Tumore al seno: nuove prospettive con la chemioterapia “smart”

Presentato all’ASCO uno studio innovativo sui benefici della terapia con un anticorpo farmaco-coniugato, destinata a rivoluzionare il trattamento del cancro della mammella metastatico

Si chiama Destiny-Breast04 (DB04) lo studio presentato in sessione plenaria al congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), con tanto di standing ovation, che segna una rivoluzione e rompe alcuni dogmi nella classificazione e nel trattamento del tumore al seno metastatico. Oggetto dello studio, pubblicato in contemporanea sul New England Journal of Medicine, un anticorpo monoclonale contro la proteina HER2 (trastuzumab) coniugato a un chemioterapico molto potente (deruxtecan). Questo farmaco, denominato trastuzumab deruxtecan, è già registrato negli USA e approvato in Europa per il trattamento del tumore al seno metastatico HER2 positivo (HER2+). Adesso, trastuzumab deruxtecan ha mostrato di essere molto efficace anche in tumori che fino a poco tempo fa erano classificati come HER2 negativi (HER2-), ma che in realtà possono esprimere la proteina HER2, anche se in maniera limitata, e per questo motivo sono stati denominati HER2-low. Ne parliamo con Giampaolo Bianchini, responsabile della Patologia oncologica della mammella al San Raffaele di Milano e membro del Comitato Scientifico della Fondazione Mutagens.

Giampaolo Bianchini

La rivoluzione degli anticorpi-farmaco coniugati

«Quella degli anticorpi farmaco-coniugati è una delle nuove frontiere della terapia oncologica – premette Bianchini –. Nel caso specifico di trastuzumab deruxtecan, l’anticorpo monoclonale trastuzumab non mira a bloccare il segnale tumorale HER2, ma viene sfruttato per veicolare al bersaglio (le cellule tumorali) il farmaco deruxtecan. Quest’ultimo è un chemioterapico molto tossico, che non potrebbe essere somministrato da solo, in quanto danneggerebbe anche le cellule sane. Si tratta dunque di una chemioterapia “smart”, intelligente, che agisce solo dove serve».

I tumori della mammella HER2-low

Fino ad ora i tumori mammari sono stati classificati in diversi “tipi” in base ad alcune caratteristiche molecolari. In particolare, in relazione ai recettori ormonali (HR) presenti sulle cellule e l’espressione o meno della proteina HER2. In questo modo i carcinomi sono stati distinti in HR+ e HER2-; HER2+ per via di un’alta espressione della proteina HER2 e triplo negativi (HR-/HER2-) per l’assenza di HR e di HER-2. «Ora lo studio DB04 ridisegna questa classificazione – rompendo il dogma dicotomico HER2+ o HER2- – , e individua un nuovo gruppo di tumori della mammella, definiti appunto HER2-low. In questa categoria possono rientrare anche tumori HR+ e, in percentuale minore, triplo negativi, che producono poca proteina HER2. In queste forme HER2-low l’innovativo anticorpo farmaco-coniugato (trastuzumab deruxtecan) ha dato risultati straordinari» spiega Banchini.

I benefici offerti dalla chemioterapia smart

Lo studio DB04 è stato condotto su 557 donne con tumore mammario non operabile o metastatico, con recettori ormonali (HR) negativi o positivi e HER2-low, che potevano aver già ricevuto una o due linee di chemioterapia. In pratica gli autori hanno confrontato l’efficacia di trastuzumab deruxtecan rispetto alla chemioterapia standard. «I dati raccolti mostrano che le pazienti con tumori HR+ trattate con trastuzumab deruxtecan hanno avuto una riduzione di ben il 49% del rischio relativo di progressione di malattia – fa notare Bianchini -. Non solo, l’anticorpo farmaco-coniugato ha mostrato anche un aumento della sopravvivenza (con una riduzione di mortalità del 36%) rispetto al gruppo trattato con la chemioterapia. Risultati analoghi sono stati ottenuti anche nella sottopopolazione di donne con tumori triplo negativi HER2-low. Nonostante l’esiguità del numero di tali pazienti (60), l’entità del beneficio sembra essere simile a quella osservata nei tumori HR+/HER2-low».

Riconoscere lo stato HER2-low

Alla luce dei risultati ottenuti nello studio DB04, per le pazienti diviene molto importante conoscere quale livello di HER2 esprime il loro tumore. Ciò può essere fatto utilizzando test già disponibili, come puntualizza l’esperto. «Il livello di espressione di HER2 si determina mediante due test, l’analisi immunoistochimica, che misura la quantità di proteina HER2 presente sulle cellule cancerose, e l’ibridazione in situ (ISH), che valuta quanto è amplificato il gene (in pratica conta le copie del gene HER2) nelle cellule tumorali». Fino ad ora era importante sapere soltanto se il tumore fosse HER2+ o HER2-. In futuro, quando la nuova terapia sarà disponibile, sarà opportuno che gli anatomopatologi  identifichino in modo preciso e accurato sia i livelli di espressione di HER2 che il numero di cellule positive, e probabilmente sarà necessario creare dei nuovi sistemi di classificazione che permettano di identificare tutte le pazienti “HER2-low” le quali possano beneficiare di questa nuova terapia.

Le ricadute nella pratica clinica    

I risultati dello studio DB04 avranno un impatto enorme sulla gestione dei pazienti, cambiando la pratica clinica, con la possibilità di trattare migliaia di pazienti con un anticorpo farmaco-coniugato, riducendo gli effetti collaterali della chemioterapia e migliorando il tempo di controllo del tumore e la sopravvivenza globale.

«La portata di questo studio è legata da una parte all’entità del beneficio terapeutico dimostrato dalla chemioterapia intelligente con trastuzumab deruxtecan e dall’altra al fatto che una terapia anti-HER2 possa funzionare in tumori che fino a poco tempo fa avremmo considerato HER2 negativi. Questa nuova ricerca rompe il dogma che i tumori che esprimono una scarsa quantità di proteina HER2 e nei quali il gene HER2 non è amplificato non possano beneficiare delle terapie anti-HER2» conclude Bianchini.

Antonella Sparvoli

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