Chirurgia profilattica: donne soddisfatte se l’approccio è personalizzato

I risultati di uno studio italiano avvalorano l’importanza della salpingo-ovariectomia profilattica come intervento di prevenzione primaria del tumore dell’ovaio nelle portatrici di mutazioni nei geni BRCA1 e 2. Fondamentale però seguirle con un approccio sempre più personalizzato e mirato

Una delle strategie di riduzione del rischio di sviluppare il tumore dell’ovaio nelle donne con mutazioni nei geni BRCA è quella della chirurgia profilattica con l’asportazione delle ovaie e delle tube uterine (annessiectomia bilaterale/salpingo-ovariectomia). Questo intervento nelle donne ancora fertili induce la menopausa (menopausa chirurgica), con tutte le conseguenze che essa comporta. Tuttavia, uno studio pubblicato di recente sulla rivista Menopause segnala che la chirurgia profilattica, seppur eseguita prima della menopausa naturale, può lasciare le donne soddisfatte anche nel lungo termine, a prescindere dalle caratteristiche specifiche delle pazienti al momento dell’intervento (stato di pre/post-menopausa, in trattamento o meno con terapia ormonale, presenza o meno di sintomi menopausali post-intervento, ecc.). Le stesse donne trattate hanno affermato di non essersi pentite e che si sarebbero sottoposte di nuovo alla chirurgia di riduzione del rischio se gli fosse stata riproposta.

Approccio multidisciplinare

Nello studio italiano, condotto presso il Centro Tumori eredo-familiari della Struttura complessa di ostetricia e ginecologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Modena, sono state prese in considerazione 52 donne (29 BRCA1 e 26 BRCA2) che hanno deciso di sottoporsi alla salpingo-ovariectomia tra il 2016 e il 2019. Tutte queste pazienti sono state seguite con un approccio multidisciplinare e personalizzato, con un follow-up medio di quasi 2 anni dopo l’intervento.

“Negli ultimi anni, utilizzando questo approccio siamo giunti a un grado di soddisfazione medio altissimo (attorno a 9.5 punti su 10) nei confronti dell’intervento spiega Giovanni Grandi, dirigente medico della Ginecologia dell’AOU di Modena diretta dal professor Fabio Facchinetti -. Questi risultati ci spingono a consigliare con sempre più convinzione questo importantissimo intervento di prevenzione primaria del tumore dell’ovaio ereditario nelle nostre pazienti, ma anche a fare sempre di più per riuscire a seguirle con un approccio più personalizzato e mirato alle singole esigenze”.

Percorso integrato

“Nel nostro centro le pazienti portatrici di mutazione genetica vengono seguite in un percorso integrato fra oncologia e ginecologia ed eseguono un counselling specifico sulle metodiche di screening (ecografia semestrale e dosaggio dei marcatori tumorali) e di vera e propria prevenzione del tumore (salpingo-ovariectomia profilattica), con eventuale ricorso a terapie ormonali sostitutive o alternative personalizzate, se indicate, per ridurre gli effetti collaterali della menopausa precoce (vampate di calore, atrofia vulvovaginale, depressione, osteoporosi, ecc.) – fa notare Laura Cortesi, responsabile del Centro dei Tumori eredo-familiari -. Possiamo considerarlo un modello virtuoso di collaborazione multidisciplinare fra oncologia, ginecologia, radiologia e chirurgia senologica e plastica”.

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