Tumore alla prostata: test germinali per guidare la terapia

Secondo uno studio recente bisognerebbe estendere il ricorso ai pannelli multigenici della linea germinale in quanto possono contribuire alla scelta della strategia terapeutica più valida per il cancro prostatico

Di norma i test genetici della linea germinale per il tumore della prostata sono raccomandati agli uomini in cui la malattia viene diagnosticata in fase avanzata, con l’obiettivo di guidare la scelta terapeutica, e a quelli con una storia familiare di cancro per prendere provvedimenti in termini di screening e di sorveglianza attiva, qualora venga diagnosticato il tumore. I pannelli genetici disponibili in commercio includono un numero limitato di geni correlati ai meccanismi di riparazione del DNA (per esempio BRCA1, BRCA2, ATM, CHEK2, ecc). È possibile che tali pannelli siano incompleti e non considerino geni che possono influenzare il rischio di cancro della prostata e di malattia aggressiva, come suggerisce un nuovo studio, pubblicato di recente sulla rivista JAMA Oncology. Analizzando l’intero DNA di oltre 17 mila uomini, gli autori hanno scoperto che, in virtù delle possibili ripercussioni sulla migliore scelta terapeutica, sarebbe utile estendere i test genetici germinali anche agli uomini con tumore della prostata non aggressivo perché i portatori di mutazioni in geni di predisposizione hanno maggiori probabilità di sviluppare una malattia avanzata.

Sequenziamento esteso e test genetico germinale

Gli autori dello studio si sono posti l’obiettivo di indagare l’associazione tra varianti deleterie e varianti genetiche di significato incerto nei geni di suscettibilità al cancro (in particolare in quelli coinvolti nei meccanismi di riparazione del DNA) e il rischio di tumore alla prostata. A questo scopo hanno condotto un ampio studio di sequenziamento NGS dell’intero esoma (ovvero la parte codificante del genoma) di 8361 pazienti con malattia non aggressiva e 9185 individui con cancro aggressivo, inclusi 2397 casi con metastasi a distanza. Gli stessi pazienti sono stati inoltre sottoposti a test genetico germinale con un pannello multigenico di 29 geni di suscettibilità al cancro, molti dei quali sono inclusi nei pannelli che si utilizzano nella routine. Questa doppia analisi genetica mirava a capire se varianti patogenetiche in altri geni, al di là di quelli finora associati al rischio di cancro alla prostata, potessero contribuire al rischio di sviluppare un tumore aggressivo.

Estensione dei test genetici

Lo studio genetico ha evidenziato innanzitutto una chiara associazione tra tumore prostatico aggressivo o metastatico e varianti deleterie in geni di suscettibilità noti, in particolare BRCA2 e ATM, seguiti da NBN. Sono inoltre emersi dati di associazione anche con varianti deleterie nei geni MSH2, XRCC2 e MRE11A e in altri cinque geni (TP53, RAD51D, BARD1, GEN1 e SLX4), sebbene in quest’ultimo caso non siano state evidenziate differenze significative nella frequenza tra i soggetti con tumore aggressivo e quelli con malattia non aggressiva. Varianti deleterie di questi undici geni sono state rilevate nello specifico nel 2,3% dei pazienti con tumore non aggressivo, nel 5,6% dei soggetti con malattia aggressiva e nel 7% di coloro che presentavano metastasi.

«I risultati di questo studio forniscono ulteriore supporto all’importanza dei test genetici germinali per indirizzare meglio la gestione della malattia negli uomini con tumore alla prostata, ma suggeriscono anche l’opportunità di estendere tali test agli uomini con malattia non aggressiva, poiché gli uomini portatori di varianti deleterie nei geni di riparazione del DNA hanno maggiori probabilità di sviluppare tumori più avanzati» concludono gli autori dello studio.

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