Melanoma metastatico: migliori risultati con l’immunoterapia precoce

Uno studio internazionale dimostra che trattare i pazienti prima con farmaci immunoterapici e poi con la terapia target è una strategia migliore per guarire dalla malattia avanzata

Secondo uno studio internazionale, coordinato dall’Istituto dei tumori Pascale di Napoli, la strategia più valida per sconfiggere il melanoma metastatico è ricorrere in prima battuta all’immunoterapia, a cui far seguire la terapia target dopo la progressione. Gli ultimi dati dello studio, denominato Secombit, sono stai presentati al congresso dell’European Society of Medical Oncology (ESMO). Gli autori della ricerca hanno preso in esame più di 200 persone in 10 Paesi europei, con l’obiettivo di individuare la giusta sequenza di terapie nei soggetti con melanoma metastatico che presentano la mutazione del gene BRAF.

Melanoma BRAF mutato

Il melanoma metastatico è stato il primo tumore in cui l’immunoterapia ha rivelato le sue enormi potenzialità. Se prima dell’avvento dei farmaci immunoterapici l’aspettativa di vita delle persone con melanoma metastatico era di pochi mesi, oggi grazie a questi farmaci il 20% dei pazienti è vivo a 10 anni dalla diagnosi. La mutazione del gene BRAF, che ha un ruolo fondamentale nel controllo della proliferazione dei melanociti (le cellule da cui ha origine il melanoma), è presente in circa il 50% dei melanomi ed è capace di attivare in maniera abnorme la proliferazione cellulare neoplastica.

Le tre opzioni testate

Lo studio Secombit è stato pensato per capire quale di tre sequenze terapeutiche fosse la migliore nei pazienti con melanoma metastatico BRAF mutato. La prima prevede la combinazione di terapie target, seguite dal trattamento immunoterapico con due molecole, nivolumab e ipilimumab, dopo la progressione della malattia. La seconda opzione consiste nel ricorso alla duplice immunoterapia, per proseguire, dopo la progressione, con le terapie target. Infine l’ultima opzione si basa sul cosiddetto “sandwitch arm”, cioè la sequenza di terapie target e della combinazione delle due immunoterapie e, solo in caso di progressione, la prosecuzione con terapie target.

La sequenza “vincente”

Ebbene, i dati raccolti fino ad ora mostrano che la seconda strategia, che prevede l’avvio con la combinazione di immunoterapie, consente di raggiungere la migliore sopravvivenza globale a 4 anni, pari al 63%, rispetto all’avvio con la terapia target (46%) o con la terza opzione (59%). «I dati preliminari indicano una sopravvivenza libera da progressione totale pari al 55% iniziando con la combinazione di nivolumab e ipilimumab, rispetto al 29% con la terapia a bersaglio molecolare e al 54% con la terza opzione. La scelta dell’immunoterapia prima della terapia target è quindi sostenuta da questi dati» ha segnalato Paolo Ascierto, direttore del Dipartimento di melanoma e immunoterapia dell’Istitituto dei tumori di Napoli, in occasione della presentazione dei dati all’ESMO.

Lo studio Secombit ha inoltre dimostrato per la prima volta che pazienti con un elevato Ldh, l’enzima che correla il carico di malattia, o che avevano molte metastasi, presentavano un andamento migliore con la seconda e la terza opzione terapeutica.

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