Sindrome di Lynch e tumore al seno: esiste un legame?

Gli studi sul tema sono contrastanti. Da qui l’idea di un progetto nazionale per dirimere ogni dubbio sul possibile maggior rischio di cancro della mammella nelle donne con questa condizione ereditaria di predisposizione ai tumori

Oggi è ormai ben chiaro che la sindrome di Lynch comporta un maggior rischio di sviluppare alcuni tumori, in particolare quelli di colon-retto, endometrio ed ovaio. Non solo, negli scorsi anni è emersa una correlazione anche con i sarcomi che, almeno in alcuni casi, oggi rientrano tra i criteri minori per la diagnosi della sindrome. Sono, invece, ancora controversi i dati inerenti una possibile correlazione tra la sindrome di Lynch e il tumore mammario, come ha ricordato Bernardo Bonanni, direttore della Divisione di Prevenzione e Genetica Oncologica dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano, nella sua presentazione fatta all’ultimo congresso di AIFET (Associazione Italiana Familiarità ed Ereditarietà dei Tumori).

Da qui l’idea di dare vita a un progetto nazionale per stabilire una volta per tutte se esista una o meno un nesso.

Bernardo Bonanni
Bernardo Bonanni

Dati contrastanti

Gli studi condotti negli ultimi 20 anni non depongono fortemente per una correlazione tra sindrome di Lynch e tumore della mammella: alcuni lavori non hanno trovato una relazione, altri però hanno dato suggestioni interessanti. Queste ricerche hanno cercato di capire se i tumori della mammella riscontrati nelle donne con la sindrome di Lynch avessero delle caratteristiche particolari. «L’obiettivo era duplice – spiega Bonanni -, da una parte si puntava a evidenziare una correlazione suggestiva tra la mutazione e il rischio anche di tumore al seno (che non fa parte dello spettro classico di tale sindrome ereditaria), dall’altra a portare alla luce un eventuale legame con tumori mammari particolari, per esempio triplo negativi o con caratteristiche che li rendono suscettibili di una terapia diversa da quella standard, come l’immunoterapia. Alcuni dati hanno dato in effetti questi suggerimenti. Il problema è che le casistiche dei diversi studi erano varie, disomogenee, spesso numericamente piccole e difficilmente confrontabili. Il risultato è che il quesito è rimasto aperto».

La casistica dell’IEO

«Per cercare di dirimere i dubbi abbiamo in primo luogo analizzato con attenzione la casistica di tutte le donne che abbiamo sottoposto al test genetico per la sindrome di Lynch all’Istituto Europeo di Oncologia. L’obiettivo era quello di vedere quante avessero sviluppano il tumore mammario, escludendo, in questi casi, l’eventuale ruolo di altri geni di predisposizione al cancro al seno (per esempio BRCA)» riferisce Bonanni.

Nel complesso sono state individuate 151 pazienti, 20 delle quali hanno sviluppato un tumore al seno, che in quattro casi era di tipo triplo negativo. «Sembrerebbe che ilrischio di tumore mammario in questa popolazione di donne con la sindrome di Lynch sia in effetti leggermente superiore alla popolazione normale, ma serve una casistica più ampia per capire se ci sia o meno un nesso. Da qui la nostra proposta di mettere insieme i dati relativi su un numero maggiore di pazienti coinvolgendo, con la collaborazione di AIFET, i centri nazionali con le loro casistiche».

Il progetto

«Per ora siamo nella fase ideativa del progetto – puntualizza Bonanni -. C’è stato un confronto interno con i diversi specialisti di IEO, a partire dallo statistico. L’obiettivo iniziale è infatti quello di creare un database centralizzato con le caratteristiche genetiche e clinico-patologiche dei soggetti con sindrome di Lynch e poi avviare uno studio caso-controllo. L’ambizione è quella di riuscire a raccogliere i dati relativi ad almeno 100 casi di tumore mammella in donne con la sindrome di Lynch e confrontarli con quelli di 200 pazienti con la stessa sindrome ma senza tumore della mammella per vedere se emergono delle differenze tra i due gruppi».

Se lo studio dovesse dimostrare che una percentuale, seppur minore, di donne con la sindrome di Lynch, magari con una specifica mutazione, ha un rischio aumentato di tumore della mammella, le ricadute sarebbero rilevanti, in particolare sul fronte della prevenzione. «Nelle donne con un rischio aumentato a quel punto potremmo proporre degli screening anticipati, magari con la risonanza magnetica, come già si fa nelle donne ad alto rischio» conclude l’esperto.

Antonella Sparvoli

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