Utile la “seconda opinione”, soprattutto per i tumori rari

Un’indagine condotta da AIOM su circa 200 specialisti fa il punto su quanto sia comune la richiesta di un secondo parere specialistico e le dinamiche con cui avviene

Quando si riceve una diagnosi di tumore, sia lo specialista sia il paziente stesso, si trovano a dover fare scelte sempre più complesse che possono eventualmente modificare, in un verso o nell’altro, il corso della malattia. L’oncologia di precisione oggi consente sempre più di personalizzare i trattamenti ma non è sempre tutto bianco o tutto nero. Proprio per questo motivo può essere molto utile, soprattutto per le neoplasie rare, richiedere un secondo parere. Secondo un’indagine condotta su circa 200 specialisti dell’Associazione italiana di oncologia medica (AIOM), più di 8 oncologi su 10 afferma di avere ricevuto da altri colleghi una richiesta di una seconda opinione e meno della metà dei pazienti informa il proprio medico curante solo dopo aver ottenuto il secondo parere. I dati dell’indagine sono stati presentati di recente a Loreto in occasione del convegno nazionale Le Giornate dell’Etica AIOM 2023. L’etica della Second Opinion: 5 Anni Dopo. 

Le dinamiche

Dall’indagine di AIOM sono emersi anche altri dati interessanti. Per esempio, il 75% delle visite per la seconda opinione è stato eseguito in presenza del paziente, mentre solo nel 4% dei casi è avvenuta con il teleconsulto o altre forme di telemedicina. Ancora nel 21% dei casi lo specialista si è consultato con il collega, mostrandogli la documentazione clinica e solo successivamente c’è stata la discussione con il parente/caregiver. Infine il 64% delle seconde opinioni è stato erogato attraverso il servizio sanitario nazionale e il rimanente 36% con libera professione.

«Esistono diversi e fondati motivi per i quali uno specialista si avvale di una second opinion – osserva Saverio Cinieri, presidente nazionale AIOM -. Nel 78% dei casi, infatti, è lo stesso oncologo che consiglia al proprio paziente di andare da un collega per un consulto. Le scelte terapeutiche sono diventate sempre più complesse grazie alla costante introduzione di nuovi trattamenti. Questo è valido soprattutto per i tumori rari che in totale interessano oltre 900mila uomini e donne nel nostro Paese. La gestione clinica di queste neoplasie, così come quella dei sarcomi, è molto complessa ed è assolutamente necessario il giusto expertise dell’oncologo. È importante che un medico comprenda alcuni suoi propri limiti e sappia quando è più opportuno indirizzare l’assistito a un secondo specialista. Tuttavia le richieste di second opinion avvengono anche nell’ambito del trattamento di forme di cancro più frequenti. In questo caso le linee guida ufficiali offrono molte opzioni la cui scelta può avvenire anche grazie al supporto di un collega più esperto».

Pro e contro del secondo parere

Se è vero che chiedere un secondo parere è un diritto legittimo di ogni paziente, è altrettanto vero che sarebbe dovere del nostro sistema sanitario garantirlo, tenendo comunque presente che questa pratica può rallentare l’avvio della cura, come fa notare Giordano Beretta, presidente di Fondazione AIOM. «In alcune situazioni la second opinion non determina alcun beneficio e potrebbe piuttosto aumentare il rischio di rallentare il percorso diagnostico-terapeutico. Altre volte invece assicura vantaggi clinici nonché un ritorno psicologico positivo. Infatti attribuisce al malato, e ai caregiver, la percezione di esercitare in maniera autonoma una legittima scelta. Possono esserci però anche delle discordanze tra la prima e la seconda opinione e quindi si verificano ulteriori complicazioni. Esiste poi anche il rischio che l’assistito segua consigli clinici non appropriati. Tutti questi complessi aspetti vanno affrontati attraverso un dialogo costruttivo tra medico e paziente. Entrambi non devono avere un atteggiamento pregiudiziale verso il ricorso alla second opinion. Solo così è possibile utilizzare uno strumento importante e che può essere di grande aiuto».

Il vademecum di AIOM

In occasione del Convegno di Loreto, AIOM e Fondazione AIOM hanno rilanciato il Decalogo della “Seconda Opinione” in Oncologia, redatto nel 2018 a Ragusa. Si tratta di un documento composto da dieci semplici regole, suddiviso in due sezioni con consigli mirati a seconda dei due possibili scenari che si possono presentare. Nel primo caso il focus riguarda quei casi in cui è il paziente a desiderare un altro parere o l’oncologo stesso a ritenere utile che il paziente senta un altro collega. La seconda parte contiene invece suggerimenti per gli specialisti chiamati a fornire la seconda opinione.

«Il decalogo vuole essere uno strumento di aiuto e supporto concreto per tutti gli specialisti – riferisce Filippo Pietrantonio, consigliere nazionale AIOM -. Il consiglio generale che vogliamo dare agli oncologi italiani, è quello di accogliere l’esito della seconda opinione. Questa va poi discussa in maniera chiara ed esaustiva con il paziente soprattutto quando i due pareri risultano discordanti».

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