punteggio positivo combinato (CAP) ≥ 5, punteggio che può servire a prevedere l’efficacia della terapia.

Il 60% dei pazienti trattati con la combinazione ha ottenuto una risposta obiettiva rispetto al 45% con la sola chemioterapia. Nel 13% dei pazienti sono state osservate risposte complete. «Un risultato molto importante in cui ci aspettiamo di vedere i benefici dell’immunoterapia anche nel lungo termine. A questi vantaggi si aggiunge una buona qualità di vita» puntualizza Cascinu.

Le indicazioni per la nuova terapia e l’approccio multidisciplinare

I pazienti candidati alla terapia con la combinazione nivolumab e chemioterapia, in base all’approvazione di AIFA, sono circa il 60% del totale con malattia avanzata. Trattandosi di una percentuale notevole è ancora più importante identificarli perché il nuovo trattamento può cambiare la storia naturale della malattia.

Molto importante è anche la presa in carico multidisciplinare dei pazienti, in particolare nella fase avanzata della malattia: alcuni accorgimenti possono contribuire a migliorare anche la qualità di vita come evidenzia Claudia Santangelo, presidente di ‘Vivere senza stomaco (si può)’. «La gastrectomia, l’intervento di rimozione dello stomaco, determina un’alterazione delle abitudini alimentari e può causare una significativa perdita di peso. Si impara a mangiare con nuovi ritmi, per far fronte alla carenza di elementi come vitamina B12, ferro, folina, e agli sbalzi glicemici. È fondamentale che siano offerti al paziente piani dietetici da parte del gruppo multidisciplinare. Inoltre, da tempo, eravamo in attesa di nuove terapie efficaci in prima linea nella malattia metastatica. Questa nuova opzione di trattamento rappresenta un passo avanti decisivo per i pazienti».

Duplice immunoterapia per il colon-retto

La seconda novità importante, come accennato, riguarda il tumore del colon-retto: la duplice immunoterapia con nivolumab e ipilimumab è la prima opzione di trattamento per le forme tumorali resistenti alle terapie standard. Nello studio CheckMate -142 sono stati coinvolti pazienti con difetti di riparazione del mismatch o con elevata instabilità dei microsatelliti, con risultati incoraggianti. I dati raccolti hanno evidenziato un miglioramento significativo del tasso di risposta obiettiva che ha raggiunto il 65%, con il 13% di risposte complete, e una sopravvivenza a 4 anni nel 70% dei pazienti, quando l’atteso, in un contesto simile di pazienti con malattia pretrattata, è del 25% a un anno. «Circa il 5% dei casi di tumore del colon-retto metastatico presenta questa caratteristica, che per anni sembrava ridurre la probabilità di trarre beneficio dalla chemioterapia tradizionale, ma che ora si trasforma in un certo senso in vantaggio, poiché seleziona un sottogruppo di pazienti molto responsivi all’immunoterapia ed in particolare a nivolumab ed ipilimumab – segnala Sara Lonardi, direttore FF dell’Oncologia 3 all’Istituto Oncologico Veneto IRCCS di Padova -. Non di minore importanza, il trattamento è ben tollerato e ha portato un miglioramento della qualità di vita dei pazienti».

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