Medicina di precisione: scende in campo la terapia genica anti-cancro

Ricercatori italiani hanno messo a punto una strategia per inibire la crescita del glioblastoma in modelli sperimentali della malattia. In futuro possibili applicazioni su altri tumori

In uno studio pubblicato di recente sulla rivista Science Translational Medicine, un gruppo di ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) ha dimostrato l’efficacia, in un modello sperimentale di glioblastoma multiforme (il tumore cerebrale più comune e aggressivo negli adulti), di una piattaforma di terapia genica che permette di veicolare in maniera mirata, selettiva e regolabile il rilascio di molecole immunostimolanti nel tumore. I risultati mostrano una riduzione significativa della massa tumorale e l’aumento della sopravvivenza a lungo termine dei modelli animali. Si tratta di dati molto incoraggianti che potrebbero aprire la strada all’uso di tale approccio anche per altri tumori.

Immunoterapia genica dei tumori

Durante la loro crescita i tumori richiamano alcune cellule del sistema immunitario, in particolare i macrofagi, che vengono usate dal tumore stesso a suo favore, per esempio per formare nuovi vasi sanguigni necessari per nutrire le cellule tumorali. Tuttavia modificando geneticamente i macrofagi è possibile contrastare il tumore, portando al suo interno molecole che ne blocchino la crescita.

«Da parecchi anni lavoriamo allo sviluppo di una strategia di immunoterapia genica mirata ai tumori – spiega Luigi Naldini, direttore di SR-Tiget e professore dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano nonché uno dei coordinatori della ricerca, sostenuta dalla Fondazione AIRC -. Ingegnerizziamo in laboratorio con vettori lentivirali (derivano da virus appartenenti alla famiglia dei retrovirus) le cellule staminali emopoietiche, che danno origine a tutte le cellule del sangue, tra cui i monociti, che si distribuiscono nei tessuti diventando macrofagi e contribuendo al ricambio di queste cellule e alla risposta immunitaria. I vettori sono progettati in modo da esprimere le citochine terapeutiche esclusivamente nei monociti derivati dalle staminali ingegnerizzate che raggiungono il sito tumorale».

In pratica quando i macrofagi modificati vengono richiamati dal tumore, possano esprimere al suo interno una molecola immunostimolante, come l’interferone alfa o l’interleuchina 12, in grado di agire a diversi livelli allo stesso tempo sulla neoplasi. Per esempio, l’interferone alfa è in grado di inibire la crescita dei vasi sanguigni che nutrono il tumore, ma può anche attivare e ripristinare la funzionalità del sistema immunitario contro la malattia.

I risultati nel glioblastoma

Il glioblastoma multiforme è un tumore caratterizzato da una rapida proliferazione cellulare e, come già accennato, da uno sviluppo anomalo di vasi sanguigni che forniscono nutrimento al tumore nonché da un microambiente tumorale particolarmente immunosoppressivo che impedisce lo sviluppo di una risposta immunitaria adeguata. I ricercatori del San Raffaele sono riusciti a riprodurre in laboratorio una forma di glioblastoma molto aggressiva e simile alla malattia umana, con risultati incoraggianti. La terapia genica con interferone alfa si è infatti rivelata in grado di riprogrammare le cellule immunitarie che infiltrano il glioblastoma in senso pro-infiammatorio e anti-tumorale. Nei modelli sperimentali della malattia, il nuovo approccio di immunoterapia genica ha portato alla riduzione della massa tumorale e all’aumento della sopravvivenza a lungo termine. In alcuni casi il tumore è persino scomparso.

La regolazione della piattaforma di terapia genica

I ricercatori del San Raffaele, oltre a essere riusciti a riprogrammare il microambiente tumorale, trasformandolo da immunosoppressivo a immunostimolante, ottenendo così un’inibizione della crescita tumorale, sono intervenuti anche per evitare l’insorgenza di effetti tossici nei tessuti sani. Ciò è stato ottenuto modificando la citochina e rendendola instabile e inefficace finché non viene somministrato un farmaco che la stabilizza e la rende funzionante. Il rilascio delle citochine terapeutiche da parte dei macrofagi tumorali avviene, quindi, solo dopo la somministrazione del farmaco. «Questo ci ha permesso di aggiungere un ulteriore livello di controllo per attivare o inattivare il rilascio delle citochine a seconda delle esigenze terapeutiche e della crescita del glioblastoma, rendendo quindi la piattaforma inducibile e regolabile nel tempo» fa notare Naldini.

Le potenzialità della piattaforma di terapia genica

La strategia di terapia genica sviluppata dai ricercatori del SR-Tiget è quindi una piattaforma di immunoterapia genica, a indicare che essa può essere trasversale a diversi tipi di tumore. «Per ora ci stiamo concentrando sul glioblastoma, ma di base il nostro è un sistema di trasporto, selettivo, controllato e mirato, di molecole che potrà essere sperimentato su altri tumori solidi in futuro» conclude Naldini.

I ricercatori del SR-Tiget stanno proseguendo lo sviluppo della piattaforma e stanno indagando come potenziarne ancora di più l’efficacia attraverso la combinazione con altre strategie di immunoterapia, come le cellule CAR-T dirette contro specifici antigeni bersaglio espressi dalle cellule tumorali.

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