Carcinoma a cellule renali: quando è utile la consulenza genetica

Un nuovo studio ha individuato la prevalenza delle diverse mutazioni germinali implicate nello sviluppo di questo tumore e soprattutto i “segnali spia” utili per identificare i portatori di queste mutazioni

Si calcola che dal 5 all’8 per cento di tutti i tumori renali sia attribuibile a sindromi genetiche. Nonostante la rarità di queste sindromi, la loro identificazione è molto importante per le conseguenze sul paziente e i suoi familiari. Infatti, riconoscere i soggetti ad alto rischio consente di iniziare un’adeguata sorveglianza, portando a una diagnosi precoce e a un miglioramento della prognosi. Per facilitare l’intercettazione dei pazienti da avviare alla consulenza genetica e ai test genomici, alcuni ricercatori del Memorial Sloan Kettering Cancer Center hanno condotto uno studio, i cui risultati sono stati presentati in occasione del congresso annuale della Society of Urologic Oncology.

Tumore renale e sindromi ereditarie

Nello studio sono stati presi in considerazione 233 pazienti con carcinoma a cellule renali (la più diffusa neoplasia maligna del rene), tutti sotto i 46 anni di età. L’analisi dei dati ha evidenziato che l’età media alla diagnosi era di 38 anni. Il 15 per cento dei pazienti presentava caratteristiche sindromiche e il 9 per cento presentava tumori renali bilaterali e/o multifocali. Ancora il 15 per cento dei pazienti presentava una storia familiare di carcinoma a cellule renali e il 9 per cento sindromi eredo-familiari associate ai tumori. A tutti i pazienti coinvolti era stata offerta una consulenza genetica prima di effettuare i test genomici per la ricerca di mutazioni germinali e i soggetti risultati positivi hanno potuto usufruire di un’ulteriore consulenza.

I geni responsabili

Tra i geni associati a sindromi che possono favorire lo sviluppo del carcinoma a cellule renali rientrano VHL (responsabile della sindrome di von Hippel-Lindau), MET (carcinoma papillare ereditario delle cellule renali), FH (sindrome leiomiomatosi ereditaria-carcinoma renale), FLCN (sindrome di Birt-Hogg-Dubé), TSCC1 (sclerosi tuberosa) e molti altri. Il 9 per cento dei partecipanti dello studio presentava mutazioni in questi geni, mentre un altro 9 per cento presentava mutazioni in geni non correlati al carcinoma a cellule renali, tra cui TP53, ATM, BRCA1, CHEK2, PALB2, APC e altri ancora. L’analisi dei dati raccolti ha permesso ai ricercatori di individuare quattro fattori “chiave” (tessuti con caratteristiche sindromiche, caratteristiche generali sindromiche, storia familiare e presenza di tessuti renali a cellule non chiare), la cui analisi aiuterebbe a individuare i pazienti con mutazioni germinali associate al tumore a cellule renali. Secondo gli autori dello studio la massima utilità dei test genomici si avrebbe proprio nei pazienti con uno o più di questi fattori clinico-patogenetici, mentre in assenza di questi “campanelli d’allarme”, l’età di esordio del tumore potrebbe rivelarsi di modesta utilità per identificare i soggetti con forme ereditarie di carcinoma a cellule renali.

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