Tumori ereditari: alla Mostra del Cinema un docufilm sui geni BRCA

Presentato a Venezia il documentario “Geni ribelli” che racconta cosa significhi essere portatori di mutazioni in geni di suscettibilità al cancro. In Italia sono ancora molte le persone che non sanno di aver ereditato mutazioni in tali geni, da qui l’appello degli esperti ad ampliare l’accesso ai test genetici

In occasione della recente Mostra internazionale del Cinema di Venezia è stato presentato, al Giffoni Innovation Hub, il documentario “Geni Ribelli” di Donatella Romani con la regia di Roberto Amato, realizzato con il contributo non condizionante di AstraZeneca e MSD. Il docufilm mostra la complessità e le paure che deve affrontare chi scopre di avere una mutazione BRCA e vive con l’alto rischio di sviluppare alcuni tumori, in particolare quelli di mammella e ovaio, ma anche prostata per gli uomini e pancreas. La presentazione del documentario è stata accompagnata da una Tavola rotonda in cui gli esperti riuniti hanno sottolineato l’importanza di sensibilizzare cittadini, clinici e Istituzioni sull’importanza di ampliare l’accesso ai test genetici in virtù del fatto che sono molte le persone portatrici di tali mutazioni che non sono ancora state identificate.

Legame tra mutazioni BRCA e tumori

Circa il 15% dei tumori ovarici identificati ogni anno in Italia è riconducibile alla presenza di una mutazione germinale nei geni di suscettibilità al cancro BRCA1 e BRCA2. Lo stesso vale per circa il 7% dei tumori mammari e il 10% di quelli della prostata. Riconoscere la presenza di tali mutazioni può fare la differenza per chi ha già sviluppato un tumore. Grazie alla medicina di precisione è infatti possibile proporre a tali pazienti terapie mirate che intervengono sul difetto molecolare indotto dall’alterazione genetica. Ma sono altrettanto importanti anche le implicazioni sul fronte della prevenzione: l’esecuzione dei test genetici a cascata sui familiari può identificare i portatori sani ad alto rischio e inserirli in programmi di sorveglianza specifici. Non solo, in chi ha già avuto un tumore, possono essere messe in atto strategia per prevenire lo sviluppo di altre neoplasie.

L’importanza della consulenza oncogenetica e dei test genetici

«Il rischio di trasmissione dai genitori ai figli delle mutazioni nei geni BRCA è del 50%. Non si eredita il tumore, ma il rischio di svilupparlo – spiega Emanuela Lucci Cordisco, genetista medico alla Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS di Roma e ricercatore universitario dell’Università Cattolica del Sacro Cuore -. Anche gli uomini possono ereditare la mutazione genetica e, a loro volta, trasmetterla ai figli. I maschi con gene mutato sono più predisposti a manifestare il carcinoma mammario maschile e quello della prostata». Alla luce di queste osservazioni è evidente quanto siano importanti la consulenza genetica oncologica quando si sospetta una sindrome tumorale eredo-familiare e la successiva esecuzione del test genetico.

Tumore al seno e terapie mirate

I tumori del seno associati alle mutazioni BRCA1 e BRCA2 tendono a svilupparsi in persone più giovani rispetto alle neoplasie non ereditarie e in forme più aggressive. «Da qui la necessità di opzioni terapeutiche innovative, che garantiscano quantità e qualità di vita, come i PARP inibitori, un tipo di terapia mirata che agisce in maniera selettiva sulle cellule mutate che provocano il cancro – segnala Lucia Del Mastro, professore ordinario e direttore della Clinica di oncologia medica dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino, Università di Genova -. Conoscere lo stato mutazionale dei geni BRCA è molto importante ed il test deve essere effettuato su tutte le pazienti al momento della diagnosi».

 Identificare la presenza di mutazioni nei geni di suscettibilità permette non solo di definire la migliore opzione terapeutica ma anche di avviare un percorso familiare che permette l’identificazione delle persone sane con mutazione BRCA, nelle quali impostare programmi di riduzione del rischio, che spaziano dalla sorveglianza intensiva alla chirurgia profilattica. «In particolare, l’intervento di mastectomia bilaterale, cioè la rimozione chirurgica di entrambe le mammelle, è in grado di ridurre di circa il 90%, nelle donne sane, il rischio di sviluppare in futuro un tumore mammario» puntualizza Del Mastro.

Prevenzione del tumore ovarico                                                    

La chirurgia profilattica trova indicazione anche nella prevenzione del tumore ovarico associato alla presenza di mutazioni nei geni BRCA1 e 2 come sottolinea Domenica Lorusso, professore associato di Ostetricia e Ginecologia e responsabile Programmazione ricerca clinica della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS di Roma. «L’asportazione chirurgica di tube ed ovaie può prevenire la quasi totalità dei tumori ovarici su base genetico-ereditaria e, contestualmente, ridurre di oltre il 50% il rischio di carcinoma mammario. Questo tipo di intervento è consigliato nelle donne con mutazione del gene BRCA1 intorno ai 40 anni e BRCA2 intorno ai 45 anni, a maggior ragione se hanno già avuto gravidanze o se sono già in menopausa. Sono fondamentali la condivisione della scelta e il supporto psicologico, soprattutto nelle donne ancora in età fertile. Va ricordato che siamo di fronte a uno dei tumori più aggressivi fra le neoplasie ginecologiche, per il quale non abbiamo efficacy programme di screening. Troppe donne, circa l’80%, scoprono il cancro dell’ovaio in fase avanzata, anche per l’assenza di sintomi inequivocabili e ben definiti. Sappiamo che il 70% delle donne con malattia avanzata va incontro a recidiva entro due anni: per questo è importante utilizzare terapie di mantenimento in prima linea in grado di ottenere una remissione a lungo termine, come i PARP inibitori da soli o in combinazione con gli antiangiogenetici. I dati degli studi clinici evidenziano che, per alcune pazienti con tumore ovarico avanzato e mutazione BRCA, la guarigione è possibile».

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