Trend in crescita per i test genetici preimpianto per le sindromi tumorali ereditarie

Il Consorzio-PGT della Società Europea della Riproduzione Umana ed Embriologia (ESHRE) ha raccolto i dati provenienti dai principali centri europei che eseguono diagnosi preimpianto evidenziando una crescita delle richieste da parte di coppie portatrici di mutazioni in geni di suscettibilità al cancro

Rispetto al passato, da alcuni anni è evidente una tendenza in crescita dei test genetici preimpianto (PGT), complice la maggiore conoscenza delle malattie genetiche. Lo conferma uno studio pubblicato sulla rivista Human Reproduction Open per mano del Consorzio-PGT della Società Europea della Riproduzione Umana e Embriologia (ESHRE), che riunisce esperti nel settore delle analisi e degli screening genetici preimpianto e raccoglie periodicamente i dati dei centri  europei che eseguono PGT.

I dati appena pubblicati si riferiscono al 2018 e sono stati forniti da 44 centri partecipanti su base volontaria. Oltre al trend in aumento delle coppie che si rivolgono a centri specializzati di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) per le analisi genetiche preimpianto (PGT), è interessante l’osservazione che la seconda più frequente indicazione alla PGT-M (Test genetici preimpianto per le malattie monogeniche) è per la ricerca di varianti patogeniche dei geni BRCA1 e BRCA2, implicati in un aumento del rischio di sviluppare tumori al seno e all’ovaio, ma non solo. Approfondiamo il tema con Francesca Spinella, genetista Chair del PGT-Consortium dell’ESHRE.

Francesca Spinella

I tipi di PGT

«Il PGT-Consortium dell’ESHRE raccoglie i dati su tre tipi di analisi genetiche preimpianto – premette Spinella -. Si tratta in particolare della PGT-A, un test genetico sugli embrioni per individuare anomalie cromosomiche numeriche (aneuploidie); della PGT-SR, che consiste nell’analisi delle anomalie nella struttura dei cromosomi (traslocazioni); e della PGT-M, che serve per rivelare una malattia genetica legata alla presenza di una mutazione patogenica in uno specifico gene che un embrione è a rischio di ereditare dai genitori, come nel caso della fibrosi cistica, della malattia di Huntington o della sindrome di predisposizione del cancro ereditario della mammella e dell’ovaio (HBOC, spesso legata a mutazioni nei geni BRCA, anche se possono essere coinvolti altri geni di suscettibilità, in particolare quelli coinvolti nella ricombinazione omologa, come PALB2, ATM e CHECK2)».

La PGT-A e la PGT-SR vengono eseguite utilizzando la moderna tecnologia NGS (Next generation sequencing), mentre la PGT-M prevede l’analisi traghettata della mutazione nota sul gene associato alla malattia.

I dati europei

I dati recentemente pubblicati dal Consorzio europeo mostrano che nel 2018 sono state eseguite 1.388 analisi per PGT-M, 462 analisi per PGT-SR, 3.003 analisi per PGT-A e 338 analisi per PGT-M/SR concomitante con PGT-A.

Quasi due terzi delle analisi PGT-M (64%) sono state eseguite per una malattia autosomica dominante (i figli con un genitore affetto hanno il 50% di probabilità di ereditare la patologia), seguite dai test per malattie autosomiche recessive (i figli di genitori entrambi portatori sani, hanno il 25% di probabilità di avere la malattia) e legate al cromosoma X, che rappresentavano rispettivamente il 19% e il 18%.

Il 9% delle analisi è stato eseguito per la malattia di Huntington (autosomica dominante), seguita dalla sindrome del cancro ereditario della mammella e dell’ovaio (5,4%), dalla sindrome dell’X fragile (5,3%), dalla distrofia miotonica di tipo 1 (4,5%) e dalla fibrosi cistica (3,7%).

Test preimpianto per le sindromi tumorali ereditarie

La PGT-M per malattie monogeniche permette di distinguere gli embrioni portatori della mutazione associata alla patologia da quelli non mutati. Nel caso delle sindromi tumorali ereditarie, come la sindrome HBOC (geni BRCA) o la sindrome di Lynch, c’è però un aspetto di fondamentale importanza da tenere in considerazione, come fa notare Spinella. «Queste condizioni, diversamente da patologie monogeniche come, per esempio, la malattia di Huntington, non sono associate allo sviluppo certo di una o più neoplasie, ma ne aumentano il rischio relativo rispetto al rischio di base di chi non ne è portatore. Proprio per questo motivo, prima di “deselezionare” un embrione mutato, è indispensabile una valutazione con il genetista che tenga conto non solo della presenza della mutazione, ma anche della storia familiare di cancro per cercare di quantificare meglio l’entità del rischio oncologico. Occorre fare un attento bilanciamento e la scelta della coppia deve essere presa solo dopo aver ben compreso tutte le sfaccettature. Altrimenti si rischia di “deselezionare” un embrione con potenzialità di sviluppo e che potrebbe anche non sviluppare tumori, senza considerare che oggi si può contare su valide strategie di sorveglianza e terapie sempre più efficaci. Inoltre non bisogna dimenticare che quello della fecondazione assistita è un percorso difficile e senza garanzie di successo (più aumenta l’età dei futuri genitori, minori sono le possibilità di generare un figlio)».

Le indicazioni

L’indicazione a eseguire la PGT-M per le sindromi ereditarie di predisposizione al cancro dovrebbe dunque venire dal genetista. Quest’ultimo, dopo aver valutato l’albero genealogico e quindi la storia familiare di quel paziente e di quella mutazione germinale, stabilisce il rischio complessivo di cancro per la prole e in base a questa stima dà o meno l’indicazione alla PGT-M.

Una volta avuta l’indicazione del medico genetista, la paziente si può rivolgere a un centro che effettui la PGT-M, che può essere pubblico o privato, e sottoporsi a questa indagine. «In Italia i centri pubblici che eseguono la PGT-M, inclusa quella per le sindromi di predisposizione al cancro, sono pochi e concentrati in un numero limitato di regioni. Motivo per cui spesso la PGT-M non è accessibile alle coppie che non possono permettersi di pagare di tasca propria. L’auspicio è che in futuro la PGT possa essere inserita nei LEA e offerta tramite il Sistema sanitario nazionale, in modo tale da rendere più accessibili tali percorsi diagnostici a tutte le coppie italiane» conclude Spinella.

Antonella Sparvoli

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