Terapia genica contro le metastasi epatiche

Ricercatori italiani hanno messo a punto, per ora in modelli animali, una nuova strategia che ingegnerizza in vivo alcune cellule immunitarie del fegato con l’obiettivo di riattivarne le risposte immuni, inibendo la crescita di metastasi in questo organo

Il fegato è tra gli organi più spesso colpiti da metastasi che hanno origine da tumori maligni insorti in altre parti del corpo. In genere le metastasi epatiche rispondo poco alle attuali terapie farmacologiche, compresa l’immunoterapia, complice la scarsa attivazione delle cellule immunitarie presenti nel fegato. Ora, alcuni ricercatori italiani dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica hanno trovato il modo di contrastare questa resistenza ai trattamenti grazie a una strategia di terapia genica in grado di ingegnerizzare in vivo alcune cellule immunitarie del fegato (i macrofagi epatici o cellule di Kupffer), con l’obiettivo di riattivarne le risposte immuni e così inibire la crescita di metastasi epatiche. I risultati ottenuti in modelli sperimentali sono oggetto di uno studio pubblicato di recente sulla rivista Cancer Cell e gettano le basi per lo sviluppo futuro di una terapia genica per uso clinico in pazienti con metastasi al fegato.

Metastasi epatiche e terapia genica

Le metastasi epatiche sono un’evenienza frequente e per i tumori gastrointestinali, come il carcinoma del colon-retto e l’adenocarcinoma duttale del pancreas, rappresentano un fattore prognostico negativo. Nonostante i progressi nei trattamenti farmacologici, in presenza di queste neoplasie l’opzione terapeutica più efficace rimane la rimozione chirurgica, che però non è applicabile a tutti i pazienti e spesso ottiene un successo parziale. Da qui l’idea dei ricercatori italiani di studiare un approccio di terapia genica, come segnala Luigi Naldini, direttore del San Raffaele Telethon Institute for Gene Therapy (SR-Tiget) e ordinario all’Università Vita-Salute San Raffaele, che ha coordinato lo studio. «Da alcuni anni ci stiamo concentrando sull’utilizzo di tecniche di terapia genica anche in ambito oncologico, e questo studio è un nuovo esempio del nostro impegno. Il nostro obiettivo è rispondere al bisogno insoddisfatto di quei pazienti affetti da metastasi epatiche ormai inoperabili per cui ad oggi non sono disponibili trattamenti curativi».

La nuova piattaforma sperimentale

I ricercatori del San Raffaele hanno messo a punto una nuova piattaforma di terapia genica, basata su vettori lentivirali, che permette di ingegnerizzare in maniera selettiva i macrofagi del fegato. I macrofagi hanno un ruolo importante nel regolare le risposte immunitarie. Se da un lato contribuiscono a difenderci dalle infezioni, dall’altro lato quando sono attirati in prossimità di un tumore possono invece sopprimere le altre cellule immunitarie e favorire la crescita neoplastica.

Il nuovo approccio, sperimentato per ora in topi di laboratorio con metastasi epatiche da cancro al colon e al pancreas, consiste nella somministrazione, con una singola infusione in vena, di vettori che raggiungono in modo selettivo i macrofagi del fegato attirati nelle metastasi, modificandoli geneticamente. I macrofagi così modificati rilasciano molecole immunostimolanti che risvegliano il sistema di difesa dell’organismo, in particolare i linfociti T che riconoscono e uccidono le cellule tumorali.

«Nel complesso i nuovi risultati gettano le basi per lo sviluppo clinico di una nuova strategia di terapia genica per i pazienti affetti da metastasi epatiche. Ulteriori studi sono ora necessari per determinarne sicurezza e compatibilità per l’utilizzo negli esseri umani» conclude Naldini.

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