Tumore al seno: preservare la fertilità non ha ripercussioni negative sulla malattia

Le tecniche di crioconservazione al momento della diagnosi di cancro della mammella non aumentano i tassi di recidiva e non peggiorano la sopravvivenza

Sottoporsi a procedure di preservazione della fertilità, con o senza stimolazione ormonale, al momento della diagnosi di tumore al seno non sembrerebbe associato ad alcun aumento del rischio di recidiva o di mortalità specifica per la malattia oncologica. La buona notizia arriva da uno studio svedese, pubblicato su JAMA Oncology, nel quale sono state prese in considerazione più di mille donne con tumore al seno, con un’età media alla diagnosi di circa 33 anni.

Tumori e fertilità

L’infertilità associata alle terapie oncologiche è un problema importante per le donne che sviluppano un tumore in età riproduttiva. Per questo motivo, premettono gli autori dello studio, le pazienti andrebbero sempre informate tempestivamente circa la possibilità di sottoporsi a procedure per la preservazione della fertilità. «Attualmente, i metodi consolidati per le pazienti di sesso femminile includono la crioconservazione di embrioni, ovociti e tessuto ovarico. La crioconservazione di embrioni e/o ovociti può essere offerta quando le condizioni della paziente le consentono di sottoporsi a un trattamento di stimolazione ovarica controllata, che richiede circa due settimane per il completamento» spiegano i ricercatori svedesi.

La stimolazione ovarica controllata determina un aumento dei livelli di estrogeni nel sangue e c’è il timore che questo evento possa stimolare la crescita del tumore e aumentare il rischio di metastasi nelle donne con cancro al seno sensibile agli ormoni. Gli studi condotti finora tuttavia non hanno riscontrato rischi più elevanti di recidiva e mortalità e la nuova ricerca svedese ha confermato questo dato in una corte più ampia di pazienti.

Preservare la fertilità è sicuro

I ricercatori svedesi hanno preso in esame 1275 donne di età compresa tra i 21 e i 42 anni al momento della diagnosi di tumore al seno (avvenuta tra il 1994 e il 2017), di cui 425 sottoposte a trattamenti di preservazione della fertilità. In particolare 58 donne si erano sottoposte a crioconservazione del tessuto ovarico, 362 a stimolazione ovarica controllata per la conservazione di ovociti e/o embrioni e 5 donne a una combinazione di questi metodi. Ebbene l’analisi dei dati ha evidenziato che la sopravvivenza specifica per malattia e libera da recidiva era simile tra i diversi gruppi di donne, ovvero quelle sottoposte a tecniche che prevedevano la stimolazione ormonale, le donne sottoposte a preservazione della fertilità senza stimolazione ormonale e quelle non sottoposte ad alcuna procedura per la fertilità.  «I risultati di questo studio forniscono prove aggiuntive sulla sicurezza delle procedure di preservazione della fertilità nelle donne con tumore al seno e possono influenzare l’attuale pratica sanitaria a beneficio delle giovani donne con questa neoplasia che desiderano preservare la loro fertilità. Le donne con diagnosi di cancro mammario durante i loro anni riproduttivi dovrebbero essere indirizzate, se interessate, alla consulenza sulla fertilità e informate sulla sicurezza delle procedure offerte. Studi futuri mirati a valutare la sicurezza a lungo termine delle tecniche di preservazione della fertilità nelle giovani donne dovrebbero idealmente prevedere un follow-up ancora più lungo» concludono gli studiosi svedesi.

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