Poliposi adenomatosa familiare: le potenzialità della chemioprevenzione

L’uso dell’inibitore del recettore del fattore di crescita epidermico erlotinib ha portato a una riduzione di circa un terzo dei polipi duodenali dopo sei mesi di trattamento

Secondo uno studio di fase II, pubblicato di recente sulla rivista Gut, il ricorso alla terapia preventiva con l’inibitore del recettore del fattore di crescita dell’epidermide erlotinib ridurrebbe di circa il 30% il carico di polipi duodenali dopo sei mesi di trattamento una volta alla settimana nei pazienti affetti da poliposi adenomatosa familiare (FAP).

Se tali dati venissero confermati da studi più ampi, questa strategia di farmacoprevenzione potrebbe avere un impatto considerevole nella pratica clinica e diventare un pilastro per la prevenzione del tumore duodenale in questa popolazione di pazienti ad alto rischio.

FAP e chemioprevenzione

La poliposi adenomatosa familiare (FAP) è una malattia ereditaria caratterizzata dalla formazione di numerosi polipi adenomatosi nel colon-retto, ma anche nel duodeno, esponendo così i pazienti a un maggior rischio di cancro del colon e del duodeno. Per cercare di ridurre il rischio a carico del duodeno sono stati sperimentati approcci di farmacoprevenzione. In particolare inizialmente è stata testata la combinazione di sulindac (inibitore di COX-2) ed erlotinib che si è rivelata in grado di ridurre il carico di polipi del duodeno, a fronte però di un tasso di eventi avversi relativamente alto. Nel nuovo studio, ricercatori della Mayo Clinic di Rochester, hanno valutato i possibili vantaggi derivanti dalla somministrazione del solo erlotinib. In particolare il trial ha analizzato il profilo di effetti indesiderati associati a tale farmaco, utilizzato secondo uno schema di dosaggio settimanale.

Riduzione dei polipi duodenali

Nello studio multicentrico della Mayo Clinic, 46 ​​adulti con FAP (età media 44 anni, 48% donne) hanno assunto 350 mg di erlotinib per via orale una volta alla settimana per sei mesi. Al termine del periodo di trattamento il carico di polipi duodenali si è ridotto in modo significativo di quasi il 30% e un risultato analogo è stato ottenuto con i polipi gastrointestinali.

In generale questo regime di somministrazione è stato ben tollerato, tuttavia sette pazienti su dieci sono andati incontro ad alcuni effetti collaterali. L’evento avverso più comune è stata un’eruzione cutanea simil-acneiforme, osservata nel 56,5% dei pazienti, gestita con cortisone per via topica e/o clindamicina. Tra gli altri effetti collaterali associati a erlotinib ci sono stati la mucosite orale (6,5%), la diarrea (50%) e la nausea (26,1%).

Le possibili ricadute future

«I risultati di questo studio di fase II supportano ulteriori trial con erlotinib in qualità di agente preventivo efficace e con un profilo di effetti indesiderati accettabile per la poliposi gastrointestinale associata alla FAP – sostengono gli autori -. Se questi risultati saranno confermati ed estesi nelle ricerche future, questa strategia ha le potenzialità per avere un impatto sostanziale sulla pratica clinica, riducendo, ritardando o aumentando gli interventi endoscopici e chirurgici, e rappresentando una terapia cardine per la prevenzione del cancro duodenale in questa popolazione di pazienti ad alto rischio».

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