Più vite salvate aumentando l’adesione agli screening oncologici

Un aumento della partecipazione ai controlli raccomandati per i tumori del polmone, del colon-retto, della mammella e del collo dell’utero potrebbe portare a un’importante riduzione dei decessi

Un maggiore utilizzo degli screening oncologici raccomandati potrebbe aiutare a ridurre le morti per cancro. Lo segnala uno studio basato su un modello analitico decisionale condotto negli Usa e pubblicato di recente sulla rivista Jama Network Open.

Dalla ricerca è emerso che un aumento di 10 punti percentuali nell’adesione agli screening raccomandati della US Preventive Services Task Force (USPSTF) per il cancro del polmone, del colon-retto, della mammella e della cervice, a partire dall’età indicata per avviare i controlli, comporterebbe importanti riduzioni delle morti per cancro, a patto che venga garantito un accesso equo allo screening.

Il modello analitico decisionale

Lo studio americano è stato condotto sulla base del cosiddetto modello analitico decisionale, che simula una coorte di adulti idonei allo screening. I parametri di screening erano invece i seguenti: scansioni alla TC (tomografia computerizzata) a basse dosi per il tumore al polmone una volta l’anno negli adulti idonei (tendenzialmente grandi fumatori) con un’età compresa tra i 50 e gli 80 anni; colonscopia per il cancro del colon-retto ogni 10 anni dai 45 ai 75 anni; mammografia per il tumore al seno ogni due anni nelle donne di età compresa tra i 40 e i 74 anni e infine screening citologico (pap test) ogni tre anni per il cancro del collo dell’utero per le donne di età compresa tra i 21 e i 29 anni, seguito dal test HPV ogni 5 anni dai 30 ai 65 anni.

Utilizzando questi parametri, i ricercatori hanno stimato che, nel corso della vita di 100 mila persone idonee allo screening, un aumento di 10 punti percentuali nello screening raccomandato eviterebbe: 226 decessi per cancro al polmone, 283 decessi per cancro del colon-retto, 82 morti per cancro al seno e 81 decessi per cancro cervicale.

I dati sulla popolazione generale

I ricercatori hanno calcolato anche i decessi evitati nella popolazione generale degli Stati Uniti. Il team ha valutato che un aumento di 10 punti percentuali dello screening raccomandato tra gli adulti statunitensi idonei nel 2021, che hanno iniziato lo screening all’età raccomandata e lo hanno continuato per tutta la vita, eviterebbe: 1010 decessi per cancro al polmone, 11.070 decessi per cancro del colon-retto, 1790 morti per cancro al seno, 1710 decessi per cancro cervicale.

Tuttavia queste morti evitate grazie allo screening sarebbero accompagnate anche da alcuni “effetti collaterali” quali 100 mila scansioni polmonari false positive (ovvero indicative di malattia quando in realtà il soggetto era sano), 6000 complicanze legate all’esecuzione della colonscopia, 300 mila mammografie false positive nonché 348 mila colposcopie (esame diagnostico di secondo livello che studia le cellule della cervice in caso di pap test dubbio).

Considerando anche queste problematiche di sovradiagnosi, gli studiosi americani concludono comunque che un maggiore utilizzo delle strategie di screening raccomandate potrebbe ridurre il peso del cancro negli Stati Uniti.

Screening oncologici in Italia

Le campagne di screening, associate a programmi specifici di stratificazione del rischio della popolazione, sono interventi di sanità pubblica di estrema rilevanza perché il riconoscimento precoce di una patologia offre maggiori possibilità di accedere a cure più tempestive, personalizzate e in molti casi definitive. In Italia però c’è ancora molto da fare su questo fronte.

Secondo il recente rapporto Ocse Health at a glance 2023 in Italia il tasso di mortalità per tumori è sopra la media dei Paesi Ocse e questo è in gran parte da ascrivere ai livelli bassi di adesione ai programmi di screening. Ad eccezione dei programmi di screening per il cancro al seno, il nostro Paese raggiunge target molto inferiori alla media Ocse sia per il tumore della cervice che per quello del colon-retto. Nel 2021, si è sottoposto a screening senologico il 46,3% delle donne aventi diritto, mentre i livelli di copertura degli screening colorettale e cervicale sono stati rispettivamente del 30 e del 35%. In Italia l’adesione ai programmi di screening già esistenti, ovvero quelli per mammella, colon-retto e collo dell’utero, continua dunque a essere subottimale e con un evidente gradiente Nord-Sud, che penalizza le Regioni del Meridione.

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